Violate forse alla ricerca di tesori e gioielli o comunque riaperte per cause accidentali, come l’incendio del 1506 che devastò la chiesa che le ospitava. E’ negli insetti il segreto delle sepolture di Ferrante II di Aragona e di altri nobili aragonesi conservate nella Basilica di San Domenico Maggiore di Napoli che un team di paleopatologi ed entomologi dell’Università di Pisa ha studiato per ricostruirne le vicende. La ricerca pubblicata nella rivista internazionale Journal of Medical Entomology ha individuato nei corpi la presenza di alcuni particolari artropodi rivelando così una successiva apertura delle tombe.
“Abbiamo rinvenuto 842 resti di insetti appartenenti agli ordini dei ditteri, coleotteri e lepidotteri – spiega Augusto Loni, entomologo dell’Università di Pisa - Tutti gli esemplari ritrovati appartengono a specie che colonizzano tardivamente i corpi nel corso dei processi di decomposizione. La completa assenza di ditteri calliforidi supporta invece l’ipotesi della conservazione dei corpi in un luogo asciutto e ben riparato assicurato dal fatto che presumibilmente i sarcofagi erano stati sigillati con materiale bituminoso”.
Sarcofaghi della Basilica di San Domenico Maggiore di Napoli
Come confermato dalle analisi, nel Rinascimento le conoscenze delle tecniche di imbalsamazione dei corpi erano avanzate, si trattava di preparazioni sofisticate che si applicavano a persone di elevato rango sociale. Per quanto riguarda questa particolare indagine, i ricercatori hanno esaminato i resti di quattro mummie, due uomini e due donne: re Ferrante II di Aragona re di Napoli (1469–1496), Francesco Ferdinando di Avalos, Marchese del Vasto e Pescara (1530–1571), Giovanna IV di Aragona, regina di Napoli (1479–1518) e Caterina di Moncada, Duchessa di Montalto (-1659).
“Il ritrovamento di frammenti di coleotteri dermestidi e lepidotteri tineidi testimonia un accesso ai corpi avvenuto ad una notevole distanza temporale dalla loro sepoltura - - ha aggiunto Giovanni Benelli entomologo dell’Ateneo pisano – in generale si tratta di uno scenario coerente con l’ipotesi di una nuova apertura, tardiva e prolungata dei sarcofagi, che ha permesso a questi insetti di colonizzare i corpi, compiere il loro ciclo ed abbandonare l’ambiente”.
“Lo studio dei resti entomologici, che inevitabilmente accompagnano i resti umani nei siti archeologici, permette di fare luce sulle vicissitudini che i corpi dei personaggi storici hanno subito nel corso del tempo – conclude Antonio Fornaciari paleopatologo dell’Università di Pisa – e l’incrocio dei dati entomologici con le informazioni storiografiche che riguardano i siti delle loro sepolture può portare a fare luce, confermare o dirimere questioni dibattute.”
Il team interdisciplinare dell’Ateneo pisano che ha condotto lo studio è composto dai paleopatologi Antonio Fornaciari e Valentina Giuffra della Divisione di Paleopatologia del Dipartimento di Ricerca Traslazionale delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia, dagli entomologi Augusto Loni, Angelo Canale e Giovanni Benelli del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari ed Agro-Ambientali, coadiuvati dall’entomologo forense Stefano Vanin (Dipartimento di Scienze della Terra dell'Ambiente e della Vita, Università di Genova).