I piccoli scimpanzé giocano in modo molto simile agli esseri umani, alternando le diverse fasi ludiche come fanno i bambini in età infantile. È questo il risultato principale di uno studio sul comportamento ludico delle grandi antropomorfe della specie Pan troglodytes, che è stato pubblicato sulla rivista scientifica internazionale "PLoS ONE". La ricerca è stata realizzata dalle dottoresse Elisabetta Palagi e Giada Cordoni, del Museo di Storia Naturale e del Territorio dell'Università di Pisa, in collaborazione con l'Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del CNR (Roma). Il progetto scientifico, coordinato dalla stessa dottoressa Palagi, rientra nell'ambito delle ricerche socio-biologiche che il Museo di Calci conduce da molti anni a livello internazionale.
La ricerca è il frutto di osservazioni che le ricercatrici hanno condotto in grandi parchi europei che ospitano numerose colonie riproduttive. Le osservazioni a lungo termine hanno dato la possibilità di raccogliere dati su 15 immaturi, sia piccoli che giovani, consentendo una comparazione precisa del gioco nelle diverse fasi di età. Lo studio delle ricercatrici pisane si è concentrato principalmente sull'analisi dei parametri relativi al gioco sociale, cioè quello effettuato da due o più animali. I risultati ottenuti hanno dimostrato che, nello scimpanzé come nell'uomo, esistono variazioni apprezzabili durante il passaggio dalla fase infantile a quella giovanile. In particolare, la ricerca ha evidenziato che il gioco solitario e il gioco sociale seguono due traiettorie ontogenetiche differenti: mentre il primo mostra un picco di frequenza durante l'infanzia, il secondo mantiene livelli pressoché costanti in tutta la fase immatura. Le differenze non sono solo di carattere quantitativo, ma anche qualitativo, poiché le sessioni di gioco sociale, nei giovani scimpanzé, diventano più articolate, dal punto di vista del numero di pattern ludici utilizzati in una sessione, e più bilanciate, dal punto di vista delle modalità e delle frequenze con cui vengono scambiati i pattern direzionali tra giocatori.
L'importanza di questo studio risiede nel fatto che i dati riguardanti i primati non-umani sono stati comparati, in modo standardizzato e puntuale, con i dati presenti in letteratura sul comportamento di gioco dell'uomo. È emerso così che i bambini in età prescolare da 0 a 3 anni, come i piccoli di scimpanzé, mostrano più alti livelli di gioco solitario, mentre il gioco sociale di lotta rimane pressoché costante dall'infanzia all'adolescenza. Sia gli immaturi di scimpanzé che quelli di Homo sapiens prediligono il gioco con i coetanei che, negli adolescenti di entrambe le specie, diviene più bilanciato e complesso, sebbene anche più competitivo.
Partendo dalla constatazione della stretta vicinanza filogenetica tra Homo sapiens e le altre scimmie antropomorfe, la ricerca suggerisce che il confronto comportamentale tra specie assume un ruolo cruciale per far luce sulle basi biologiche di molti comportamenti presenti in quello che, dal punto di vista zoologico ed evolutivo, possiamo chiamare l'"animale uomo".