"Supports in Roman Marble Sculpture. Workshop Practice and Modes of Viewing" (Cambridge University Press 2018) è il titolo dell'ultimo libro di Anna Anguissola, ricercatrice in Archeologia Classica presso il dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell'Ateneo.
Fra gli altri suoi lavori "Difficillima Imitatio. Immagine e lessico delle copie tra Grecia e Roma" (L'Erma di Bretschneider 2012) e "Intimità a Pompei. Riservatezza, condivisione e prestigio negli ambienti ad alcova di Pompei" (De Gruyter 2010).
Pubblichiamo di seguito una introduzione al volume, buona lettura!
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‘Inartistic’, ‘obtrusive’, ‘disfiguring’, ‘unseemly’, ‘unsightly’, ‘visually disturbing’ e ‘distracting’ sono solo alcuni dei commenti che gli studiosi di lingua inglese hanno riservato ai supporti della scultura romana in marmo – giudizi che trovano pieno riscontro nell’ostilità tedesca verso elementi ‘unorganisch’, ‘störend’, ‘überflüssig’, ‘hässlich’ e ‘leblos’ e nell’avversione italiana per gli ‘orribili puntelli’. In effetti, in nessun altro periodo nella storia della scultura occidentale è altrettanto frequente la presenza di supporti e puntelli, di dimensioni talora esorbitanti rispetto alla figura che (apparentemente) sostengono e in forme non di rado sorprendentemente elaborate.
Proprio ai puntelli e ai problemi iconografici ed esegetici che sollevano è dedicato questo volume, le cui pagine ripercorrono la lunga storia della scultura in marmo dall’età greca arcaica alla tarda antichità. Da sempre ai margini degli studi sull’arte antica, il tema è stato finora trattato essenzialmente in una duplice prospettiva. Da un lato, nei puntelli si sono visti strumenti utili a tradurre, in pesante pietra, composizioni ideate in bronzo. I supporti, cioè, sarebbero caratteristici delle copie romane in marmo da antichi e celebri originali greci in bronzo. D’altro canto, si è suggerito che i puntelli fungessero, essenzialmente, come precauzioni per il trasporto. La presenza di sostegni, dunque, rivelerebbe la provenienza di una certa statua da un luogo assai lontano rispetto al contesto di esposizione.
Entrambe queste letture sono qui per la prima volta esplorate in maniera sistematica, nel quadro di un’approfondita analisi delle tecnologie della produzione statuaria nel Mediterraneo romano, oltre che dei modi e contesti di esibizione e lettura dell’arte.
In quale misura l’analisi di elementi estranei alla dimensione narrativa dell’opera può guidarci alla scoperta di fenomeni relativi al gusto e alle convenzioni visive di quanti producevano, acquistavano e osservavano la scultura nel mondo antico?