Mantenere costanti le basse temperature e rilevare possibili interruzioni della catena del freddo sono operazioni essenziali nel settore alimentare o farmaceutico e, nei giorni della messa a punta di un primo vaccino anti Covid-19, che deve essere conservato e trasportato a una temperatura di 70 gradi sotto zero, la questione è al centro dell’attenzione. Da una ricerca pubblicata sulla rivista Nature Communications, coordinata da ricercatori dell’Università di Pisa e dell’Istituto nanoscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Nano) in collaborazione con Scuola Normale Superiore e Istituto per i Processi chimico-fisici (Cnr-Ipcf), arriva una possibile risposta a questa problematica: i ricercatori hanno sviluppato dei nuovi nanomateriali con proprietà termiche che possono essere programmate usando la luce. Un risultato che aiuterebbe a progettare etichette intelligenti per il monitoraggio della temperatura.
Lo studio si intitola “Intelligent non-colorimetric indicators for the perishable supply chain by non-wovens with photo programmed thermal response” e i principali autori sono Dario Pisignano, docente del Dipartimento di Fisica dell’Università di Pisa, e Luana Persano, ricercatrice di Cnr-Nano presso il Laboratorio NEST della Scuola Normale Superiore. L’Università di Pisa ha partecipato anche con il Dipartimento di Ingegneria civile e industriale, dove sono state effettuate le caratterizzazioni delle proprietà termiche dei nuovi materiali sviluppati nell’ambito della ricerca.
Immagine al microscopio elettronico delle nanofibre. Sono visibili due zone 'programmate' in modo diverso e poi esposte a temperature elevate. In una zona le nanofibre sono rimaste intatte, nell’altra si sono sciolte formando una pellicola uniforme.
“Le nanofibre polimeriche ottenute con la nostra ricerca hanno proprietà termiche che sono programmabili per via ottica – spiega Dario Pisignano - ovvero è possibile con un semplice irraggiamento con luce ultravioletta, impostare a quale temperatura la matassa di nanofibre inizia a cambiare struttura. Ciò consente una grande versatilità degli ambiti di applicazione, calibrando la risposta del dispositivo al prodotto di cui si vuole monitorare la storia termica. I composti organici alla base delle nanofibre sono molecole comunemente impiegate nei processi litografici, tipicamente impiegati dall’industria elettronica, e l’irraggiamento con radiazione nel vicino ultravioletto consente di variarne le temperature di transizioni in modo molto preciso”.
Le proprietà interessanti delle nanofibre non finiscono qui: “Superfici ricoperte di nanofibre sono normalmente opache – aggiunge Luana Persano di Cnr-Nano – ma se le nanofibre vengono portate al di sopra della temperatura di transizione programmata la loro struttura filiforme si scioglie, e le superfici diventano trasparenti. Sfruttando questo meccanismo abbiamo realizzato un sensore di facile lettura in cui appare una scritta leggibile a segnalare che è stata superata una determinata temperatura e che il prodotto su cui è applicato è mal conservato”.
Questa tecnologia potrebbe dimostrarsi vincente per monitorare la conservazione di prodotti deperibili - medicinali o alimentari - e segnalare interruzioni della catena del freddo o esposizioni a temperature inappropriate. Per questi motivi, è essenziale avere a disposizione dei dispositivi efficaci, a basso costo e accessibili a tutti, che possano indicare con chiarezza quando un prodotto, nel corso dei processi di trasporto e conservazione, è andato incontro a temperature troppo elevate. "I prototipi che abbiamo realizzato con le nanofibre programmabili otticamente sono economici, flessibili e leggeri, compatibili con tecniche di incapsulamento, inoltre le nanofibre si ottengono da una tecnologia, l’elettrofilatura, già scalabile e con costi di produzione molto bassi", sottolineano i ricercatori.