A scuola le dissero che una donna non poteva fare l'enologa. Siciliana di nascita e toscana d’adozione, Vincenza Folgheretti si è laureata nel 2008 in Viticoltura ed Enologia, e da allora non ha mai smesso di lavorare in questo campo con passione, entusiasmo e caparbietà. Dopo due master e tanta esperienza in importanti aziende del settore che l’hanno portata fino alla Nuova Zelanda, oggi è una professionista a tutto campo: vice-delegata delle Donne del Vino della Toscana e vicepresidente di Assoenologi Toscana, fa parte di numerose commissioni di degustazione per doc/docg toscane ed è giudice di vari concorsi enologici. Oltre al lavoro di consulenza per le aziende, è anche titolare di Le Falene, azienda vitivinicola in Toscana. Vincenza è una delle protagoniste di "Vox Alumni", il podcast di Alumni che racconta le storie di laureate e laureati dell'Università di Pisa.
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Ciao Vincenza, partiamo dall’inizio: da dove nasce la tua passione per l’enologia e perché hai scelto Pisa per formarti in questo settore?
Diciamo che prima è nata la sfida e dopo la passione. Provengo da una famiglia dove il vino non era mai stato prodotto, non sapevo neanche cosa fosse l’enologia. Mi sono diplomata all’Istituto di Agraria e quando mi sono ritrovata alla fine del mio percorso di studi a decidere il mio futuro universitario chiesi ad uno dei docenti cosa ne pensasse del mondo enologico e quali potevano essere gli sbocchi per il futuro. La sua risposta è stata “É un mondo che da tantissimi soddisfazioni, sotto tutti i punti di vista…peccato però che sei una donna”. Ricordo che sono uscita da quell’aula con la testa piena di pensieri e mentre camminavo dicevo “Ok, io diventerò un enologa!”. Da li poi è nata quella che oggi è la mia più grande passione. Ho scelto poi Pisa per due grandi motivi, uno perché è in Toscana e la Toscana insieme al Piemonte sono le due regioni, per eccellenza, dei grandi vini rossi, e poi perché a me piaceva Pisa. C’ero stata da piccola e mi era rimasta nel cuore.
Dopo la laurea nel 2008 hai frequentato due master a Pisa e lavorato in varie realtà grandi e piccole in Italia e all’estero. Quali sono le competenze più importanti che queste esperienze ti hanno lasciato?
Dopo la laurea ho seguito un master sulla gestione dell’alta qualità della filiera vitivinicola, dove ho affrontato l’argomento in modo più ampio e non soltanto dal punto di vista tecnico in senso stretto, e poi un altro master su bilancio e amministrazione aziendale, che per me all’epoca era l’anello mancante di tutto il percorso. Avere la consapevolezza e la conoscenza di come funziona un’azienda anche dal punto di vista di gestione e amministrazione aziendale, nonché finanziaria, è assolutamente importante in sede di riunione quando si parla di bilanci, investimenti e gestione, per impostare strategie e progetti di sviluppo futuri per l’azienda. Le mie esperienze lavorative mi hanno lasciato davvero tanto. Io non avevo mai messo piede in una cantina prima di iniziare l’università. Una cosa che dico sempre ai giovani, abbiate l’umiltà di ascoltare tutti e fare tesoro di quello che vi dicono. La preparazione accademica porta ad avere un’importante valore aggiunto, ma dobbiamo tutti partire dalle basi per diventare grandi, sotto tutti i punti di vista.
Oggi collabori ancora con Unipi per la formazione professionale degli studenti. Raccontaci qualcosa di questa esperienza.
Per me ritrovarmi dall’altra parte della cattedra è sicuramente un’esperienza unica. Quando ero all’università guardavo ammirata questi grandi professioni che venivano a farci lezione e raccontarci la loro esperienza. Il mio obbiettivo quando sono di fronte a questi ragazzi non è insegnargli la chimica o a fare il vino in senso stretto, perché per quello c’è l’Università e i docenti sono molto più bravi e preparati di me a fare queste cose. Il mio compito è quello di far capire loro che nulla è scontato, e a volte è necessario pensare fuori dagli schemi. Lavoriamo in un settore dove il nostro più grande nemico/alleato è la natura, non dobbiamo farle la guerra, ma capirla, interpretarla e tradurla.
Cosa significa essere una “donna del vino” oggi?
Il mondo del vino è strettamente dominato da uomini ed essere donna non è semplice, anche se posso apertamente dire che le cose negli ultimi anni sono cambiate: non esiste più quell’enorme gap che ho incontrato io formandomi. Di strada da fare ce n’è veramente tanta, ma siamo su quella giusta. Uomini e donne hanno modi di agire e pensare completamente diversi per motivi storici e ancestrali, per non parlare della sensibilità sensoriale. Una collaborazione e cooperazione tra uomo e donna all’interno di un’azienda, se entrambi lavorano per raggiungere un unico obiettivo, permette di creare la squadra vincente, perché entrambi mettono insieme i loro punti di forza per un unico risultato.
Quello nel campo dell’enologia è un lavoro sicuramente complesso e variegato: qual è una tua giornata tipo?
Beh, premetto che sono anche mamma di un bimbo di 3 anni, con tutto quello che può significare. Quando è nato mio figlio mi è stato detto “Beh, adesso che sei mamma non penserai di certo di continuare a fare quello che facevi prima?”. Io viaggiavo e viaggiavo tantissimo, ero spesso fuori per lavoro. La mia risposta è stata “è vero, non posso più fare più quello che facevo prima…perché faccio molto di più, faccio anche la mamma!”. La mia giornata tipo generalmente comincia con il mio bimbo, prepararlo, portarlo all’asilo e poi si parte con il lavoro. A volte sono vicino casa, altre volte anche in altre regioni, per cui passo veramente tantissime ore in machina, che spesso vengono riempite con telefonate di lavoro, a volte anche delle piccole riunioni se vogliamo. Poi ovviamente il lavoro vero e proprio è nelle aziende, dove a seconda del periodo ci si concentra su aspetti specifici. Per intenderci: siamo in vendemmia, già a partire da agosto si parte con la degustazione delle uve per capirne le maturazioni, quando poi queste vengono vendemmiate si assaggiano i mosti, vengono date le indicazioni all’azienda verso quale direzione andare in funzione all’obiettivo enologico prefissato. Un vino giovane verrà lavorato in un determinato modo, un vino che andrà in affinamento farà un’altra strada, così come bianchi, rosati e basi spumante.
Grazie per il tempo che ci hai dedicato. Chiudiamo con la domanda di rito: se potessi tornare indietro nel tempo a quando eri una studentessa, quale consiglio ti daresti?
Quello che mi sono sempre data, non arrendersi mai. Nessuno nel mondo del lavoro regala niente e spesso ci ritroviamo sconfortati, non ci sentiamo all’altezza, vediamo magari gli altri arrivare e noi no. Io mi sono sempre detta: io ci voglio provare, se poi mi renderò conto di non essere all’altezza di questo mestiere sarò io stessa a fare un passo indietro e a prenderne consapevolezza, ma prima di allora io non mi arrendo. Non esistono le sconfitte, esistono le esperienze, e se il treno per me non passa, alla meta ci arrivo a piedi e a quel punto avrò qualcosa di diverso di quelli che sono riusciti a “prendere il treno”: una strada che ho percorso metro dopo metro.
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