"A Pisa ci stiamo appropriando di Dante". A dirlo è Marco Santagata, docente di Letteratura italiana all'Università di Pisa ed esponente della scuola letteraria che negli ultimi anni ha riportato il poeta fiorentino al centro degli studi condotti al dipartimento di Italianistica. Basti pensare che la raccolta delle «Opere» recentemente pubblicata da Mondadori è interamente curata da studiosi del nostro Ateneo - tra loro Mirko Tavoni, Gianfranco Fioravanti, Gabriella Albanese, Claudio Giunta -, e che lo stesso Santagata, che ne ha firmato l'introduzione, ha appena scritto un saggio che dà una nuova chiave per l'interpretazione di Dante. Con un'altra novità: Pisa deve essere messa tra le città dantesche.
Il saggio di Santagata, appena pubblicato dal Mulino, si intitola "L'io e il mondo. Un'interpretazione di Dante" ed è un viaggio tra storia, testi e autobiografia del poeta: "La scuola pisana sta cambiando il modo di leggere Dante", spiega il professore. "La nostra particolarità è l'attenzione riservata al rapporto tra letteratura e storia, come nella tradizione degli studi letterari pisani". E infatti nel saggio l'autobiografia del poeta diventa una chiave di lettura delle sue opere, con Dante trasformato in un "arcipersonaggio" costantemente attento al proprio io e al mondo, "un'entità che a volte può assumere i contorni di personaggio convenzionale, altre volte presentarsi come diretta proiezione dell'autore e altre ancora rimanere un'istanza autobiografica senza corpo strutturato".
Secondo il professore, Dante parla sempre di se stesso e scrive sempre nell'immediatezza dei fatti: "In alcuni casi si può quasi parlare di Divina Commedia come "instant book" - specifica Santagata - L'attualità della cronaca e della politica è inserita dentro a una visione complessiva che trascende il particolare e Dante riesce a trasporre la sua esperienza su un piano universale". Come nell'episodio dell'incontro con il capo dei ghibellini Farinata degli Uberti descritto nel X canto dell'Inferno: quando Dante scrive è in esilio e sta cercando di tornare a Firenze con un'amnistia personale. Nel dialogo con Farinata, Dante si presenta come un fiorentino fedele ai valori della città e lo fa per far capire loro che la sua posizione politica era cambiata: "L'Inferno sembra scritto in prospettiva - spiega Santagata - e noi possiamo comprendere questa prospettiva sono se conosciamo le vicende personali".
Come spiega meglio il professore nell'introduzione al libro, "nella «Commedia» abbiamo l'immagine di un uomo che trova le principali motivazioni per scrivere nel raccontare, argomentare, trasfigurare ciò che lui steso ha visto, provato, fatto e detto in prima persona; che si appoggia all'hic et nunc, agli accadimenti immediati, alla cronaca pubblica e privata; che scrive per gli ambienti sociali e per la cerchia di persone che lo attorniano al momento e che adegua la sua scrittura alle loro esigenze e conoscenze".
Nel suo saggio Santagata cerca anche di dimostrare che Pisa è una delle città dantesche: "Nelle opere ci sono una serie di indizi che lasciano credere che Dante sia venuto a Pisa insieme all'imperatore Enrico VII da Genova nel 1312 e che poi si sia fermato in città e nel nord della Toscana per un periodo abbastanza lungo, che va fino al 1315-16, quando è anche documentata la presenza di Dante in Lunigiana presso i Malaspina. È per questo che, a mio avviso, Pisa deve essere inserita a pieno titolo tra le città dantesche".
Oltre agli studi letterari incentrati su Dante, il dipartimento di Italianistica sta promuovendo una serie di iniziative che escono dalle aule universitarie: attualmente è in discussione con il Comune di Pisa un progetto per organizzare una scuola estiva su Dante, che attiri in città studiosi da tutto il mondo. Inoltre gli studenti di Lingua e letteratura italiana hanno organizzato fino a metà marzo un ciclo d'incontri dal titolo "Il folle volo - Lezioni dantesche", pensato come un'attività libera di approfondimento e discussione della poliedrica personalità artistica di Dante.