I fiori selvatici e la biodiversità dei nostri panorami sono a rischio perché la diminuzione degli insetti impollinatori provoca un calo dal 20 al 50 per cento dei semi prodotti. E’ questo quanto emerge da uno studio condotto all’Università di Pisa e appena pubblicato sulla rivista Acta Oecologica. I ricercatori definiscono questo fenomeno come “depressione da consanguineità”. In altre parole le piante e i fiori selvatici “malsopportano” il proprio polline e per produrre semi prediligono invece quello proveniente da altri fiori della spessa specie portato appunto dagli insetti impollinatori come api, bombi o farfalle.
“I risultati hanno evidenziato che alcune specie soffrono marcatamente già dopo una prima generazione della mancata impollinazione da parte degli insetti pronubi – spiega Stefano Benvenuti docente del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali - Questo vale in particolare per quei fiori che nell’evoluzione hanno consolidato stretti rapporti mutualisti “specializzati” e di reciproca dipendenza con determinati impollinatori, conformando la propria corolla alla forma ed alle dimensioni di certi impollinatori”.
La ricerca condotta ha richiesto dieci anni di studi preliminari (osservazioni su flora ed impollinatori, raccolta semi, ecologia di germinazione delle specie raccolte) e due anni di sperimentazione effettiva.
“L’eccesso di antropizzazione, unitamente ai cambiamenti climatici in corso - conclude Stefano Benvenuti - penalizzano proprio quei fiori selvatici che sono i principali attori nel determinare l’impatto estetico-paesaggistico degli ambienti rurali. Fiori come speronella, fiordaliso, gittaione, garofanino selvatico o e nigella svolgono una “silenziosa terapia del benessere” mediante i proprio sgargianti colori durante le rispettive dinamiche di fioritura. La progressiva antropizzazione del territorio che priva di spazi ecologici gli impollinatori, unitamente a una gestione agronomica estremamente “semplificata”, rischiano di determinare una sorta di progressivo “abbruttimento” dei paesaggi rurali rendendoli sempre più poveri di quella componente cromatica che noi percepiamo come ‘bellezza’”.