Per rilevare e far fronte alla mancanza di ossigeno (ipossia) l'uomo e le piante utilizzano sensori molecolari sostanzialmente identici tra loro. La scoperta si deve allo studio svolto in collaborazione tra Università di Pisa, Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna, Università di Oxford e pubblicato sulla rivista Science.
Per tradizione le piante sono viste come gli organismi produttori dell’ossigeno presente nell’atmosfera, consumato poi da organismi aerobici fra cui gli animali. In realtà tanto le piante quanto gli animali utilizzano questo elemento per immagazzinare energia in forma chimica attraverso la respirazione cellulare. Pertanto, la scarsità di ossigeno (detta ipossia) influisce in maniera significativa sulla fisiologia e sul metabolismo di queste due forme di vita.
Le piante si trovano in condizioni di ipossia quando sono sommerse, ad esempio in caso di intense precipitazioni o di esondazioni. I tessuti animali, d’altro canto, esibiscono uno stato ipossico in condizioni di intensa attività metabolica, associata per esempio a significativo esercizio muscolare oppure durante la proliferazione cellulare incontrollata, come avviene nei tumori. Entrambi, piante e animali, tuttavia sfruttano gradienti di ossigeno come segnale per guidare processi di sviluppo, ad esempio l’angiogenesi negli animali e la produzione di foglie nelle piante.
Il gruppo di ricerca internazionale, costituito dall’Università di Pisa, dall’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna e dall’università di Oxford ha ora scoperto che questo stesso meccanismo, basato su un enzima che utilizza ossigeno molecolare come substrato, è in grado di governare l’abbondanza e quindi l’attività di regolatori cruciali di una gamma di risposte cellulari.
Confrontando componenti del regno animale e vegetale, e trasferendole dall’uno all’altro, i ricercatori hanno scoperto l’esistenza di un interruttore molecolare, l’enzima ADO, che incorpora ossigeno nell’estremità iniziale di proteine contenenti l’amminoacido cisteina. Questa reazione conduce alla degradazione di tali proteine in condizioni aerobiche, mentre è inibita in ipossia. Pertanto, ADO svolge identica funzione all’enzima di pianta PCO (Plant Cysteine Oxidase), individuato cinque anni fa dalla stessa squadra di ricercatori di Pisa.
“L’ampia conservazione di questo meccanismo – spiega Francesco Licausi (foto a destra), professore associato di fisiologia vegetale all’Università di Pisa - è indicativa della sua rilevanza fisiologica nei due regni. Questa similarità è stupefacente, considerando quanto piante e animali sono distanti da un punto di vista evolutivo, sebbene entrambi rappresentino i vertici evolutivi della vita multicellulare sul nostro pianeta”.
“La scoperta – prosegue Beatrice Giuntoli, ricercatrice dell’Università di Pisa - ha un enorme potenziale applicativo in ambito terapeutico Infatti ADO rappresenta un bersaglio completamente nuovo per il trattamento farmacologico di disturbi tumorali e infiammatori. Fra i target di ADO, abbiamo identificato la proteina RGS4, coinvolta nella segnalazione ormonale, nella neurotrasmissione e nello sviluppo del miocardio, e l’Interleuchina IL-32, una citochina atipica che regola risposte infiammatorie e fattori angiogenici”.
“Le piante e l'uomo hanno necessità di sapere quanto ossigeno respirano e hanno a disposizione – sottolinea Pierdomenico Perata, docente di fisiologia vegetale all’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna – e se il tessuto è carente di ossigeno, sia le piante sia gli animali hanno un'attrezzatura per capire e prendere provvedimenti. In questo nuovo studio – conclude Pierdomenico Perata - abbiamo dimostrato che l'uomo, e probabilmente tutti gli animali, hanno un secondo sistema, aggiuntivo rispetto a Hif1, basato sull'enzima Ado, che è identico a quello delle piante”. Tanto che l'enzima umano, messo al posto di quello delle piante, si è dimostrato capace di sostituirlo.