Cerimonia di conferimento dell'Ordine del Cherubino
Lunedì 14 febbraio, Aula Magna Nuova della Sapienza

docenti insigniti dell'Ordine del Cherubino

Lunedì 14 febbraio nell'Aula Magna Nuova del Palazzo della Sapienza, il rettore Marco Pasquali ha conferito l'Ordine del Cherubino a dieci docenti dell'Ateneo e, in forma straordinaria, al senatore Luciano Modica , che ha ricoperto la carica di rettore dal 1993 al 2002.

I professori che hanno ricevuto l'insegna dell'Ordine, per il rilevante contributo dato alla vita, al funzionamento e al prestigio dell'Università grazie ai loro meriti scientifici e culturali, sono Lucia Calvosa , della facoltà di Economia; Giovannangelo De Francesco , della facoltà di Giurisprudenza; Nunzio Aldo D'Andrea e Giulio Mattei , della facoltà di Ingegneria; Roberto Paolo Ciardi , della facoltà di Lettere e filosofia; Aldo Pinchera , della facoltà di Medicina e chirurgia; Antonio Pinelli , della facoltà di Lingue e letterature straniere; Franco Strumia e Fernando Dini , della facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali; Paolo Mariti , della facoltà di Scienze politiche.
Il ritratto di Luciano ModicaLa solenne cerimonia annuale ricorda, con un giorno di anticipo, la data di nascita di Galileo Galilei, lo scienziato che più di ogni altro incarna il metodo dell'indagine scientifica e simboleggia i quasi sette secoli di storia dell'Ateneo.
L'Ordine del Cherubino viene conferito in seguito a delibera del Senato accademico e può essere attribuito, eccezionalmente, anche a studiosi italiani e stranieri o a personalità che, pur non essendo docenti, abbiano acquisito speciali benemerenze nei confronti dell'ateneo pisano.

La valenza del conferimento straordinario dell'Ordine al senatore Modica è stata ulteriormente sottolineata dalla collocazione del suo ritratto, eseguito dall'artista lucchese Giovanni Lorenzetti, nella galleria dei quadri dei rettori che adorna l'Aula Magna Storica del palazzo della Sapienza.

Discorso pronunciato dal Rettore, prof. Marco Pasquali

Porgo il benvenuto ai colleghi, alle autorità e a tutti i presenti intervenuti alla tradizionale cerimonia annuale di conferimento dell'Ordine del Cherubino.
Desidero iniziare il mio breve intervento citando un passo tratto da Il Saggiatore di Galileo.
“La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo), ma non si può intender se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è scritto”
Ho ricordato il celebre passo di Galileo non solo per motivi cronologici (domani ricorrerà l'anniversario, il 15 febbraio 1564), ma anche per la straordinaria attualità del messaggio del grande scienziato pisano che focalizza la necessità di imparare “a intender la lingua e conoscer i caratteri” con i quali è scritto il grande libro della natura per arrivare a comprenderne la filosofia. Se è noto che per Galilei la “lingua” con la quale era scritto il libro dell'universo era quella matematica, per estensione tutte le scienze posseggono una loro lingua specifica, che gli studiosi devono dominare ed essere capaci di trasmettere.

Il discorso del Rettore Ed è proprio nel significato di cultura universale che mi pare oggi opportuno interpretare il messaggio galileiano, in occasione del conferimento del Cherubino dell'Ateneo a colleghi che si sono distinti, dominandone “la lingua”, in ambiti scientifici tanto diversi.
Dicevo che il passo di Galileo è ancora molto attuale nella concezione che esprime della scienza e ciò mi permette di fare alcune considerazioni sui problemi della ricerca in Italia, di fronte a colleghi che oggi sono insigniti dell'Ordine del Cherubino perché hanno dato significativi contributi all'avanzamento delle loro discipline e hanno nel contempo dato lustro alla nostra Università.

Nonostante l'esiguità dei finanziamenti, i risultati ottenuti dai ricercatori italiani sono spesso di livello molto alto, se confrontati, nel contesto internazionale, con quelli di paesi in cui l'investimento nella ricerca è molto più alto.
I successi dei ricercatori italiani possono stupire, e così anche il fatto che essi non raramente vengono richiesti all'estero da importanti Università o Centri di ricerca.
Ciò si deve attribuire non solo a capacità individuali ma anche al nostro sistema formativo, spesso apprezzato all'estero più che in Italia.
Noi chiamiamo questo fenomeno “fuga dei cervelli”. La stampa frequentemente parla di “fuga dei cervelli” senza sottolineare la causa principale: la crisi della ricerca o meglio dell'impegno pubblico e privato nel sostegno alla ricerca. Si ritiene che il vero obiettivo da perseguire sia “il rientro dei cervelli”.

Ma il vero obiettivo non deve essere quello di instaurare un regime autarchico per cui gli italiani fanno ricerca in Italia, gli inglesi in Inghilterra, i tedeschi in Germania.
Anche nel Medio Evo i dotti e sapienti viaggiavano per insegnare ed imparare. Oggi il mercato del lavoro intellettuale segue le logiche della globalizzazione che ha come presupposto la mobilità. Ma quali regole segue la mobilità?
Chi deve imparare è attratto dai luoghi nei quali intelligenze e risorse sono copiose. E' per questo che migliaia di studenti indiani, cinesi, italiani cercano di studiare a Stanford o a Berkeley; è per questo che Stanford e Berkeley hanno l'opportunità di reclutare da tutto il mondo i migliori docenti di numerose discipline.
In questo contesto è insufficiente elaborare strategie limitate al rientro in patria dei ricercatori italiani che operano all'estero.
Sarebbe forse un danno se per mille italiani che vanno a far ricerca e insegnamento all'estero, altrettanti americani, giapponesi, inglesi venissero in Italia a svolgere le medesime attività?
Io credo che migliorerebbe la qualità della ricerca in Italia, e la ricaduta sul paese sarebbe molto positiva.

Riporto un dato: mentre nelle Università dei primi 200 Dipartimenti di Economia del mondo insegnano 170 economisti italiani, non c'è praticamente nessuno straniero che insegni in Italia. Ciò significa che l'Italia è sostanzialmente fuori del mercato globale del lavoro intellettuale, al cui centro vi sono certamente gli Stati Uniti.
Questa è la tendenza da modificare, non tanto la fuga di cervelli ma la nostra capacità di attrarre intelligenze e talenti.
Ma affinché ciò possa realizzarsi è necessario offrire salari più alti, maggiori fondi di ricerca, migliori strutture.

La mobilità nel mercato intellettuale è in passivo per l'Italia soprattutto perché l'Italia non ha sviluppato sufficienti strategie di attrattività per ricercatori docenti e studenti stranieri.
La lingua italiana costituisce un limite del nostro sistema accademico, della sua proiezione esterna e della capacità di attrarre cervelli da altri paesi.
Già oggi, in alcune Università, si tengono corsi in lingua inglese, sia per attrarre studenti stranieri grazie al programma Socrates dell'Unione Europea, sia per qualificare in senso più internazionale la nostra futura classe dirigente.
Credo che anche la nostra Università dovrebbe muoversi in questa direzione.
Ho sottolineato all'inizio di questa riflessione la divaricazione esistente nel nostro paese tra i risultati non raramente eccellenti ottenuti nella ricerca e le risorse spesso scarse ad essa destinate: ciò mette in risalto la potenzialità del nostro sistema universitario e di ricerca. Lascia pensare che ad accresciute risorse corrisponderebbe rapidamente una crescita di risultati innovativi, un'elevazione degli standards di qualità, un aumento di attrattività per ricercatori italiani e stranieri, e la rimozione delle principali cause di fuga dei cervelli.

Quando auspico un aumento di investimenti nella ricerca, mi rivolgo sia al pubblico che al privato.
Ma l'impegno a sostenere la ricerca scientifica fondamentale deve essere soprattutto pubblico, perché le acquisizioni della ricerca fondamentale costituiscono la premessa per lo sviluppo della ricerca applicata e testimoniano lo sviluppo della civiltà umana.
Il ruolo prevalente del pubblico è tanto più irrinunciabile nel nostro paese, in quanto esso è caratterizzato principalmente da una realtà industriale di piccole e medie imprese, che operano in mercati di nicchia, ma che non hanno dimensioni e massa critica sufficienti per generare le risorse necessarie per investimenti in ricerca che permettano una competitività effettiva su scala globale.

Nel marzo 2000 i capi di Stato e di Governo dell'Unione Europea si accordarono per portare l'Europa ad avere, entro il 2010, la più competitiva e dinamica delle economie, sorretta e guidata dall'innovazione.
E' così nato il percorso noto come Agenda di Lisbona. A quasi metà di quel cammino, c'è una forte e giustificata preoccupazione che il programma non si realizzi nei tempi previsti e che i risultati rimangano lontani dagli obiettivi prefissati.
Per questo motivo la Commissione Europea ha lanciato una nuova proposta esemplificata con lo slogan “Crescita e Lavoro”, per ridare a ciascun paese quella spinta propulsiva che una larga parte di Europa ha perso da troppi anni.
Se questo stimolo non fosse sufficiente, si dovrebbe forse prevedere un percorso obbligato, con obiettivi monitorati e relative sanzioni in caso di ritardi, così come è stato fatto a Maastricht per l'adozione della moneta unica. Di fatto una seconda Maastricht, ma per l'innovazione e la ricerca.

Prima di terminare il mio intervento e di passare a leggere le motivazioni del conferimento dell'Ordine del Cherubino ai colleghi che oggi ne vengono insigniti, voglio ricordare che l'anno appena concluso ha visto un grande impegno dell'Ateneo nell'ambito della procedura avviata dal CIVR per la valutazione della ricerca del triennio 2001-2003.
L'indagine ha permesso di delineare un quadro completo delle nostre attività di ricerca e di individuare prodotti di assoluto rilievo: moltissimi sono infatti i lavori di alto livello che si collocano nel panorama della produzione scientifica internazionale.
I dati forniti ci offrono il quadro di una Università in grado di produrre ottimi risultati nella ricerca, con un vivace tessuto di iniziative scientifiche, tecnologiche e culturali, con capacità di attrarre risorse umane e finanziarie.
Questi risultati ci impegnano a sostenere sempre e, insieme, a esaminare sempre criticamente le nostre attività di ricerca.


Ultimo aggionamento documento: 20-Dec-2006