Maria Michela Sassi, professoressa di Storia della Filosofia Antica presso il Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa, è autrice del volume The Beginnings of Philosophy in Greece, una recente traduzione della Princeton University Press del libro Gli Inizi della filosofia in Grecia edito da Bollati Boringhieri.
Nel saggio la professoressa riparte dagli interrogativi canonici – il quando e il come del pensiero, la sua natura specifica e le sue forme distintive – per ricomporre la trama del sapere arcaico attraverso i punti di fuga, le accelerazioni temporali, le tecniche cognitive (prima fra tutte la scrittura), l’agonismo intellettuale che resero possibile quello che un tempo si sarebbe chiamato «il miracolo greco».
Di seguito una presentazione del volume a firma dell'autrice.
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Solo nell’età di Platone si definisce l’idea che l’”amore di sapere” (questo il senso del conio philosophia) sia un’attività specifica, e i primi pensatori greci non fanno “filosofia” consapevolmente. La sophia dell’età greca arcaica era nozione fluida che si stendeva dai poeti agli studiosi di matematica, e quelli che ora chiamiamo filosofi presocratici erano percepiti come portatori di una sapienza priva di qualsiasi caratterizzazione disciplinare. Ma si trattava certo di una sapienza con nuovi oggetti (il mondo della natura, per esempio) e un piglio critico peculiare.
Quella ragione critica che ritengo cifra essenziale della filosofia, e che come tale trova davvero i suoi inizi nella Mileto di Talete (come sostengo contro una tendenza interpretativa a svalutare la portata filosofica del pensiero presocratico), è una ragione che non si esprime solo nei modi dell’argomentazione. Può appoggiarsi all’autorità di una rivelazione divina, come in Parmenide, o addirittura alla proclamazione della propria origine divina, come in Empedocle. Entrambi ricorrono al verso della tradizione epica, l’esametro, adatto a narrare un mondo di dèi ed eroi. Eraclito, d’altro canto, modella sapientemente i suoi detti enigmatici su moduli oracolari. Ma linguaggio e attitudine da poeta ispirato o veggente, in tutti questi pensatori, convivono con una riflessione sul mondo della natura e sull’anima e sulle modalità con cui queste realtà e i loro princìpi non manifesti possono essere attinti andando oltre i dati sensibili.
A conclusione del mio discorso, nell’ultimo capitolo, insisto sulla necessità di riconoscere che la filosofia nasce in Grecia grazie all’interazione di molteplici stili di razionalità, o “razionalità multiple”. Ho così raccolto l’invito di Yehuda Elkana a ripensare quella nozione di ragione argomentativa che costituisce la più forte eredità del pensiero illuministico, costretti dalla complessità del moderno a portare l’attenzione sui momenti di tensione dialettica e la compresenza di alternative che la realtà esibisce. Intreccio di argomentazioni logiche e immaginario significa apertura alla complessità: il pensiero filosofico ai suoi inizi non merita forse di attrarci proprio per questo?
Maria Michela Sassi