C'è un collegamento specifico fra l'obesità e i disturbi bipolari. Questo è quanto emerge da uno studio pubblicato sulla rivista internazionale "Journal of Affective Disorder" firmato da quattro ricercatori del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell'Ateneo pisano, Giulia Vannucchi, Cristina Toni, Icro Maremmani e Giulio Perugi.
La ricerca è stata condotta su un campione nazionale composto da 571 soggetti seguiti in regime ambulatoriale per un episodio depressivo maggiore. L'obesità era definita, in linea con la letteratura scientifica attuale, sulla base di un indice di massa corporea (Body Mass Index o BMI) superiore a 30, calcolato come peso in Kg diviso per il quadrato dell'altezza espresso in metri (Kg/h2).
"I nostri risultati – ha spiegato Giulio Perugi - hanno consentito di evidenziare non solo come la presenza di disturbi dell'umore sia associata a un incremento del rischio di obesità, ma soprattutto che c'è un legame specifico tra incremento del BMI ed i disturbi dello spettro bipolare".
Il disturbo bipolare è infatti risultato più frequente fra gli obesi (31.4% rispetto al 19.0%dei non obesi) ed inoltre è emerso che la presenza di bipolarità era correlata con il grado di obesità: i pazienti con un BMI tra 30 e 35 avevano infatti una prevalenza di disturbo bipolare del 27.4%, in confronto al 41.7% dei soggetti con un BMI maggiore di 35.
"Mostrando come l'obesità sia associata a disturbi dello spettro bipolare – ha concluso Giulio Perugi - i dati della nostra ricerca sono in linea con l'ipotesi secondo cui in molti casi l'obesità potrebbe essere il risultato di comportamenti di abuso, una vera e propria forma di 'addiction'. Uno screening sistematico per il rilievo di sintomi ipomaniacali (anche attenuati) e di comportamenti di abuso verso il cibo, specialmente in alcune fasi come l'adolescenza, potrebbe avere un effetto preventivo sull'insorgenza di alcune forme di obesità al pari di quanto si verifica per lo sviluppo di alcune forme tossicodipendenza".