Si aprono nuove prospettive per lo studio delle malattie della retina: una ricerca condotta da studiosi del dipartimento di Scienze fisiologiche e di quello di Psichiatria, Neurobiologia, Farmacologia e Biotecnologie dell'Ateneo Pisano ha permesso di far luce sui meccanismi che regolano la visione notturna con tecniche che potranno essere applicate all'indagine dell'evoluzione di patologie come la retinite pigmentosa. Lo studio dell'Ateneo è stato pubblicato nel mese di agosto sulla prestigiosa rivista inglese «The Journal of Physiology», ottenendo l'immagine di copertina, un articolo di elogio da parte di un noto studioso dell'MRC di Cambridge e una menzione speciale degli editor della rivista.
Come spiega Lorenzo Cangiano, ricercatore del dipartimento di Scienze fisiologiche e autore dello studio insieme a Sabrina Asteriti, dottoranda della Scuola di Fisiopatologia clinica e Scienze del farmaco, e a Luigi Cervetto e Claudia Gargini, docenti del dipartimento di Psichiatria, Neurobiologia, Biotecnologie e Farmacologia, nella visione notturna il nostro sistema visivo cattura i pochi fotoni disponibili e trasforma la loro piccolissima energia in segnali nervosi sufficientemente grandi in modo che il cervello possa elaborare le immagini degli oggetti che ci circondano. Questo straordinario processo di amplificazione avviene nei bastoncelli, uno dei due tipi di cellule fotosensibili dell'occhio. Il gruppo di ricercatori pisani è riuscito a ottenere nuove e più precise misurazioni proprio dai bastoncelli, dimostrando che la loro efficienza nel rispondere a singoli fotoni è notevolmente superiore a quanto ritenuto finora.
L'ottimizzazione della tecnica nota come patch-clamp, in cui capillari di vetro finissimi vengono fatti aderire alla membrana della cellula, ha permesso al team di ricercatori di ottenere un accesso elettrico a queste cellule particolarmente piccole e delicate, portando a una scoperta che contribuirà in modo rilevante alla comprensione del funzionamento del sistema visivo.
La ricerca è stata effettuata su retina di topo. Questi animali, così come molti altri mammiferi, hanno, rispetto all'uomo, una visione dei colori più rudimentale, ma per molti altri aspetti la loro retina è simile alla retina periferica umana. Esistono, inoltre, modelli murini affetti da patologie della retina analoghe ad alcune forme di degenerazione retinica umana, come ad esempio la retinite pigmentosa (RP). Per tali motivi le tecniche di registrazione sviluppate dai ricercatori pisani assumono una notevole rilevanza clinica, potendo essere applicate anche allo studio di queste malattie.