Homo naledi aveva una locomozione unica nel panorama evolutivo umano: la biomeccanica del femore rivela infatti che sul terreno aveva un’andatura bipede simile a quella dell’uomo moderno, mentre le caratteristiche dell’arto superiore, in particolare le dita arcuate, indicano una vita arboricola e dunque la capacità di arrampicarsi e di spostarsi fra gli alberi.
La notizia arriva da due nuovi studi del professor Damiano Marchi del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa e del team internazionale che nel 2015 ha annunciato la scoperta questa nuova specie di ominina. Gli scienziati hanno infatti recentemente pubblicato due nuove ricerche su Homo naledi. La prima, coordinata dal professor Marchi, è apparsa sul Journal of Human Evolution e riguarda proprio la biomeccanica del femore.
“Lo studio sulla biomeccanica dell’arto inferiore – spiega il professor Marchi (a destra nella foto) –, il primo mai realizzato sinora, mostra una combinazione di caratteri unica: Homo naledi era infatti una specie impegnata in una locomozione di tipo bipede sul terreno, ma con un pattern di carico dell’arto inferiore diverso da qualsiasi altra specie ominina, il che potrebbe derivare dalla sua particolare anatomia postcraniale.’’
La seconda ricerca, pubblicata sull’American Journal of Physical Anthropology, descrive il nuovo ritrovamento di tre femori nella Camera di Lesedi, una caverna vicina alla Camera di Dinaledi dove sono avvenuti i ritrovamenti principali.
“I resti dell’arto inferiore rinvenuti nella Camera di Lesedi – aggiunge il professor Marchi – sono morfologicamente simili a quelli rinvenuti nella Camera di Dinaledi, con piccole differenze che aumentano la nostra conoscenza sulla variabilità all’interno della specie. Riteniamo che il ritrovamento identifichi due individui di cui uno parzialmente articolato, a differenza dei ritrovamenti della Camera di Dinaledi in cui le ossa non erano in connessione anatomica’’.
Questi due studi costituiscono un importante contributo per aumentare la conoscenza di Homo naledi, la nuova specie di ominino i cui resti sono stati portati alla luce tra il 2013 e il 2014 nel sistema di caverne denominato Rising Star in Sudafrica. Il professor Marchi è stato l’unico italiano a partecipare all’impresa scientifica che ha raccontato nel libro “Il mistero di Homo naledi. Chi era e come viveva il nostro lontano cugino africano” (Mondadori, 2016).