Su Nature Medicine è appena stato pubblicato l’articolo 'RNF43 mutations predict response to anti-BRAF/EGFR combinatory therapies in BRAFV600E metastatic colorectal cancer', frutto della neonata collaborazione scientifica, nella ricerca traslazionale sul carcinoma colorettale, tra il gruppo di ricerca di oncologi dell’Aoup guidato dalla professoressa Chiara Cremolini, direttrice della Scuola specializzazione in Oncologia medica dell’Università di Pisa, (foto) e il Vall d’Hebron University Hospital di Barcellona.
Lo studio si concentra su un sottogruppo di pazienti affetti da carcinoma colorettale metastatico, che presentano una specifica mutazione, denominata V600E, a carico di un gene chiave per la crescita tumorale, denominato BRAF. Questa mutazione conferisce elevata aggressività al tumore, rendendolo particolarmente resistente ai comuni trattamenti. Negli ultimi anni, tuttavia, grazie agli avanzamenti della medicina di precisione, è stato possibile trasformare questo punto di forza del tumore in un suo tallone d’Achille, attraverso lo sviluppo di farmaci mirati ed il loro opportuno utilizzo. La combinazione di encorafenib e cetuximab, capaci rispettivamente di inibire BRAF e un recettore a monte, EGFR, è divenuta oggi lo standard terapeutico per pazienti con carcinoma colorettale metastatico BRAF mutato che abbiano ricevuto almeno una linea di terapie convenzionali.
Non sfugge tuttavia come la risposta clinica che si osserva alla somministrazione di questi farmaci sia estremamente eterogenea, rendendo necessaria l’identificazione di fattori predittivi di risposta che possano nel futuro ottimizzare e personalizzare ulteriormente le scelte terapeutiche.
In questo lavoro, è stato mostrato come la mutazione di RNF43, che si trova in oltre la metà dei tumori BRAF mutati, si associ a maggior beneficio dal trattamento con encorafenib e cetuximab, aprendo la strada non solo a valutare l’utilizzo ancor più precoce di questa arma nei pazienti con più possibilità di trarne beneficio, ma lasciando intuire anche spazi applicativi per strategie di combinazione che sfruttino l’interazione tra BRAF e la via di Wnt (modalità di trasduzione, mediata da proteine, del segnale biologico intracellulare), deregolata in molte neoplasie, come nuovo bersaglio terapeutico.
La collaborazione con i colleghi spagnoli è risultata particolarmente fruttuosa in quanto le casistiche raccolte a livello nazionale avrebbero consentito di ottenere valutazioni preliminari ma non la loro validazione indipendente, che conferisce robustezza metodologica e affidabilità clinica ai dati prodotti. In Italia, oltre all’Aoup, sono stati coinvolti l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e l’Istituto Oncologico Veneto di Padova.