L’azoto è un fattore di rischio per gli ecosistemi meno dibattuto della CO2, ma altrettanto rilevante. Utilizzato principalmente in agricoltura è infatti tra le principali cause dell’eutrofizzazione, e contribuisce all’inquinamento dell’aria, alla perdita di biodiversità ed alla riduzione dello strato di ozono.
Per ridurre il suo impatto sugli ecosistemi, un pool di scienziati internazionali, a cui ha partecipato il professore Fabio Bartolini dell’Università di Pisa (foto a destra) insieme fra l’altro ad esperti della FAO e della Oxford University, ha stilato per la prima volta delle linee guida per limitarne l’uso nella filiera agroalimentare. Pubblicate sulla rivista Food Nature, queste raccomandazioni sono il frutto di due anni di lavoro e hanno l’obiettivo di focalizzare l’attenzione dei decisori politici sull’inquinamento da azoto come fattore complessivo.
“Tutta la filiera agro-alimentare è responsabile direttamente o indirettamente dell’inquinamento di azoto, il problema non riguarda solo le aziende agricole – spiega Fabio Bartolini - le nostre raccomandazioni cercano di comprendere i possibili interventi che si possono applicare su tutta la filiera, dalla produzione sino alla tavola, compresa la gestione degli sprechi”.
Per diminuire l’impatto dell’azoto gli scienziati hanno individuato 46 strumenti tra misure dirette e indirette. Si va ad esempio da forme di incentivazione fiscale per le tecnologie di conservazione del cibo (l’azoto è un fattore utilizzato anche in questa fase del ciclo di vita dei prodotti) sino all’introduzione sistemi di etichettatura che rendicontano sull’utilizzo dell’azoto.
“Gli strumenti applicabili alle varie fasi della filiera – conclude Bartolini – sono moltissimi e del resto la gestione di problemi così complessi è possibile solo applicando coerenti mix di politiche e coinvolgendo i diversi attori del sistema agro-alimentare”.