L’Ateneo ricorda Luigi Blasucci, tra i più importanti studiosi di letteratura italiana, autore di saggi fondamentali su Leopardi, Dante, Ariosto, Montale. Scomparso a Pisa il 29 ottobre 2021 all’età di 97 anni, Blasucci era stato studente dell’Università di Pisa come allievo della Scuola Normale. Dopo la laurea, in Ateneo ha ricoperto la cattedra di Lingua e letteratura italiana nella Facoltà di Lingue dal 1966 al 1975 e di Letteratura italiana nella Facoltà di Lettere dal 1968 al 1982. Dal 1983 al 1996 ha insegnato Letteratura italiana alla Scuola Normale Superiore, di cui era professore emerito dal 1999.
Di seguito il ricordo della professoressa Carla Benedetti, ordinario di Letteratura italiana contemporanea del Dipartimanto di Filologia, Letteratura e Linguistica del nostro Ateneo.
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Luigi Blasucci, Gino per gli amici, è venuto a mancare venerdì scorso all’età di 97 anni. Per il mondo della cultura, per la nostra università, dove ha insegnato Letteratura italiana dal 1966 al 1982, per la Scuola Normale dove fu poi chiamato a ricoprire la cattedra che fu di Gianfranco Contini, per molti colleghi, alcuni dei quali sono stati suoi allievi, e per tutti coloro che hanno avuto la fortuna di frequentarlo, di godere della sua conversazione e della sua amicizia, è un grande lutto.
Blasucci non è stato solamente un grande studioso della tradizione poetica italiana (Dante, Ariosto, Leopardi e Montale sono gli autori da lui più studiati e più amati), ma anche un incomparabile maestro che con la sua originalità di approccio ha lasciato un segno profondo in studenti e allievi di diverse generazioni. Anche quando non si era più studenti, la sua competenza, il suo intuito e la sua franchezza ci facevano spesso ricorrere a lui per consigli e persino per giudizi sui nostri lavori.
Aveva del grande studioso di letteratura la sensibilità testuale, il fiuto, il rigore filologico, l’acume critico, per nulla invece la pesantezza accademica. Le sue lezioni e le sue conferenze affascinavano, riuscivano a dare a chi lo ascoltava il piacere della scoperta, lo stesso piacere che doveva aver provato lui stesso nel farla. Credo che non vi sia un altro studioso meno ripetitivo di lui: ogni suo saggio, ogni sua pagina è sobria, densa, chiara, originale e sempre necessaria. Odiava le fumoserie e le variazioni infinite. Aveva il dono sia dell’esploratore che osserva da vicino territori che si credono erroneamente già tutti noti, sia quello della sintesi lapidaria, memorabile, raggiungibile solo in volo. Ricordo una sua osservazione sulle due figure centrali dell’Ottocento italiano: “Manzoni, a differenza di Leopardi, se ne infischia degli spazi interstellari. Per lui, e per i credenti come lui, tutta la realtà si riduce all’anima, al rapporto di questa con Dio. Si direbbe che le cascate del Niagara per lui non abbiano senso: laddove Leopardi rimaneva in prima istanza affascinato da cose del genere…”
Nove anni fa, in un’intervista, esordì così: “Parlo volentieri degli argomenti su cui posso avere da dire qualcosa, ma vorrei evitare l’aspetto ‘promozionale’ dell’intervista. Non ritengo di essere così interessante che chi legge debba preoccuparsi di me, della mia formazione e cose simili”. Così, nel rispetto della sua sobrietà, ecco una sua breve scheda biobibliografica.
Dalla Puglia, dove era nato, arrivò a Pisa appena finito il liceo come allievo della Scuola normale. Qui ebbe come professori Luigi Russo, Mario Fubini e il giovane Gianfranco Contini. Ha insegnato per diversi anni nei Licei di Volterra, San Miniato e Pisa prima di arrivare all’insegnamento universitario. Ricordava spesso quell’esperienza pedagogica nella scuola come un momento felice e esaltante. I suoi studenti, ormai anziani, ancora lo ricordano e lo hanno festeggiato in diverse occasioni. È stato membro del comitato scientifico del Centro Nazionale di Studi Leopardiani di Recanati fin dalla sua costituzione. Tra i suoi libri Letture e saggi danteschi (2014), Sulla struttura metrica del “Furioso” e altri studi ariosteschi (2014), Leopardi e i segnali dell’infinito (1985), I tempi dei «Canti». Nuovi studi leopardiani (1996), Gli oggetti di Montale (2002), La svolta dell’idillio e altre pagine leopardiane (2017). Nel 2014, gli è stato conferito a Torre del Greco il Premio Nazionale “La Ginestra”, per i suoi contributi imprescindibili nell’ambito degli studi leopardiani degli ultimi cinquant’anni. L’ultimo suo lavoro, molto atteso, è il commento ai Canti di Leopardi, di cui è uscito il primo volume nel 2019 nella collana della Fondazione Bembo, presso l’editore Guanda. Il secondo e ultimo volume uscirà a breve, purtroppo postumo.
Carla Benedetti