Il mito di Barbablù nella cultura europea e le sue molteplici riscritture letterarie e artistiche tra Sette e Novecento sono il tema della Galleria dell’ultimo numero della rivista “Arabeschi” intitolata Barbablù. Il mito al crocevia delle arti e delle letterature. La pubblicazione, curata da Alessandro Cecchi e Serena Grazzini, docenti dell’Università di Pisa, presenta i primi risultati di una ricerca sviluppata in seno al Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica dell’Ateneo pisano in collaborazione con studiose e studiosi di università nazionali e internazionali che nell’ottobre del 2019 si sono riuniti a Pisa per un convegno sul tema.
A partire dal racconto La Barbe bleue di Charles Perrault, del 1697, l’elaborazione del mito è ricostruita in 20 brevi contributi corredati da immagini capaci di restituirne visivamente la fortuna europea. La galleria spazia a livello geografico, dal Portogallo alla Russia con uno sguardo anche all’America non solo anglofona, e tra i generi, tra cui romanzi, racconti, poesia, trasposizioni artistiche, sceniche, musicali e cinematografiche sino alla televisione.
“Nel rielaborare la vicenda dell’uxoricida Barbablù la cultura europea dal Settecento fino al primo Novecento confina il potenziale perturbante del personaggio entro i limiti rassicuranti del fiabesco, della curiosità e dell’esotico – spiegano Alessandro Cecchi e Serena Grazzini - Altrettanto vero è però che, nel corso del XX secolo fino a oggi, la riappropriazione letteraria e artistica del mito ha aperto a nuovi orizzonti di significazione, dando origine a riscritture che non eludono il confronto con la storia e i suoi molti conflitti”.
Barbablù, la trasformazione dal Sette al Novecento: dal fiabesco e comico al dramma violento ed efferato
Al di là delle specificità nazionali, tendenzialmente le trasposizioni e le riscritture del Settecento sono all’insegna del fiabesco, del meraviglioso, e il registro è prevalentemente comico – in linea, peraltro, con il lieto fine del racconto di Perrault e con la sua doppia morale. Ancora nella seconda metà dell’Ottocento la grande fortuna dell’opera di Offenbach conferma questa tendenza. Nel Novecento la situazione cambia: già all’inizio del secolo vengono sottolineati aspetti psicopatologici che infrangono il registro comico; contestualmente Barbablù prende forma nell’oscura ed enigmatica opera di Bartók, dove la vicenda del personaggio e della sua ultima moglie diventa un’azione tutta interna a un castello-psiche dal quale non c’è via d’uscita. Negli anni della Prima guerra mondiale, il caso Landru, uxoricida seriale assurto alle cronache, riporta in auge risvolti inquietanti e tratti efferati e di questo passaggio si colgono i riflessi nella letteratura come nel teatro e nel cinema.
La Seconda guerra mondiale rappresenta uno spartiacque decisivo e un punto di svolta anche nella storia delle riscritture del mito di Barbablù; questo si carica della violenza della storia, delle atrocità inflitte e subite da molti milioni di persone, e il registro tragico emerge con forza. Non a caso l’opera di Bartók circola soprattutto dopo il 1945 divenendo un punto di riferimento della musica europea e non solo. La registrazione su nastro magnetico di un’edizione discografica di quest’opera in versione tedesca, continuamente interrotta e riavvolta dal protagonista in scena tramite un registratore portatile, è alla base della straordinaria quanto inquietante e durissima performance di Pina Bausch del 1977, che ha fatto epoca. Nel numero della rivista è inclusa un’intervista al primo interprete di Blaubart, il danzatore Jan Minarik, uno dei collaboratori più preziosi della regista e coreografa, nonché a una delle primissime interpreti di Judith, la protagonista femminile, Beatrice Libonati.
Barbablù in Italia
Come si legge nel contributo dell’italianista Marina Riccucci dell’Università di Pisa, l’Italia non sembra essere il paese delle riscritture e delle trasposizioni. Rispetto alle altre letterature europee, infatti, quella italiana è quella in cui Barbablù circola di meno, se si esclude la notevolissima traduzione di Carlo Collodi e alcune riscritture destinate all’infanzia. Nella galleria si segnala però almeno un romanzo italiano la cui torbida vicenda si ispira esplicitamente al personaggio del racconto di Perrault: I tre delitti di Barbablù (1920) di Virgilio Bondois, un autore poco noto che trae direttamente ispirazione dalla cronaca giudiziaria del processo Landru, coevo alla scrittura del romanzo.