Ciao Claudia, cominciamo dai tuoi inizi all'Unipi. Perché hai scelto di studiare Ingegneria aerospaziale a Pisa?
Arrivando da un liceo scientifico, inizialmente ero molto affascinata dall’idea di studiare astrofisica. Sono cresciuta con il mito di Margherita Hack. Seguendo il mio eterno spirito da San Tommaso mi infiltrai alle lezioni di fisica, che non mi colpirono particolarmente, così alcuni amici più grandi di me mi convinsero a provare a seguire una lezione di ingegneria aeronautica. Lì trovai un ambiente totalmente diverso, pratico, che mi dette la sensazione di potermi impegnare in qualcosa che avrebbe avuto un impatto immediato nel mondo e di essere coinvolta in un settore sempre all’avanguardia nelle nuove tecnologie. Anche l’idea di poter lavorare sugli aerei ha fatto il suo lavoro, insieme alla mia passione per i viaggi. Ai tempi era già famoso il grande disegno in aula B11: “Vieni a Ingegneria, girerai il mondo”, e quando lo vidi dal vivo qualcosa scattò nella mia testa. Così decisi che quella sarebbe stata la mia strada.
Dopo la laurea per vari anni hai ricoperto il ruolo di ricercatrice nel nostro Ateneo. Raccontaci qualcosa della tua "vita da laboratorio".
Durante la tesi di laurea in Struttura aerospaziale con il professor Agostino Lanciotti (in foto, a sinistra) fui probabilmente la prima donna con una tesi sperimentale in laboratorio. Lì cominciai davvero a divertirmi: amavo unire l’aspetto teorico alle simulazioni e quell’aspetto meccanico che per me era faticoso era qualcosa di nuovo ma molto stimolante. All’inizio abbiamo dovuto prendere le misure con gli altri tecnici di laboratorio, che trovavano curioso vedere una ragazza avere a che fare con bulloni e presse idrauliche. Nel tempo abbiamo creato un gruppo di lavoro davvero affiatato, lavorando sotto la supervisione dei professori Lanciotti, Lazzeri, Cavallini, tanti tecnici di laboratorio e studenti di master e dottorato che si sono alternati negli anni, tutti ragazzi che oggi sono in giro per il mondo.
Sono stata orgogliosa di aver avuto la possibilità di partecipare allo sviluppo di un laboratorio decisamente unico. Quello che ci piaceva di più era il lavorare direttamente nel settore Ricerca e sviluppo con ditte aeronautiche, avendo contatti diretti con ingegneri, venendo coinvolti in progetti europei e consorzi internazionali, imparando a gestire proposte di progetto da punto di vista non solo tecnico, ma anche economico e finanziario. Per me è stato un momento davvero bella della mia vita, che mi ha arricchito su tanti livelli.
Durante il dottorato hai lavorato anche in Germania, di cosa ti occupavi?
Mi sono occupata di sviluppare, in collaborazione con Alenia Spazio di Torino, la tecnologia Friction Stir Welding. L’obiettivo finale era realizzare un prototipo di modulo per la stazione spaziale internazionale. Ho avuto l’opportunità di passare sei mesi pressi il German Aerospace Centre di Colonia (in foto, a destra), lavorando direttamente con il dottor Claudio Dalle Donne. Quella è stata un’esperienza di crescita notevole, con l’esposizione a un ambiente internazionale. Nello stesso istituto c’era anche la zona di addestramento astronauti dell’Agenzia Spaziale Europea, per cui ebbi la fortuna di incontrare anche personalità importanti come l’astronauta Paolo Nespoli, che si stava preparando per la sua prima missione.
Da 14 anni insegni alla Wits University di Johannesburg. Come ci sei arrivata e perché hai scelto di rimanerci?
Ci sono arrivata quasi per caso. Durante il periodo di post-doc mi sono trovata a chiedermi a quali possibilità potessero esserci all’estero. Quasi per gioco, con un mio studente di dottorato, abbiamo cercato su AcademicKeys i bandi. Wits è apparsa immediatamente in cima, con una scadenza per il giorno successivo. Mi feci convincere a mandare la domanda, anche se mi mancava qualche timbro. Dieci giorni dopo ero sul mio primo volo per Johannesburg per fare il colloquio.
Scesa dall’aereo, la prima cosa che mi sorprese fu il cielo: un blu incredibile, una luce accecante. Le persone sono cordiali, sorridenti. I miei colleghi sono stati da subito molto accoglienti. Nonostante abbia avuto nel tempo altre opzioni, la posizione da professore associato e la possibilità di vivere in un ambiente diverso mi ha conquistato. Il Sud Africa è un paese che dà tanto in termini di ricerca, sviluppo di nuovi laboratori e nuove tecnologie. Le possibilità di crescita in questi 14 anni sono state tante.
Il titolo di Cavaliere dell'Ordine della Stella d'Italia viene assegnato dal Presidente della Repubblica ad italiani all'estero che si sono distinti nella promozione dei rapporti di amicizia e collaborazione tra l'Italia e gli altri Paesi. Cos'ha significato per te essere insignita di questo titolo?
Quando mi ha chiamato la console generale Curnis per comunicarmelo mi sono venuti i brividi. Ero in macchina e lei mi ha chiesto “Claudia, sei seduta?”. Mi ha fatto estremamente piacere ricevere un riconoscimento per l’impegno che da anni impiego nello sviluppo di progetto comuni con università italiane ed europee e nel mantenimento di contatti con colleghi in giro per il mondo. Sentirsi dire dai tuoi genitori che sono orgogliosi di te, poi, è qualcosa che fa bene al cuore.
E ora la domanda di rito: se potessi tornare indietro nel tempo a quando eri una studentessa, che consiglio ti daresti?
Mi direi: “tieni duro”. Specialmente il primo anno è veramente difficile abituarsi a un ambiente così diverso dal liceo, trovarsi in un’aula con 365 studenti, ma se è quello che vuoi fare mettici impegno e i frutti arriveranno.
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