Contenuto principale della pagina Menu di navigazione Modulo di ricerca su uniPi

Venerdì 5 maggio si è tenuto il pitch day dell’iniziativa “Quanto ne sai di sostenibilità?”, giunta alla sua seconda edizione. L’evento, organizzato dal dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari ed Agro-Ambientali dell’Università di Pisa ha riunito studenti, docenti e rappresentanti di numerose organizzazioni no-profit per riflettere sulle possibili soluzioni alle sfide sociali, ambientali ed economiche del territorio. L’iniziativa si inserisce nel quadro delle attività del progetto NEMOS- A new educational approach for the acquisition of sustainability competences through service learning” co-finanziato dalla Commissione Europea e coordinato per l’Ateneo pisano dal professor Alessio Cavicchi.

Foto 1.jpeg
Foto della platea durante il seminario del 21 aprile.

È intervenuta la professoressa Lucia Guidi che ha ribadito l’importanza dell’iniziativa in termini di formazione per gli studenti, incentivati a sfruttare le conoscenze acquisite durante i corsi universitari per apportare un servizio alla società in risposta ai suoi bisogni; a seguire il professor Daniele Antichi, membro della Commissione per lo Sviluppo Sostenibile di Ateneo (CoSA), ha sottolineato la complementarità dell’evento con le iniziative proposte dal gruppo di lavoro istituito nel 2019 con lo scopo di valorizzare il ruolo dell’Università per la transizione sostenibile.

A seguire, spazio ai protagonisti dell’iniziativa: 40 studentesse e studenti dei corsi di laurea triennale in Scienze Agrarie e Viticoltura ed Enologia e dei corsi magistrali di “Biotecnologie Vegetali e Microbiche”, “Biosicurezza e Qualità degli Alimenti”, “Progettazione e Gestione del Verde Urbano e del Paesaggio” e “Produzioni Agroalimentari e Gestione degli Agroecosistemi”. Divisi in gruppi, hanno presentato, a seguito di un periodo di approfondimento di tre settimane, costituito da seminari (14 e 21 aprile 2023), lavori di gruppo, interviste e ricerche tematiche, le proprie proposte di soluzione alle sfide lanciate. I referenti delle sfide sono stati Silvia Rolandi per Slow Food Toscana, Yuri Galletti per Legambiente Pisa e Semi di Scienza, Angela Spigai e Alessandra Luisi per la Fondazione Dopo di noi Pisa Onlus Centro “Le Vele”, Nicola Silvestri e Antonio Di Fonzo per il Consorzio di Bonifica “Toscana Nord”, Paolo Pacini e Riccardo Gragnani per l’associazione “11 del Vino”.

Foto 2.jpeg
Seminario del 21 aprile. Di spalle, nel tavolo dei relatori: al centro, prof.ssa Lucia Guidi; a sinistra, Yuri Galletti (Legambiente Pisa e Semi di Scienza); a destra, Giampiero De Simone, moderatore del seminario. In prima fila da sinistra: Riccardo Gragnani e Paolo Pacini (Associazione 11 del Vino), professor Andrea Lucchi, Alessandra Luisi e Angela Spigai (Fondazione Dopo di noi Pisa Onlus, Centro Le Vele), professor Nicola Silvestri. In seconda fila da destra: professoressa Silvia Tavarini.


Tra i gruppi, c’è chi doveva progettare un orto sostenibile per gli spazi di un centro socio-assistenziale, chi si doveva occupare di sostenibilità alimentare ed energetica in ambito urbano, chi doveva trovare soluzioni colturali innovative per fronteggiare l’abbassamento dei terreni; chi doveva pensare ai modi più efficaci di coinvolgere in maniera attiva i giovani nelle attività associative e chi era chiamato a organizzare un evento europeo che coniuga calcio e cultura vitivinicola in modo sostenibile. Le soluzioni sono state proposte sottoforma di progetto finanziabile, sottolineando al meglio obiettivi, attività e risorse necessarie, dando evidenza del modo in cui essa contribuisca al raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030. Grande soddisfazione, consigli pratici per una adeguata applicazione delle soluzioni proposte e gratitudine sono emersi dai riscontri da parte delle organizzazioni.

Foto 3.jpeg
Slow Team presenta la soluzione per la sfida Slow Food Toscana durante l’evento finale del 5 maggio. Le componenti del gruppo: Anna Dascanio, Alessandra Baldassarri, Benedetta Anfossi, Gaia Giusti, Micol Nocchi, Xinyu Zhang.

Dal punto di vista di tutor e docenti, l’iniziativa ha funzionato. Tra i tutor, c’è chi ha affermato che questo tipo di iniziative sono utili anche ai fini dell’acquisizione di sicurezza nel presentare in pubblico, lavorare in gruppo e con una scansione temporale ben definita che porti a dei risultati in tempi brevi. E questo approccio consente di stare al passo coi tempi, in linea con modalità di formazione basate sull’esperienza diretta. Ciò fa ben sperare che l’iniziativa possa promuovere una maggior collaborazione tra università e organizzazioni a livello territoriale, lavorando contemporaneamente a prospettive di internazionalizzazione delle attività, già incluse nelle giornate dedicate al Festival dello Sviluppo Sostenibile 2023 promosso dall’ASVIS.

Foto 4.jpeg
Un momento del lancio della sfida da parte di Silvia Rolandi (Slow Food Toscana) durante il seminario del 14 aprile.

Quel che è certo al momento è che “Quanto ne sai di sostenibilità?” ha contribuito a creare una comunità sempre più strutturata dedicata al service learning, che vede in prima linea il lavoro dei professori Alessio Cavicchi, Lucia Guidi, Silvia Tavarini e Andrea Lucchi, delle assegniste di ricerca Sabrina Tomasi e Annapia Ferrara, nonché l’impegno di una vivace comunità studentesca, coordinata e supportata dagli studenti tutor Sofia Fiorentino, Marzia Bianco, Eugenia Ronga, Tiziano Greco, Bruno Bighignoli, Alfonso Boccia, Valentina Gallo e Giampiero De Simone.

Giacomo Palai, assegnista di ricerca del Dipartimento di Scienze Agrarie Alimentari e Agro-Ambientali dell’Università di Pisa si è aggiudicato il Young Minds Award per le sue ricerche sugli effetti dello stress idrico sui metaboliti secondari dell’uva. Il premio gli è stato conferito dall’International Society for Horticultural Science (ISHS) nel corso del X simposio internazionale su “Irrigation of Horticultural Crops”, tenutosi a Stellenbosch (Sud Africa) dal 29 gennaio al 2 febbraio.

 

Giacomo Palai.JPG

A sinistra Giacomo Palai, a destra Luca Corelli Grappadelli chairman della “Fruit Crop Section” dell’ISHS

Lo studio fa parte di una più ampia attività di ricerca condotta presso il Precision Fruit Growing Lab del Dipartimento di Scienze Agrarie Alimentari e Agro-Ambientali, coordinato dal professore Giovanni Caruso, e presso il Laboratorio di ricerche viticole ed enologiche dello stesso Dipartimento, coordinato dal professore Claudio D’Onofrio.

Questo è il secondo riconoscimento che Palai riceve dall’ISHS. Nel 2021 infatti gli è stato conferito il Young Minds Award nel corso del XII simposio internazionale su “Integrating Canopy, Rootstock and Environmental Physiology in Orchard Systems”, tenutosi a Wenatchee, WA (USA). Precedentemente, Palai ha anche ricevuto il premio “Prosperitati Publicae Augendae” dall'Accademia dei Georgofili per la sua tesi magistrale su “Stima dei parametri biofisici e geometrici di olivo e vite mediante telerilevamento con SAPR”

 

 

 

Le stalattiti e stalagmiti della Grotta della Bàsura in Liguria hanno rivelato l’andamento delle precipitazioni negli ultimi millenni nel Mediterraneo. Un gruppo internazionale guidato dalla National Taiwan University al quale ha partecipato anche l’Università di Pisa con Elisabetta Starnini archeologa del Dipartimento di Civiltà e forme del Sapere e Gianni Zanchetta geologo del Dipartimento di Scienze della Terra ha studiato questo sorprendente archivio naturale a Toirano in provincia di Savona. La ricerca, pubblicata sulla rivista Nature Communications, è partita dall’analisi della composizione isotopica di due concrezioni carbonatiche. Successivamente, i risultati sono stati confrontati con altri simili provenienti da altre grotte italiane e spagnole.

Immagine1.jpg

Una immagine delle spettacolari concrezioni carbonatiche nella Grotta della Bàsura a Toirano (SV)

“Le concrezioni delle grotte, stalattiti e stalagmiti, registrano le condizioni climatiche dei millenni durante i quali si sono lentamente formate e, grazie a specifici metodi di datazione, offrono quindi la possibilità di ricostruire con buona precisione l’andamento del clima nel passato, informazioni che sono fondamentali per comprendere le variazioni climatiche in atto e la loro evoluzione futura”, spiega Elisabetta Starnini.

In particolare, i ricercatori hanno ricostruito il rapporto fra precipitazioni e venti occidentali in funzione della posizione dell’alta pressione delle Azzorre e della bassa pressione Islandese a livello europeo e mediterraneo nel corso degli ultimi 6500 anni. I venti occidentali hanno infatti un ruolo fondamentale nel trasportare calore ed umidità e nel regolare quindi le temperature e le precipitazioni. Secondo la ricostruzione tra 5400 e 3500 anni i venti occidentali complessivamente occupavano una posizione maggiormente spostata verso Nord, mentre tra 2200 e 1200 anni fa la posizione era più meridionale, il che indica ad una maggiore piovosità in quello stesso periodo nell’area del Mediterraneo occidentale.

"Lo spostamento dei venti occidentali è legato ai cambiamenti della circolazione atlantica e della temperatura degli oceani, – conclude Gianni Zanchetta – guardando la situazione attuale, su questo fronte nei prossimi decenni ci aspettiamo delle variazioni a seguito del riscaldamento globale. Capire cosa è successo nel passato è quindi molto importante per riuscire a prevedere nel prossimo futuro quali potrebbero essere i cambiamenti della direzione dei venti occidentali e delle precipitazioni".
 



I droni sono lo strumento ideale per monitorare la presenza di Yucca gloriosa, una pianta aliena originaria del Nord America che minaccia gli ecosistemi costieri del Mediterraneo. La conclusione arriva da uno studio sperimentale del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa appena pubblicato sulla rivista Regional Studies in Marine Science. La ricerca è stata condotta nel 2020 all'interno del Parco Regionale di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli (Parco MSRM), un'area protetta di circa 230 km2 situata nel nord della Toscana, che ospita uno dei sistemi dunali costieri meglio conservati del litorale italiano.

YUCCA2.jpg

Esemplari di Yucca gloriosa ripresi dal drone

“Abbiamo usato il drone per quantificare la presenza di Yucca gloriosa nella Riserva della Bufalina - spiega la professoressa Daniela Ciccarelli del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa – con i tradizionali metodi di campionamento a terra ci vogliono molto più tempo, persone e soldi. Grazie ai droni invece possiamo scattare immagini ad alta risoluzione con un livello di precisione sotto il centimetro che poi analizziamo con dei software molto semplici, un passo avanti notevole anche rispetto alle ricognizioni aeree dove il livello di dettaglio delle immagini va dai 50 cm al metro”.
 
Il drone si è rivelato uno strumento ideale anche per le caratteristiche morfologiche di Yucca gloriosa, soprattutto a livello fogliare, che la rendono particolarmente riconoscibile. La vegetazione delle dune costiere è infatti un mosaico di diverse comunità vegetali difficile da identificare e valutare. La sperimentazione ha previsto una decina di voli effettuati a un’altitudine di 35 m sul livello del mare tra le 11 e le 13 di giorno, per ridurre al minimo le ombre. Da questo punto di vista è emerso che il periodo migliore per il monitoraggio è la primavera, quando i raggi delle radiazioni del sole sono più perpendicolari.

 

YUCCA4.jpg

Ricercatori Unipi al lavoro sul campo

“La lotta contro la Yucca del Parco è una lotta antica e a metà anni Duemila era stato attivato un progetto europeo per combatterla – dice Ciccarelli – Questa pianta, che ruba spazio al ginepro coccolone, la specie spontanea autoctona, ricresce anche da piccoli frammenti di rizoma, cioè di fusti sotterranei”. 

“La nostra ricognizione – conclude Ciccarelli - ha rivelato la presenza di circa 1800-2200 cespi di Yucca gloriosa corrispondenti a meno dell’1 per cento dell’area studiata, non molto apparentemente, anche se in realtà l’aspetto critico da tenere sotto controllo è la dimensione di questi agglomerati compito che i droni svolgono in maniera del tutto efficace”.

La ricerca pubblicata è partita da una tesi di laurea triennale della dottoressa Elena Cini attualmente studentessa magistrale in tesi con la professoressa Ciccarelli. Oltre all’Ateneo pisano i partner coinvolti sono gli istituti di Fisiologia Clinica, di Bioeconomia e di Scienze Marine del Cnr e l’Universidad del Atlántico della Colombia.




 

La coltura del fico, attualmente in declino in Italia ma economicamente molto redditizia, è la risposta ottimale per recuperare i terreni altrimenti persi per l’agricoltura. A questa conclusione è giunto il progetto “Ficus carica, un’ antica specie con grandi prospettive” finanziato e condotto dall’Università di Pisa che ha approfondito le conoscenze su questa pianta grazie ad un team di genetisti, chimici, fisiologi vegetali, entomologi, arboricoltori e analisti sensoriali del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali.


coleottero.JPG

Coleottero Curculionidae Aclees taiwanensis


“Sin dall’antichità e anche oggi, soprattutto nei paesi meridionali del bacino Mediterraneo, il fico fornisce un importante alimento di base anche grazie alla sua grande produttività che dura sino a 50 anni con una produzione annuale di circa 40-100 chili per pianta - spiega la professoressa Barbara Conti coordinatrice del progetto - Tuttavia, In Italia la coltivazione del fico è in netto declino: nel 1960 occupava 60mila ettari, oggi solo 2.000, che producono l'1% della produzione mondiale e tutto questo a fronte di una costante crescita dei terreni salini marginali che nel nostro Paese sono oggi oltre 400mila ettari. Il rilancio di questa coltura è dunque strategico anche in considerazione del quindicesimo obiettivo dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite che punta a proteggere, ripristinare e promuovere l'uso sostenibile del suolo, in particolare foreste, paludi, montagne e zone aride”.

Il meeting finale del Progetto di Ricerca di Ateneo 2020-2022 "Ficus carica, an ancient species with great perspectives: genomics, physiology and pest control" che si è svolto a fine novembre al Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali

I ricercatori dell’Università di Pisa hanno lavorato due anni, dal 2020 al 2022, arrivando a sequenziare il genoma del fico con un metodo innovativo che ha consentito loro di indagare la performance di questa pianta in condizioni di elevata salinità. I risultati hanno così confermato che è una coltura ideale per il recupero dei terreni salini marginali. La salinità del terreno non determina infatti una variazione degli zuccheri totali e dei principali componenti dei frutti. Anzi, l’aumento del livello endogeno di acido salicilico nei frutti delle piante sottoposte a stress salino farebbe ipotizzare un effetto “priming”, cioè una strategia adattativa che migliora le capacità difensive della pianta.

“Siamo riusciti ad ottenere la sequenza dei corredi cromosomici paterno e materno e nel genoma abbiamo identificato i geni coinvolti nell’accumulo degli zuccheri nel frutto - dice la professoressa Barbara Conti - Questi geni sono risultati diversamente espressi nei frutti di piante sottoposte ad elevata salinità pur non determinando cambiamenti significativi nel contenuto totale e nei suoi principali componenti”.

Il progetto ha infine compreso anche lo studio su Aclees taiwanensis, una specie di coleottero dannoso per il fico e di recente introduzione in Italia, molto simile al punteruolo della palma. Questa parte della ricerca ha permesso di chiarire alcuni aspetti finora sconosciuti della biologia di questo insetto utili per pianificarne un efficace controllo futuro.

 

 

Una squadra di studenti e studentesse dell’Università di Pisa capitanata da Gregorio Pedrini (Magistrale Scienze Ambientali) e formata da Erica Marchetti (Scienze Ambientali) Simon Kanka (Magistrale di Fisica), Francesco Artuso (Magistrale di Fisica) e Fabio Brocchi (Magistrale di Ingegneria) ha vinto, nella propria categoria, la Teaching Factories Competition on Green Manufacturing 2022.

Immagine1.png

La sfida consisteva nel trovare soluzioni innovative ed ecologiche a problemi reali. Nel caso specifico la squadra dell’Ateneo pisano si è cimentata nell’abbattimento del rumore emesso da un purificatore dell’aria e nella riduzione della impronta ecologicadel dispositivo.

Grande soddisfazione dunque per il professore Gaetano Licitra promotore, assieme agli studenti, della partecipazione del Corso di Laurea in Scienze Ambientali a questa competizione. La Teaching Factories Competition 2022, che si è svolta a novembre scorso, è organizzata da EIT Manufacturing e co-finanziata dalla Unione Europea.

Un team di botanici dell’Orto e Museo Botanico dell’Università di Pisa ha scoperto il primo caso in Italia di naturalizzazione della cosiddetta "edera velenosa" (Toxicodendron radicans), una specie aliena originaria del Nord America e di alcune parti della Cina. Il ritrovamento di una grossa popolazione completamente spontaneizzata è avvenuto in località Sassi Neri a Impruneta (Firenze) ad opera di Giovanni Astuti, Francesco Roma-Marzio e Roberta Vangelisti. I tre ricercatori hanno documentato la scoperta in un articolo sulla rivista Italian Botanist, organo ufficiale della Società Botanica Italiana. I campioni raccolti sono stati inseriti nell’erbario del Museo botanico dell'Ateneo.

L’edera velenosa non era mai stata trovata in Toscana e per l’Italia c’erano solo due segnalazioni storiche per il Trentino-Alto Adige risalenti al 1893 e al 1930, come specie occasionalmente sfuggita alla coltivazione. Si tratta di una pianta fortemente tossica, che provoca dermatiti da contatto che, nel solo Nord America, colpiscono milioni di persone ogni anno. È dunque importante che le amministrazioni e la popolazione locale siano consapevoli della pericolosità di questa specie.

 

team_orto.jpg

Da destra Francesco Roma-Marzio, Giovanni Astuti, Roberta Vangelisti
 
“Le invasioni biologiche – spiega il professore Lorenzo Peruzzi, Direttore dell’Orto e Museo Botanico dell’Università di Pisa – sono oggi uno tra i più rilevanti temi ambientali nella nostra società. Specie aliene animali o vegetali, introdotte consapevolmente o inconsapevolmente dall’uomo in un territorio dove non sarebbero mai giunte con dinamiche naturali, possono causare danni anche gravi alla biodiversità autoctona. In alcuni casi, però, i problemi causati da queste specie possono anche ritorcersi direttamente contro la specie umana. Il ritrovamento dell’edera velenosa a Impruneta è un importante esempio in questo senso, che forse può essere utile per renderci più consapevoli di questi problemi”.
 
Giovanni Astuti, Francesco Roma-Marzio e Roberta Vangelisti fanno parte dello staff tecnico-scientifico dell’Orto e Museo Botanico dell’Università di Pisa e collaborano a una iniziativa promossa dal Gruppo per la Floristica, Sistematica ed Evoluzione della Società Botanica Italiana, volta a ricercare sul territorio specie di piante segnalate in passato e non più confermate per il territorio italiano. Il fortuito ritrovamento dell’edera velenosa è avvenuto nell’ambito di questa attività.

 

La 5G e la 5F dell'Agrario Parentucelli-Arzelà di Sarzana (SP) hanno vinto il concorso dell’Università di Pisa “From farm to fork ...to future” con un fumetto sulla sostenibilità in agricoltura. La premiazione è avvenuta il 1 dicembre nell’aula magna del dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali alla presenza del direttore Marcello Mele e della presidente del corso di Scienze agrarie Lucia Guidi.

In rappresentanza delle due classi c’erano Lucia Trisorio, Lorenzo Costagliola, Alessandro Plicanti e Serena Mangini accompagnati dal professore Massimo Caleo, coordinatore dell’iniziativa per il Parentucelli-Arzelà. Oltre al titolo, la scuola si è così aggiudicata 2.000 euro da impiegare nella riqualificazione dei propri laboratori didattici. Il concorso “From farm to fork ...to future” si è svolto nell'ambito di un Progetto Orientamento e Tutorato finanziato dal MUR e coordinato dalla professoressa Lucia Guidi.

 gli-studenti-dell-agrario-premiati-a-pisa-424709.jpg

A sinistra, Marcello Mele, Lucia Guidi a destra i rappresentanti delle due classi Lucia Trisorio, Lorenzo Costagliola, Alessandro Plicanti e Serena Mangini

Solo trenta posti disponibili e iscrizioni aperte sino al 29 novembre per il corso di alta formazione “Ecoesione. Strumenti per promuovere la giustizia sociale nella transizione ecologica” dell’Università di Pisa giunto quest'anno alla seconda edizione.

Immagine1.png

Aperto a tutti e gratuito, il corso si svolge in presenza al Dipartimento di Economia e Management (via Cosimo Ridolfi, 10, Pisa) e nell’Aula Savi dell'Orto botanico (Via Luca Ghini, 13) dal 2 dicembre 2022 al 17 aprile 2023 per un totale di 110 ore suddivise in 6 moduli, più un seminario residenziale e attività di autoformazione.

Il corso affronta in prospettiva interdisciplinare i temi della crisi e della transizione ecologica, le politiche di contrasto (mitigazione, adattamento, conservazione), i connessi rischi sociali (diseguaglianza, disoccupazione ed esclusione) e le strategie per una giusta transizione fondata su politiche eco-sociali integrate. La formula prevede un mix di lezioni frontali e laboratoriali, con analisi di caso, esercitazioni e attività di gruppo (simulazioni, discussioni guidate, rielaborazione di esperienze, ecc.).

Il corso è destinato a chi è interessato, nella professione, nella ricerca o nel volontariato, a promuovere l’integrazione tra esigenze, azioni e strategie della transizione ecologica e della giustizia ambientale con quelle della coesione e giustizia sociale. Per favorire la partecipazione anche a candidati impegnati in attività lavorative, la didattica verrà erogata con formula weekend (venerdì pomeriggio e sabato). Il corso è parte del progetto Ecoesione ed è promosso dai Dipartimenti di Economia e Management e di Scienze Politiche e dal Centro Interdisciplinare “Scienze per la Pace” (CISP).

L'Università di Pisa ottiene un buon risultato nella nuova classifica mondiale degli atenei più impegnati sul tema delle sostenibilità: il QS World University Rankgings on Sustainability 2023. L'ateneo pisano si colloca nella fascia di posizioni 221-240 a livello mondiale, ed è ottava a livello nazionale (su oltre 30 università italiane entrate in classifica).

 

37373628.jpeg


QS è tra le più prestigiose agenzie internazionali di ranking universitari. Questa nuova classifica si basa su numerosi indicatori che misurano sia la ricerca svolta su tematiche legate alla sostenibilità, sia l'attenzione che l'ateneo presta nello svolgere le proprie attività istituzionali in modo sostenibile. L'Università di Pisa ha ottenuto ottimi punteggi in particolare sugli indicatori di Sustainable Education (didattica su temi legati alla sostenibilità) e di Knowledge Exchange (collaborazioni internazionali), nei quali si posiziona rispettivamente al 143mo e 170mo posto a livello mondiale, e quinto posto nazionale per entrambi.

“Il buon andamento in questo ranking – commenta il professore Marco Raugi presidente della Commissione per lo Sviluppo Sostenibile dell’Università di Pisa - è il risultato dell'impegno profuso dall'ateneo sui vari aspetti legati alla sostenibilità, ad esempio grazie alle politiche e alle iniziative messe in atto dalla Commissione per lo Sviluppo Sostenibile (CoSA). La partecipazione ai ranking sulla sostenibilità richiede annualmente un lavoro molto importante di raccolta dati e monitoraggio svolto dai Servizi Statistici di Ateneo. Tale lavoro è un'ulteriore dimostrazione dell'impegno verso queste tematiche così importanti”.

Pagina 4 di 6

Questo sito utilizza solo cookie tecnici, propri e di terze parti, per il corretto funzionamento delle pagine web e per il miglioramento dei servizi. Se vuoi saperne di più, consulta l'informativa