L'incontro inaspettato tra lo scultore costaricano Jorge Jiménez Deredia e l'ecostoria, un metodo di ricerca che si applica da qualche decennio presso l'Università di Pisa. L'ecostoria, ossia la storia dell'abitare, consente di studiare la civiltà di tutti: anche delle civiltà definite "senza storia" ma in realtà dimenticate dalla storia ufficiale. La scultura di Deredia riprende – non solo nelle forme – la cultura dei nativi del suo Paese, i Boruca, e la attualizza in una proposta contemporanea di pacificazione globale.
Su questi temi si è verificato l'incontro che si è tradotto nel libro La Ruta de la Paz un progetto ecostorico di Jiménez Deredia di Sonia Gomiero, pubblicato nella collana Quaderni di Ecostoria diretta da Denise Ulivieri, edita da Pisa University Press.
Il volume sarà presentato venerdì 23 novembre in occasione della X edizione del Pisa Book Festival in un incontro a cui parteciperà anche lo scultore Jiménez Deredia. L'appuntamento è alle 16.30 nella Sala Pacinotti, nell'occasione interverranno anche Ada Carlesi, presidente della Pisa University Press, e Denise Ulivieri, docente di Storia dell'Architettura dell'Università di Pisa
Che cos'è la Ruta de la Paz?
La Ruta de la Paz è un progetto ecostorico, architettonico, scultoreo. Si tratta di nove spazi che saranno costruiti in altrettanti Paesi americani, dal Canada, passando per Stati Uniti, Messico, Yucatán, Costa Rica, Colombia, Perù, Cile, fino all'Argentina. L'arte, con la sua forza di convincimento intuitivo, ricrea i luoghi rituali in cui riecheggiano, rinnovati, gli antichi simboli della convivenza appartenuti alle civiltà precolombiane.
"Nella mia visione della vita, penso che noi stiamo facendo un viaggio insieme a tutto il cosmo, che siamo materia soggetta al fluire del tempo, polvere di stelle che si trasmuta".
La proposta trae i suoi contenuti dalla tradizione di società non aggressive, non gerarchiche, neppure ierocratiche. La pace cui si riferisce Deredia non è l'intervallo fra due conflitti. Si rovescia un percorso ideologico: i tradizionali "esportatori di civiltà" ricercano nella cultura dei nativi gli anticorpi necessari per evitare la propria autodistruzione. La Ruta de la Paz è un viaggio iniziatico senza tempo verso il radicale cambiamento spirituale e, come un labirinto interiore, diventa luogo di fusione per tradizioni mitiche, esoteriche, alchemiche.
La Ruta de la Paz non è utopia. È anzi l'unica proposta di pace praticabile, conciliabile con la pace degli altri, non firmata col sangue, l'unica col sorriso negli occhi: la pace dentro.
Sonia Gomiero intervista il maestro Jimenez Deredia
Gomiero: "L'ecostoria si occupa di civiltà statiche, di civiltà primarie, analizzandone forme costruttive, modalità d'insediamento e simbologia. La civiltà Boruca rientra tra quelle civiltà che non hanno lasciato fonti scritte o documenti ma solo manufatti che testimoniano la loro presenza. In che modo la storia di questa civiltà diventa il punto di partenza della "Ruta de la Paz"?"
Deredia: "Io sono convinto che dietro ad un manufatto ci sia la storia di un popolo. In questo caso, il manufatto che per me è stato determinante è stata la sfera di pietra realizzata dagli antichi Boruca. Apparentemente questa sfera è soltanto un semplice oggetto, in realtà sintetizza tutta una visione del mondo e tutta una comprensione della vita. Attraverso la sfera ho cominciato a capire il mondo delle civiltà che raccontano la mia storia profonda, tra le quali la Boruca. Inoltre la grande illuminazione che ho avuto osservando attentamente la sfera è quella di poter associare questo elemento geometrico alla nostra struttura come esseri umani, al nostro "discorso ontologico", alla nostra struttura psichica e fisica costituita da contrari, perché noi non siamo un elemento unico ma siamo un connubio di contrari che generano l'essere. La sfera mi racconta tutto questo con la sua luce con la sua ombra, essa diventa l'oggetto geometrico che da solo racconta la visione del mondo del popolo precolombiano che abitò le terre del Costa Rica, per cui, data l'importanza di questo oggetto, il suo messaggio non può essere letto in senso marginale ma in senso sostanziale ed essenziale.
Il guardare alle culture vernacolari non è un modo per fare un "revival" ma è un modo per comprendere come si può percorrere il cammino della nostra esistenza accompagnati; per cui la cultura alla quale ognuno di noi appartiene diventa un riferimento importante ed un solo oggetto, creato da essa, può essere sufficiente per comprendere la complessità e la visione del mondo che c'è dietro."
Gomiero: "Il cerchio è il simbolo che meglio rappresenta la cosmologia boruca; ma il cerchio è anche il simbolo per eccellenza di tantissime culture vernacolari nel mondo; inoltre è il simbolo più frequente che si incontra lungo la "Ruta de la Paz". Qual è la funzione dell'archetipo circolare, oggi, in un'opera contemporanea?"
Deredia: "Una volta capita l'importanza delle mie radici culturali, ho voluto fare un'indagine per scoprire un "momento di luce" comune nelle civiltà primarie e il risultato è stato che questi momenti di partecipazione cosmica sono strettamente vincolati alla forma circolare; approfondendo ulteriormente sul modo in cui queste culture si sono identificate col cerchio, ho potuto capire un po' meglio la struttura dell'uomo e l'esigenza che molti popoli hanno avuto di rappresentare questa struttura attraverso l'elemento circolare.
Sono partito dalla Costa Rica, dalle sue sfere, per poi compiere un'indagine sull'elemento circolare lungo tutto il continente americano.
Lo scopo della "Ruta de la Paz" sta nel prendere come punto di partenza la sfera, simbolo che lega assieme le culture dei diversi paesi americani, per poi rinnovarla, perché i simboli se non vengono rinnovati diventano un dato storico e diventando un dato storico non partecipano alla dinamica della società.
I simboli possono essere rinnovati completamente pur mantenendo la loro essenza e il loro significato, creando, così, le condizioni per far si che la società contemporanea possa viverli come propri, come elementi contemporanei.
L'esempio del mio lavoro, e mi scuso per dover attingere spesso a me stesso, consiste nel partire dalla sfera boruca per poi creare la Genesi; la Genesi è un'evoluzione, un rinnovamento di tutto il contenuto della sfera: non è la sfera ma parte dalla sfera e racconta la sfera. Da quell'unico elemento circolare si originano quattro elementi che raccontano la stessa cosa che racconta la sfera da sola.
Questa trasmutazione che viene raccontata nella Genesi è lo stesso senso di trasmutazione che viene raccontata nella sfera, così come si trasmuta tutto nella vita e così come ci stiamo trasmutando noi, per cui il senso profondo di saper rinnovare la sfera è ciò che rende il simbolo attivo.
La sfera così rinnovata può essere letta anche dall'uomo del terzo millennio; portando il simbolo nel nostro tempo, essa potrà dire le stesse cose anche se in maniera diversa, adatta al modo di pensare e di vedere la vita che abbiamo oggi".
Gomiero: "Tutti questi aspetti legano le grandi culture vernacolari al tuo progetto; fanno si che, tramite i simboli, la tua opera si possa leggere in chiave ecostorica. Ma c'è anche un altro aspetto che lega la "Ruta de la Paz" all'ecostoria, ossia il fatto che i tuoi spazi architettonici andranno a costituire, nei nove paesi dove saranno realizzati, un "paesaggio culturale". Che cosa significa questo per te?"
Deredia: "Questo è per me un aspetto essenziale che è divenuto sempre più importante a mano a mano che il progetto prendeva forma; perché anche la "Ruta" ha avuto la sua "genesi", il suo percorso artistico che si è arricchito col tempo, la sua trasmutazione.
Nel mio ultimo viaggio, in Cina, ho visitato il Tempio del Cielo: esso non è un semplice edificio ma un complesso architettonico che può essere considerato ecostorico, in quanto esso è inserito dentro un grande polmone verde, dove il rapporto tra l'architettura, i microspazi, che loro hanno creato e questi migliaia di alberi che vivono intorno, rendono magico lo spazio.
Questo Tempio è stato un riferimento per la "Ruta de la Paz": vorrei che i nove progetti non fossero delle semplici piazze ma degli spazi che possiedano il senso dell'ecostoria e cioè vorrei creare degli spazi architettonici che integrino la natura agli elementi scultorei e architettonici, in modo tale che tutto questo grande complesso ecologico, architettonico e scultoreo fosse come una grande "clinica dello spirito", dove tu quando percorrerai questi spazi ritroverai te stesso, non soltanto attraverso la scultura ma attraverso spazi architettonici che ti rapporteranno con le costellazioni, col movimento del sole, con gli alberi o con le montagne.
Lo scopo è di creare dei grandi spazi dove scultura, architettura, natura, astronomia e antropologia, convergano in una visione olistica della vita, spazi capaci di riunirti con il tutto".