E' uscito in prima edizione italiana con la Pisa University Press il saggio di Christian Bracco "Quando Albert diventò Einstein. Gli anni italiani 1895-1901". A tradurlo Paolo Rossi, professore al dipartimento di Fisica del nostro Ateneo.
Pubblichiamo di seguito un estratto dalla prefazione a firma del professore Paolo Rossi
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Gli anni “italiani” di Einstein, che rappresentano al tempo stesso i Lehrjahre, ma anche i primi Wanderjahre del grande scienziato, sono quelli su cui Einstein stesso ha quasi sempre preferito non interrogarsi retrospettivamente, e quindi sono quelli su cui è più che mai indispensabile recensire tutte le fonti ed esplorare tutti i contesti nel tentativo di offrire una plausibile ricostruzione “razionale” del processo formativo con cui un individuo sicuramente geniale (che banalità!) ma anche certamente figlio del suo tempo è giunto a costruire e proporre in un periodo così breve una visione del mondo tanto avanzata che se da un lato, ne siamo certi, prima o poi qualcun altro sarebbe giunto alle stesse conclusioni, dall’altro è lecito supporre che il tempo necessario per arrivarci avrebbe potuto essere molto più lungo.
Christian Bracco ha affrontato il tema ponendosi nell’ottica dello storico “vero”, ossia di chi è consapevole che è indispensabile partire da tutti i documenti disponibili, anche quelli apparentemente più esotici ed ellittici rispetto all’argomento trattato, ma che è altrettanto indispensabile saper avanzare ipotesi e proporre interpretazioni, perché ogni libro di storia non è altro che una rilettura del passato, e ogni rilettura è anche una reinterpretazione.
Ma non si tratta soltanto di questo. Almeno a parere di chi scrive l’aspetto più importante di questa ricerca consiste nella latitudine degli orizzonti. Troppo facile, e troppo scontato, parlare di qualche più o meno infelice o complicata vicenda scolastica o raccontare la storia “interna” (ossia puramente scientifica) di un paio di lavori giovanili. Quel che occorreva veramente, e che Bracco ha realizzato, era la descrizione di un contesto (anzi a dire il vero di più contesti) dentro il quale inserire e meglio comprendere le vicende individuali, collegandole a una dinamica letteralmente “storica”, quella degli ultimi decenni dell’Ottocento e dei primissimi anni del Novecento, che ha visto il contemporaneo verificarsi di alcuni passaggi epocali, dal trionfo dell’elettricità allo sviluppo delle ferrovie, dall’evoluzione dei rapporti di lavoro alla formazione di nuove classi dirigenti, dall’emancipazione di interi gruppi sociali (tra cui non a caso gli appartenenti alla comunità ebraica) alle prime esili tracce di partecipazione delle donne alla vita scientifica e sociale.
Il compito di esplorare sistematicamente le relazioni di parentela e le interazioni tra diverse “famiglie allargate” (non solo gli Einstein, ma anche i Besso, i Cantoni, i Marangoni, gli Ascoli, i Koch, i Winteler e tanti altri più o meno importanti coprotagonisti), svolto con acribia non disgiunta da una certa “fantasia creativa” rappresenta già di per sé uno straordinario “valore aggiunto” di questo ampio saggio, così come è certamente molto interessante approfondire dinamiche e strutture dell’ambiente scientifico lombardo nel secondo Ottocento o ripercorrere la storia delle Esposizioni universali di fine secolo e del loro ruolo specifico nell’affermarsi del ruolo dell’elettricità nell’industria e nella società civile. [...]
Tirando le somme di tutto ciò che questo saggio ci ha fatto apprendere ci rimane, da italiani, un solo rimpianto: il pensiero che a partire dal 1901 Albert Einstein avrebbe potuto essere a tutti gli effetti uno scienziato italiano e che solo la scarsa lungimiranza dei nostri poco illuminati cattedratici lo abbia avviato verso quel lavoro all’Ufficio brevetti di Berna di cui ha certamente tanto beneficiato la Fisica, e speriamo l’intera umanità, ma i cui risultati (ci si conceda un poco di ucronia) avrebbero forse potuto essere pubblicati sul Nuovo Cimento invece che sugli Annalen der Physik.