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Sindrome di Pitt-Hopkins: all’Università di Pisa un progetto di ricerca studia le mutazioni del gene TCF4

Ricercatrici del Dipartimento di Biologia cercano risposte alla rara patologia cranio-facciale che colpisce i bambini

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Generare nuovi modelli per studiare gli effetti di tre mutazioni del gene TCF4 che causano la sindrome di Pitt-Hopkins, una rara patologia cranio-facciale che colpisce i bambini. È questo l’obiettivo di un progetto di ricerca coordinato dal Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa che è stato finanziato dalla Comunità Europea nell’ambito del Consorzio Solve-RD, “Solving the unresolved rare diseases”. Il team di ricerca è composto dalla professoressa Michela Ori, responsabile del progetto, dalla dottoranda Miriam De Sarlo e dalla ricercatrice Chiara Gabellini. Partner della ricerca è il Centro Ospedaliero Universitario di Digione, in Francia, coordinato dal professor Antonio Vitobello.

Le ricercatrici utilizzeranno biotecnologie molecolari e tecniche di gene editing su modelli oggi ampiamente impiegati negli studi di biomedicina – come le larve del pesciolino Danio rerio (zebrafish) e della rana Xenopus laevis – per capire come queste mutazioni creino difetti nello sviluppo embrionale. Obiettivo finale è generare modelli ad oggi non esistenti su cui testare eventuali interventi terapeutici e che potranno essere utilizzati da tutta la comunità scientifica per studiare più approfonditamente le patologie associate a mutazioni in questo gene.

“I modelli che andremo a generare ci aiuteranno a studiare gli effetti di tre mutazioni del gene TCF4, descritte in bambini che presentano gravi difetti nella forma del viso e della testa e che hanno purtroppo un forte impatto su tutta la loro vita, sia da un punto di vista della salute che delle interazioni sociali – spiega la professoressa Michela Ori – La ricerca, oltre ad essere importante per dare risposte alle famiglie dei bambini coinvolti, è anche un esempio di approccio di medicina personalizzata: infatti ricreeremo nel pesciolino zebrafish la stessa mutazione genetica presente nei pazienti utilizzando le nuove tecnologie di gene editing grazie a CRISPR-Cas9, il sistema sviluppato da Jennifer Doudna e Emmanuelle Charpentier, le due scienziate insignite proprio quest’anno del Premio Nobel per la Chimica”.

Le mutazioni oggetto dello studio non sono mai state descritte in letteratura e il team di ricerca dell’Università di Pisa proverà a capire per la prima volta il meccanismo cellulare e molecolare che causa la patologia nei bambini.

2-11-2020

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