Damiano Marchi e Giovanni Boschian, docenti del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, in collaborazione con antropologi della Sapienza Università di Roma, tra cui Giorgio Manzi, e dell’Università di Firenze, hanno ottenuto un finanziamento di 398.361 euro per il progetto “Rediscovering Altamura: advanced multidisciplinary investigations on the skeleton from the Lamalunga cave, Italy. The KARST project (Knowing the Altamura man thRough Science & Technology)”. L’obiettivo è studiare il fossile scoperto nel 1993 in una cavità carsica dell’Alta Murgia, presso Altamura (BA), conosciuto come l’“Uomo di Altamura”, che potrebbe essere il più completo scheletro di Neanderthal mai scoperto e il più antico esemplare da cui DNA endogeno sia stato estratto. Nonostante l’importanza di questo reperto, esso si trova tutt’ora nella grotta dove è stato rinvenuto ed è largamente incorporato in concrezione calcaree. Recentemente è stato possibile stabilire la cronologia del reperto che è compresa tra 172.000 ± 15.000 a 130.000 ± 2.000 anni fa.
Il fossile avvolto nelle concrezioni calcaree.
Il progetto ha una durata di tre anni, unisce le competenze dell’Università di Pisa, della Sapienza Università di Roma e dell’Università di Firenze, oltre a collaboratori esterni che operano sia in Italia che all’estero e in piena sinergia con la Soprintenenza Archeologia pugliesee intende effettuare un’indagine multidisciplinare che includa cronologia, biologia scheletrica, tafonomia ed ecologia. “La maggior parte delle ossa dello scheletro sono visibili sotto la concrezione calcarea, rendendo l’esemplare di Altamura uno dei rari esempi di scheletro ominino virtualmente completo prima dell’avvento delle sepolture intenzionali”, ha spiegato il professor Damiano Marchi, coordinatore del gruppo di Pisa.
Questo progetto utilizza un approccio multidisciplinare allo studio dell’“Uomo di Altamura” in modo da aumentare le nostre conoscenze dell’evoluzione umana in Europa durante il Peistocene Medio e Superiore. Il progetto ha anche l’importante scopo di promuovere la conservazione e la futura musealizzazione di questo importante reperto fossile.
La prima fase della ricerca consisterà in un periodo di monitoraggio della grotta di Lamalunga per determinarne il microclima. In seguito, si effettuerà uno studio preliminare in-situ delle ossa per acquisire i primi dati e determinare la fattibilità dell’estrazione delle varie ossa. Una volta pianificata e portata a termine l’estrazione, in laboratorio i reperti verranno sottoposti ad acquisizioni digitali ad alta risoluzione (micro-TAC, sincrotrone) a cui seguirà un dettagliato studio morfologico e funzionale. Verranno effettuate anche analisi del DNA antico, isotopiche e della morfologia dentale. L’ultima fase del progetto prevede la creazione delle condizioni ideali per la coservazione e la musealizzazione del reperto.
Territorio sopra la grotta di Lamalunga.