La flora neozelandese ha un numero medio di cromosomi doppio rispetto a quella italiana. La scoperta è di due ricercatori pisani del dipartimento di Biologia, Lorenzo Peruzzi e Gianni Bedini che hanno collaborato con un collega neozelandese, Murray I. Dawson. "I risultati della nostra indagine – spiega Peruzzi – se avvalorati da ulteriori ricerche suggeriscono un'ipotesi molto suggestiva e cioè che per le piante esistano modalità evolutive diverse nei due emisferi, australe e boreale".
Lo studio dei ricercatori pisani e neozelandesi rivoluziona infatti una teoria formulata fra gli anni '50 e '70 e tuttora accreditata nel mondo scientifico secondo la quale la percentuale di poliploidia (e di conseguenza il numero medio di cromosomi) nelle piante dovrebbe aumentare proporzionalmente alla latitudine. La "poliploidia", cioè l'avere più copie dello stesso set di cromosomi, è infatti uno dei meccanismi evolutivi delle specie vegetali che può determinare dei vantaggi adattativi, utili per esempio alle piante che, allontanandosi dall'equatore, devono magari sopravvivere in climi più freddi. Secondo questa teoria dunque il numero medio di cromosomi della flora italiana e di quella neozelandese dovrebbe essere all'incirca uguale, dato che i due Paesi, sorprendentemente simili dal punto della morfologia, si trovano più o meno alla stessa latitudine anche se in emisferi opposti. E invece non è così. "La flora neozelandese – spiega Peruzzi - presenta un numero cromosomico medio attorno a 2n = 60 (60,9), quasi perfettamente doppio rispetto a quello della flora italiana, che si aggira attorno a 2n = 30 (30,54)".
"Il nostro studio – aggiunge Peruzzi – che abbiamo pubblicato sulla rivista online AoB Plants (http://aobpla.oxfordjournals.org/content/2011/plr020.full.pdf+html) della Oxford University Press, è durato alcuni mesi e si è basato sull'analisi della letteratura cariologica mondiale e sulle banche dati delle specie vegetali presenti nei due Paesi". Il prossimo passo sarà di verificare la poliploidia della flora della Slovacchia e della Polonia. "La difficoltà – conclude Peruzzi – è che le banche dati a disposizione sono molto scarse e presenti solo in alcuni Paesi come Italia, dove è presente proprio nel nostro dipartimento (liberamente consultabile all'indirizzo www.biologia.unipi.it/chrobase), Gran Bretagna, Slovacchia e Polonia. E da questo punto di vista, purtroppo, c'è ben poco che riguardi l'emisfero australe".