«Non devi dimenticarti di te stesso»; «Mi dedicherò a me stesso quanto più potrò, e raccoglierò i frammenti sparsi della mia anima»: sembrano le battute conclusive di una lunga e sofferta seduta di psicoterapia, i consigli dell’analista e i propositi di un paziente che prova, con fatica, a rimettere insieme i pezzi del proprio Io. Si tratta invece di un dialogo in latino scritto a metà del ‘300, una conversazione immaginaria tra Sant’Agostino, il filosofo cristiano de Le Confessioni, la prima autobiografia della storia, e l’alter ego dell’autore, Francesco Petrarca.
Che scrive questo dialogo, intitolato Secretum - il “suo segreto”-, come un diario negli anni della tremenda epidemia della peste nera. Quell’epidemia gli porterà via Laura, l’amore di sempre. Quell’epidemia lo porterà a riscrivere completamente la sua vita e la sua opera. Da quell’epidemia nascerà il Canzoniere, il titolo che per primo si associa al nome di Petrarca, colonna della nostra letteratura e dei nostri programmi scolastici ma senza la notorietà del più anziano Dante.
Il Petrarca, ingombrante oggetto di studio per liceali già pronti a dimenticarlo. Strano, a ben vedere, perché il poeta di Laura è probabilmente il più “moderno” e rivoluzionario tra i suoi contemporanei: è lui il primo a costruire un’intera opera letteraria attorno al proprio Io, lui il primo a raccontare la propria interiorità in tutte le sue contraddizioni e debolezze, paure e desideri, sofferenze e speranze; è lui il primo a raccontare in prima persona quanto sia complesso l’animo umano, quanto sia difficile vivere cercando di sentirsi in sintonia con se stessi. Lui, il Petrarca, che mette insieme i pezzi della sua storia nelle poesie del Canzoniere, il cui titolo originale, Frammenti in volgare, sembra richiamare quei “frammenti dell’anima” che si proponeva di raccogliere e riunire mentre un’epidemia implacabile sembrava divorare il mondo attorno a lui.
Questo “nuovo” Francesco Petrarca veniva fuori nel 1992, trent’anni fa, da un saggio illuminante intitolato proprio I frammenti dell’anima. L’autore, Marco Santagata, tra i più importanti critici e divulgatori letterari del nostro tempo, è scomparso un anno fa. L’Università di Pisa, dove per un trentennio ha insegnato letteratura italiana, sceglie di ricordarlo attraverso un grande convegno internazionale dedicato proprio al capolavoro di Francesco Petrarca, il “suo” poeta. Sceglie di ricordarlo riunendo i più importanti studiosi dell’opera petrarchesca per mostrare quanto quel saggio, I frammenti dell’anima, sia stato fondamentale per ridefinire il ritratto di Petrarca, mettendo a nudo un autore lontano nel tempo ma vicinissimo nella sincerità e complessità psicologiche che animano la sua poesia. L’evento, dal titolo significativo Fragmenta recollecta, “i frammenti raccolti”, si svolgerà a Pisa, presso lo splendido auditorium di Palazzo Blu, dal 12 al 14 maggio. Giungeranno studiosi da ogni parte del mondo a portare ciascuno un frammento del “proprio” Petrarca, a parlare d’amore e senso di colpa, sofferenza esistenziale e rinascita. Ma non sarà solo questo: l’evento vedrà anche momenti d’arte, come le letture attoriali dal Canzoniere ad opera di Mario Pirovano, allievo ed erede artistico di Dario Fo, o l’ascolto del pluripremiato corto d’opera L’aurea d’amore, ispirato alla storia immortale di Petrarca e Laura. Si cercherà di ridare la meritata notorietà a un autore che può parlare ai lettori di oggi e mostrarsi simile a loro, incerto e fragile, ansioso e affamato di serenità. Un autore che ha vissuto anni tempestosi come i nostri e che può insegnarci tanto, anche la bellezza che nasce dal dolore. Chiunque abbia scritto poesia dopo Petrarca, fino ai nostri giorni, ha sempre dovuto fare i conti con Petrarca: è tempo per tutti di riscoprirlo