Walter Ambrosini, docente di impianti nucleari al DICI, fa chiarezza sulle conseguenze del bombardamento della centrale nucleare di Zaporižžja, in Ucraina, ora caduta sotto il controllo russo: “non ci sono elementi di criticità, e anche i livelli di radioattività sono nella norma. preoccupiamoci del disastro della guerra”.
L’attacco alla centrale nucleare di Zaporižžja, in Ucraina, sta provocando diverse reazioni da parte dei media e della popolazione. Nonostante questo, al momento non ci sono preoccupazioni particolari rispetto alla sicurezza dell’impianto. Pubblichiamo alcuni chiarimenti sul tema di Walter Ambrosini, uno dei maggiori esperti nazionali sugli impianti nucleari, di recente intervistato sul tema da diverse testate locali e nazionali, e attivamente impegnato da anni in una divulgazione delle potenzialità delle tecnologie per il nucleare.
1. I bombardamenti nella la centrale nucleare di Zaporižžja, ora caduta sotto il controllo russo, hanno provocato un incendio in una parte dell’impianto. che conseguenza ha questo?
Credo che la migliore descrizione di ciò che è avvenuto alla centrale ucraina sia stata data, non insospettabilmente, da Rafael Mariano Grossi, DG della IAEA, nella conferenza stampa di venerdì 4 marzo: è ovvio che le centrali nucleari, come qualunque infrastruttura rilevante (ponti, strade, aeroporti), possono essere obiettivi in tempo di guerra, per vari motivi legati alle strategie di conquista, ma in questo caso ad essere colpito è stato un edificio di poca rilevanza per la sicurezza, collocato a centinaia di metri di distanza dai reattori.
La IAEA al sito Update 12 – IAEA Director General Statement on Situation in Ukraine | IAEA fa un resoconto dettagliato della situazione aggiornato a Sabato 5 Marzo. Immagino che nei prossimi giorni vi saranno ulteriori aggiornamenti. La situazione appare completamente sotto controllo con due unità su sei funzionanti. Una preoccupazione sembra essere la programmazione dei turni di lavoro in centrale in questa situazione di guerra. Sapremo di più nei prossimi giorni ma, al momento, non mi pare ci sia nulla da segnalare.
2. Come sono gli attuali livelli di radioattività?
Il resoconto al sito di cui sopra riporta testualmente “radiation levels remained normal at Ukraine’s largest nuclear power plant”. Nulla di anormale da segnalare.
3. È vero che i reattori sono dello stesso tipo di quello di Chernobyl?
Come si può verificare al sito del sistema PRIS della IAEA, PRIS – Country Details (iaea.org) IAEA, PRIS – Country Details (iaea.org), i reattori sono di tipo PWR, VVER in particolare, radicalmente diversi dagli RBMK di Chernobyl. La loro struttura è molto simile a quella dei reattori di tipo occidentale ad acqua leggera più diffusi nel mondo, per cui, per esempio, non è possibile alcun incendio della grafite (che non c’è). Peraltro, anche le conseguenze dell’incidente di Chernobyl, pur gravissimo ed evitabile, sono state amplificate rispetto alla realtà che ne è restata nell’immaginario collettivo.
Aggiungo che raggiungere parti vitali dell’impianto dall’esterno non è semplice, per la struttura e la robustezza degli impianti. Salvo nuove notizie, quindi, la vicenda sembra si sia conclusa con il reattore in condizioni di sicurezza. Dalla descrizione dei fatti, parrebbe non ci sia stato mai un vero pericolo, visto che l’attacco e l’incendio non hanno coinvolto i reattori.
Ovviamente, nulla può resistere a qualunque azione di persone con cattive intenzioni, per cui è necessario vigilare che a nessuno vengano in mente cose strane, e fa bene il DG della IAEA a volersi recare di persona a vedere cosa succede, se gli verrà permesso.
4. È vero che le misure di sicurezza sono obsolete perché i reattori sono di epoca sovietica? la centrale può esplodere?
Nessuna centrale al mondo può “esplodere” se si intende con questo un’esplosione nucleare. Le esplosioni viste a Fukushima, restate nell’immaginario collettive, sono state esplosioni chimiche dovute all’idrogeno formatosi durante la degradazione del nocciolo. I reattori nucleari hanno feedback che ne limitano le escursioni di potenza. A Chernobyl vi fu una escursione di potenza, ma il rilascio di energia, per quanto elevato, non si può paragonare a quello di esplosioni nucleari. Su questo è bene tranquillizzare chi non conosce la tecnologia nucleare.
L’unico pericolo legato ad incidenti che portino al danneggiamento del nocciolo è l’eventuale fuoriuscita di radioattività. A Fukushima, con reattori ad acqua leggera del tipo ad acqua bollente, sebbene siano state coinvolte ben tre unità di reattore, i rilasci sono stati un ordine di grandezza inferiori a quelli di Chernobyl e l’impatto radiologico dell’incidente di Fukushima è considerato molto basso se non irrisorio (si veda il sito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità Radiation: Health consequences of the Fukushima nuclear accident (who.int) ). I reattori VVER sono stati oggetto di attente verifiche nell’ambito di progetti internazionali; non mi sentirei di dire che si possano additare criticità specifiche, nonostante la loro progettazione sia stata inizialmente fatta oltre la cortina di ferro. La Russia è un peraltro un attivo costruttore di impianti nucleari in vari paesi del mondo.
5. può quindi succedere uno scenario “stile Chernobyl”?
L’esagerazione che circola in rete e sui giornali circa lo scenario di un disastro planetario è certamente una proiezione veramente catastrofista. Nemmeno Chernobyl è stato un disastro planetario e non si vede perché l’eventuale coinvolgimento di più unità debba essere considerato un apocalittico aggravamento della situazione. Come dicevo, a Fukushima, con tre unità di reattore messe in crisi da un terremoto apocalittico e da uno tsunami eccezionale, i rilasci sono stati decisamente molto più limitati rispetto a quelli di Chernobyl (circa un decimo). La “narrazione” che circola e che, indebitamente, mi è stata attribuita da un giornale locale (al quale ho chiesto una smentita) è un’assoluta esagerazione che in tempo di guerra sembra fatta apposta per preoccupare più di quanto si debba. Le preoccupazioni della IAEA, che è l’ente che ha i dati più certi per esprimere giudizi al riguardo, mi sembrano su questo punto rivolte più ad assicurare una gestione continua e senza perturbazioni degli impianti che non a voler scongiurare ipotetici scenari incidentali. La guerra non è un buon ambiente per nessuna tecnologia, ma eviterei allarmismi quanto facili sottovalutazioni della situazione.
6. c’è la possibilità quindi di una contaminazione radioattiva che possa raggiungere l’Italia?
I materiali radioattivi possono essere riconosciuti a grande distanza per la loro “firma” in termini di particelle prodotte anche nel caso in cui arrivino in tracce di nessun conto dal punto di vista dell’impatto sulla salute. Questo contraddistingue gli incidenti nucleari con rilascio di materiale radioattivo da ogni altro incidente: nessuno riconoscerà un atomo di cloro non radioattivo sversato dall’altra parte del mondo, perché esso è simile a tutti gli altri già presenti in qualunque luogo. Ma non si deve dare l’impressione che la gravità dei rilasci di materiali radioattivi sia necessariamente maggiore rispetto a sversamenti di altri materiali nocivi che avvengono anche quotidianamente. Secondo la Commissione Europea (si veda ad esempio la Comunicazione “A Clean Planet for All” del novembre 2018) ogni anno muore circa mezzo milione di persone nell’Unione Europea per cattiva qualità dell’aria dovuta a vari fattori, tra cui l’uso di combustibili fossili in campo energetico. A fronte di un dato di questo genere anche le valutazioni più pessimistiche sulle conseguenze di Chernobyl, localizzate principalmente nell’ex-Unione Sovietica e minime al di fuori di essa, impallidiscono. Ciò che può raggiungere l’Italia in caso di un incidente, quindi, rappresenta una frazione che ci si attende irrisoria di quanto potrebbe venire rilasciato in un incidente ad un impianto nucleare in Ucraina, come già visto con Chernobyl.
In ogni caso non si può parlare di possibile disastro planetario, perché i problemi del pianeta sono ben altri da quelli che può creare la radioattività di un impianto nucleare, tra cui il riscaldamento globale, secondo quanto sottolinea quotidianamente l’IPCC. Insomma, non facciamo del nucleare uno spauracchio perché abbiamo ben altri problemi.- Indubbiamente, il vaso di Pandora dell’energia nucleare per scopi militari e pacifici è stato aperto: sta a noi indirizzare l’utilizzo di questa forma di energia a fin di bene (ad esempio per la decarbonizzazione del settore energetico).