Caro Direttore,
l’Università di Pisa ha una gran voglia di ripartire ed è pronta a farlo ma, in un momento di grande disorientamento e di profonda incertezza anche economica per i nostri studenti e per le loro famiglie, trovo irresponsabile e ingannevole lanciarsi in dichiarazioni in cui si afferma: “tutti in aula” da subito, senza spiegare come.
Il perché di questa mia affermazione sta nei numeri.
Il nostro Ateneo dispone di circa 25.000 posti-aula per la didattica in presenza, inclusi i laboratori, dislocati nei vari poli didattici e nei Dipartimenti. Le regole sul distanziamento interpersonale (distanza di 1 metro) portano ad una riduzione media dei posti di circa l’80% (percentuale che aumenta o diminuisce leggermente a seconda del tipo di aula o laboratorio). Dunque, ad oggi i posti utilizzabili – chiamiamoli posti-Covid per intenderci – sono 5.000. Per far ripartire tutto e subito servirebbero altri 20.000 posti-Covid, ovvero 100.000 posti-aula.
Una soluzione, ci dicono, potrebbe essere quella di “sfruttare” per la didattica gli altri spazi cittadini e non sono mancate le istituzioni pisane che, generosamente, ce li hanno offerti: Unione Industriali, Camera di Commercio, Vice Sindaco del Comune di Pisa, che colgo l’occasione per ringraziare. Nella migliore delle ipotesi, però, ci permetterebbero di mettere insieme solo qualche centinaio di posti aula in più.
In molti ci suggeriscono di fare lezione anche il sabato, cosa che peraltro già avviene in molti corsi di laurea del nostro Ateneo, o nelle ore serali, ma anche questo non porterebbe a miglioramenti significativi della situazione complessiva.
Senza contare che, nella stragrande maggioranza dei casi, le classi, soprattutto quelle più numerose dei primi anni di corso, devono essere suddivise in gruppi, con la necessità di replicare le lezioni in aula e dunque di reclutare nuovi docenti o chiedere a quelli in servizio di raddoppiare il proprio carico didattico, già molto oneroso, sacrificando le altre attività a cui ogni docente è tenuto, la ricerca in primis.
Dunque, non prendiamoci in giro e soprattutto non prendiamo in giro gli studenti e le loro famiglie: tutto e subito non è realizzabile, finché le regole sul distanziamento saranno in vigore.
Che fare allora? Uno scenario possibile, non potendo quintuplicare i posti aula, potrebbe essere quello di prevedere una turnazione nell’accesso. Ciascuno studente segue in aula solo una quota parte dell’intero corso di studio: mediamente una/due settimane sulle 12 di cui è composto un semestre, mentre le altre undici/dieci dovrà seguirle a distanza.
A parte il legittimo dubbio sull’efficacia formativa di questa didattica in presenza “mordi e fuggi”, mi chiedo: in base a quale criterio stabiliamo i periodi di lezione in aula per ciascuno studente? Iniziale del cognome? Avere casa a Pisa o dintorni? Colore degli occhi? Arbitrio allo stato puro e discriminazione inaccettabile: perché lo studente il cui cognome inizia con la P deve andare in aula a novembre, nel pieno del picco influenzale, e lo studente il cui cognome inizia con la A ha il suo spicchio di accesso in aula a settembre, in condizioni che al momento immaginiamo più rassicuranti?
Perché il genitore di un neo-diplomato fuori sede dovrebbe decidere di immatricolare la figlia o il figlio all’Università di Pisa, sostenendo spese ingenti per affitto e quant’altro, pur sapendo che la ragazza o il ragazzo frequenterà le aule solo per una frazione risibile del semestre?
È per tutti questi motivi che il Senato Accademico e il Consiglio di Amministrazione dell’Università di Pisa, a mio avviso con grande senso di responsabilità, hanno preso la difficile decisione di consentire, per il primo semestre dell’anno accademico 2020/21, la riapertura in presenza solo delle lauree con un numero limitato di iscritti (fino a 50 per anno). Allo stesso modo, si svolgeranno in presenza anche tutti i laboratori e tutte le attività pratiche per gli anni successivi al primo. Per questi siamo infatti in grado di assicurare l’erogazione in sicurezza. L’indicazione è stata, poi, quella di spostare il più possibile in avanti nel tempo le attività pratiche e di laboratorio del primo anno, in modo da non perdere la ricchezza formativa dei laboratori in presenza.
Insomma, abbiamo voluto agire con serietà: garantiamo condizioni di sicurezza a chi segue in presenza una didattica degna di tale nome e non “mordi e fuggi”; e garantiamo a tutti una didattica online di qualità e non come “surrogato” di una didattica in presenza a singhiozzo.
Il corpo docente è al lavoro per provvedere a tale riorganizzazione, in modo che nulla della qualità e dell’eccellenza della didattica dell’Università di Pisa vada perduto, con l’auspicio che si possa tornare alla normalità il prima possibile.