Ascoltare i pazienti e renderli parte attiva nella cura, è questa la chiave del progetto europeo INTEGRATE partito a gennaio 2018 con un finanziamento di circa 500mila euro per due anni. Coordinatrice dello studio è la professoressa Marta Mosca del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Università di Pisa che lavorerà insieme ai colleghi Giuseppe Turchetti della Scuola Superiore Sant’Anna e Matthias Schneider della Heinrich-Heine-Universitaet Duesseldorf.
“L’obiettivo del progetto - spiega Marta Mosca - è quello di sviluppare un sistema che aiuti ad integrare il punto di vista del paziente, cioè quanto riferisce sia come sintomi o effetti di una terapia sia come qualità della vita in generale, con il punto di vista del medico che talvolta è più freddo e attaccato a dati ‘oggettivi’”.
La comunicazione tra medico e paziente è infatti talvolta difficile e spesso aspetti della cura che sono importanti per il medico non lo sono altrettanto per il paziente e viceversa. Questa difficoltà rischia di mettere medici e pazienti su “due fronti opposti” anziché alleati nel combattere la malattia. Per mettere a punto una strategia di cura integrata medico-paziente, il progetto si concentrerà sul Lupus Eritematoso Sistemico (LES), una malattia reumatica cronica caratterizzata da un quadro clinico eterogeneo e complesso che incide in modo significativo sulla qualità della vita dei pazienti.
Il progetto prevede il coinvolgimento dei medici, dei pazienti e dei loro familiari attraverso surveys ed incontri che verteranno sulla identificazione dei bisogni e delle aspettative di cura. In particolare, sarà centrale anche il coinvolgimento delle associazioni a livello europeo per consentire di raggiungere pazienti di diversi stati membri e assicurare che la valutazione tenga conto delle differenti esperienze, organizzazioni e culture in modo che il risultato della analisi sia quindi applicabile in contesti anche molto diversi.
“INTEGRATE potrà avere un ruolo centrale nell’aumentare le conoscenze del medico sulla patologia - in particolare sul suo impatto sulla vita del paziente – conclude Marta Mosca - ma soprattutto nel consentire al paziente di avere un ruolo attivo nella gestione della propria malattia migliorando quindi il processo di cura”.