Da rifiuto a risorsa. La lignina, principale prodotto di scarto dell’industria cartiera, potrebbe presto essere alla base di una piccola, ma significativa rivoluzione “green” nell’elettronica. Uno studio internazionale, guidato dal Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa e recentemente pubblicato sulla rivista scientifica “Advanced Sustainable Systems”, ha infatti dimostrato un suo possibile impiego nella produzione dei transistor integrati in dispostivi leggeri, flessibili e trasportabili, come i nostri tablet e cellulari.
Ecologica, economica e sostenibile, questa nuova tipologia di transistor permetterebbe di non sprecare più le circa 80 milioni di tonnellate di lignina prodotte ogni anno e, attualmente, destinate ad essere bruciate in bioraffinerie con scarso rendimento. Un uso veramente poco dignitoso per uno dei biopolimeri più abbondanti sulla Terra, prodotto dalle piante.
Da domani, invece, grazie a quella che è la prima ricerca scientifica in cui la lignina viene applicata come materiale attivo in un transistor, si potrà pensare ad una sua applicazione nell’elettronica del futuro. Senza che questo, peraltro, comporti modifiche agli attuali processi produttivi.
“L’uso della lignina permette non solo di abbattere i costi di produzione, ma anche di ottenere dispositivi più sostenibili e meno impattanti per l’ambiente – spiega la professoressa Alessandra Operamolla dell’Università di Pisa, responsabile del progetto – Al momento, però, non ci sono reali usi di massa per questo polimero anche se il mondo della ricerca sta cercando di valorizzarla come fonte di materie prime. Fino ad oggi, però, i ricercatori si sono concentrati principalmente su un suo possibile utilizzo nella produzione di sostanze chimiche, di resine e di altri materiali potenzialmente utili per sostituire le plastiche derivanti dal petrolio. Il suo impiego nella produzione di transistor potrebbe essere, invece, la prima soluzione concreta ad uno spreco di risorse non più accettabile”.
Dallo studio approfondito che il gruppo di ricercatori - composto da chimici organici e analitici e da fisici dell’Università di Pisa, della Johannes Kepler Universität di Linz e dell’Università degli Studi di Bari - ha condotto sulla struttura del polimero e sulle sue prestazioni all’interno del dispositivo, è emersa, peraltro, una relazione tra il processo di produzione della lignina e le sue performance. Tanto che, adesso, i ricercatori sono al lavoro proprio per definire dei processi di estrazione che permettano di ottenere lignina di più alta qualità, rendendo così maggiormente sostenibili, da un punto di vista ambientale, anche i processi di produzione della polpa di cellulosa da cui viene fabbricata la carta.
Fanno parte del gruppo di ricerca: la dottoressa Rosarita D’Orsi e le professoresse Jeannette J. Lucejko e Alessandra Operamolla del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa; Cristian Vlad Irimia, Bilge Kahraman, i dottori Yasin Kanbur, Cigdem Yumusak e Mateusz Bednorz e il professor Mihai Irimia-Vladu dalla Johannes Kepler Universität (Austria) e il Prof. Francesco Babudri del Dipartimento di Chimica dell’Università degli Studi di Bari.