Dal 1960, i ghiacciai del nostro Pianeta hanno perso più di 9.000 gigatonnellate di ghiaccio, l’equivalente di uno strato spesso 20 centimetri esteso quanto la Spagna, e la previsione è che scompariranno quasi del tutto entro il 2300, con un conseguente e drammatico innalzamento del livello del mare in tutto il globo. E’ questo l’allarmante scenario che emerge da una lettera appello pubblicata a dicembre sulla rivista Nature e firmata da 38 scienziati di tutto il mondo fra cui, unico Italiano, il professor Carlo Baroni, geologo dell’Università di Pisa.
Careser Glacier (Ortles-Cevedale, Alpi Retiche) il 25 luglio 2003 (a sinistra) e l'11 agosto 2019 (a destra); foto di Luca Carturan (Università di Padova)
“Il tasso attuale di fusione dei ghiacciai provocato dal cambiamento climatico atto è senza precedenti – spiega Carlo Baroni - moltissime catene montuose perderanno la maggior parte dei loro ghiacciai entro questo secolo, la fusione attuale è già responsabile dell’innalzamento del livello del mare di quasi 3 centimetri”.
La lettera pubblicata su Nature è stata redatta lo scorso agosto a Zurigo durante il meeting del World Glacier Monitoring Service al quale il professor Baroni ha partecipato in qualità di rappresentante del Comitato Glaciologico Italiano (CGI). Il documento è stato quindi inviato a Patricia Espinosa, segretario esecutivo della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, per favorire il monitoraggio e le ricerche sui ghiacciai quali sensibili sentinelle del clima.
“Vorrei sottolineare – ha concluso Baroni – che la lettera riprende in parte anche gli argomenti della "Carta dell'Adamello" sottoscritta dal nostro Ateneo e firmata la scorsa estate dai Rettori di numerose Università italiane, dal Club Alpino Italiano (CAI) e dal CGI, che impegna le istituzioni aderenti a promuovere la formazione e la ricerca sul cambiamento climatico in atto, a testimonianza del grande impegno degli scienziati su questo tema”.