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Il bilancio della Regione Toscana a 40 anni dalla sua istituzione

Presentazione di un volume curato da Paolo Bagnoli, Massimo Carli e Alessandro Pizzorusso

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Fare il bilancio della Regione Toscana a quarant'anni dalla sua istituzione è l'obiettivo del volume "Il tempo della Regione - La Toscana", edito dal Consiglio regionale della Regione Toscana e dall'Associazione dei consiglieri onorari. Il libro, che segue a una prima iniziativa editoriale dello stesso tenore, è curato dal professor Alessandro Pizzorusso, docente dell'Ateneo pisano, insieme con Paolo Bagnoli e Massimo Carli. Attraverso dodici saggi, esso si propone da un lato di trarre un bilancio della Regione Toscana a distanza di quarant'anni dal primo avvio dell'esperienza regionale e di circa otto dall'entrata in vigore del nuovo Statuto, e dall'altro di fornire qualche utile chiave di lettura in vista delle scelte che la regione si troverà a compiere nel prossimo futuro.

Pubblichiamo di seguito l'introduzione al volume firmata dai tre curatori.

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Questo volume fa seguito a quello, intitolato Il tempo della Regione. La Toscana, che fu curato dai professori Pier Luigi Ballini, Maurizio Degl'Innocenti e Mario G. Rossi e pubblicato dall'editore Giunti di Firenze nel 2005. Contenuto di esso furono undici saggi dedicati a problemi di storia, economia e politica riguardanti la nostra Regione. Presentando quel volume, il Presidente dell'Associazione dei Consiglieri Onorari della Toscana, Renato Pollini, ricordava le fasi di sviluppo che essa aveva attraversato fino a quel momento e che conviene richiamare, aggiornandole, anche con riferimento agli analoghi saggi che ora si propongono ai lettori.

Prevista e regolata, al livello dei principi, dalla Costituzione del 1948, sulle tracce di lontane iniziative risorgimentali a lungo rimaste in secondo piano, anche se non dimenticate, la Toscana ebbe, con le altre Regioni "a Statuto ordinario", il suo primo "Statuto" (approvato con la legge statale 22 maggio1971, n. 343), dopo una ventina di anni durante i quali, al pari delle altre, essa era rimasta quasi completamente sulla carta. L'avvio di essa fu perciò caratterizzato da dibattiti che portarono ad alcuni giudizi svoltisi dinanzi alla Corte costituzionale, nel corso dei quali furono messi in discussione i caratteri che all'ordinamento delle Regioni ordinarie era stato conferito da leggi adottate dallo Stato quando ancora esse non avevano una concreta realtà giuridica e non erano quindi in condizione di esprimere adeguatamente i loro desideri o le loro opinioni.

Quelle decisioni del giudice delle leggi non risolsero tutti i problemi che si erano posti allora ed una serie di progetti di riforma dell'ordinamento regionale furono a lungo discussi in varie sedi, principale delle quali fu la Commissione presieduta da Massimo Severo Giannini, i cui lavori ebbero larga influenza sulla riforma realizzata mediante le leggi delegate che furono adottate vari anni dopo che gli Statuti delle Regioni ordinarie (autonomamente deliberati dai Consigli, ma soggetti ad un severo controllo statale) avevano ricevuto un primo assestamento. I contrasti circa i criteri impiegati per il trasferimento dallo Stato alle Regioni di un complesso di funzioni statali, di parte del personale che le aveva esercitate fino a quel momento e di altri problemi a questi collegati continuarono a lungo, sia in sede politica, sia davanti alla Corte costituzionale, costituendo oggetto di dibattiti che non favorirono il migliore funzionamento di questi enti.

Il mondo delle autonomie regionali e locali fu successivamente animato dalla riforma di queste ultime che fu realizzata con la legge 8 giugno 1990, n. 142, la quale modificò il Testo unico del 1934, fino a quel momento rimasto parzialmente in vigore, e soprattutto da due leggi di revisione costituzionale, la n. 1 del 1999 e la n. 3 del 2001, che riscrissero un'ampia parte del titolo V della Costituzione. Il nuovo art. 123 di questa comportò la formazione di nuovi Statuti regionali, cui si provvedette con grande lentezza, tanto che il relativo compito non è stato ancora del tutto ultimato.

In questa occasione, il procedimento di adozione degli Statuti fu modificato, riducendosi i controlli statali alla potestà di ricorso alla Corte costituzionale da parte del Governo e di richiesta di un eventuale referendum confermativo. L'attuazione della generale riforma degli Statuti regionali, peraltro, fu lasciata in gran parte all'interpretazione della Corte costituzionale, che intervenne in questa materia con un gran numero di decisioni, le quali dettero un nuovo assetto a questa parte della Costituzione ed al "diritto regionale" in genere.

Altre importanti riforme attinenti all'ordinamento regionale ed a quello degli enti locali portarono all'adozione, in relazione a questi enti, di una forma di governo di tipo presidenziale (con elezione diretta del presidente o del sindaco, rispettivamente) e all'adozione del "sistema delle conferenze" che dettero una sede ufficiale ai rapporti fra Stato e Regioni e fra Stato ed Enti locali, con riferimento all'attività legislativa ed esecutiva. Da ultimo, un complesso di deleghe legislative furono accordate al Governo con la legge sul "federalismo fiscale" 5 maggio 2009, n. 42, mentre ulteriori ritocchi alla Costituzione si renderebbero necessari qualora venisse realizzata l'abolizione delle Province, riproposta a livello politico in questi ultimi tempi con maggior forza, ma ancora vivacemente contrastata. Il quadro delle problematiche di maggior rilievo tuttora in discussione comprende altresì l'eventuale introduzione di una "Camera delle Regioni" che, secondo una diffusa corrente di opinioni, dovrebbe sostituire il Senato. Meno dibattuta, quanto meno per quanto riguarda le sue linee generali, è l'attuazione da dare alle Città metropolitane (oltre che al particolare status di Roma Capitale, cui già sono stati dedicati alcuni interventi legislativi) e ad alcune articolazioni minori dei Comuni (o ad altre forme di riordinamento di questi).

La Toscana ha costantemente partecipato a questi processi riformatori con studi e progetti, che hanno svolto talora un ruolo di rilievo anche nei dibattiti che si sono svolti a livello nazionale. Il presente volume contiene saggi i quali analizzano alcuni dei problemi in questione o aspetti delle situazioni di fatto che vengono in considerazione, dal punto di vista della storia dei problemi affrontati o delle loro conseguenze economiche o giuridiche, operando sulla base di ricerche che si pongono in vario modo in rapporto con quelle che hanno dato luogo agli studi compresi nel precedente volume sopra ricordato. Le ricerche che hanno preceduto la stesura dei dodici contributi qui compresi si collocano pertanto in un campo di studi che è stato frequentemente affrontato nell'ambito dell'attività delle università toscane e di altre istituzioni di ricerca che operano in questa Regione. I criteri cui queste ricerche sono state informate sono gli stessi che furono indicati nell'Introduzione al volume pubblicato nel 2005.

Se nel complesso scarsa è stata l'influenza esercitata sull'attività svolta dalla Regione, in questa sua prima fase di funzionamento, dai precedenti storici più lontani (fra i quali è da ricordare il progetto di Statuto elaborato sotto l'egida dell'ultimo granduca di Toscana, che ebbe un contenuto simile a quello dello Statuto albertino, ma che non svolse un ruolo concreto, al di là del suo significato politico-culturale), sembra innegabile la progressiva unificazione politica che, anche in Toscana, il territorio dell'intero Stato italiano ha ricevuto, attraverso l'evoluzione secolare che ne riguarda la massima parte, con effetti di rilievo sulle vicende di un'importante letteratura e di un parallelo sviluppo delle scienze e delle arti, nonché sulla realizzazione di una sostanziale uniformità linguistica (pur se arricchita dalla molteplicità dei dialetti e dalla presenza di varie minoranze di questo tipo), ma che hanno comunque abituato i toscani a considerarsi parte di un'unità politica e amministrativa più ampia, anche se essi appaiono talora dotati di uno spirito comunitario più intenso al livello delle città, di quanto non sia al livello regionale.

Questo senso dell'Unità regionale peraltro non ha tuttavia impedito ai toscani, quando se ne è presentata l'occasione, di manifestare il sentimento della loro piena partecipazione alle attività più specificamente significative del contemporaneo sviluppo dell'Unità nazionale italiana, mentre rilevante appare altresì la tendenza del popolo toscano alla valorizzazione dei rapporti internazionali ed in particolare a quelli che hanno portato alla formazione dell'Unione europea.

Paolo Bagnoli, Massimo Carli, Alessandro Pizzorusso

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  • 18 ottobre 2012

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