Monitorare lo stato delle acque, dolci e salate, non è un’attività semplice. Eppure, le ineludibili esigenze di sostenibilità ambientale e le grandi risorse che il mondo sommerso conserva rendono essenziale arrivare a una conoscenza scientifica profonda del “Pianeta Blu”. Per questo scopo, l’uso di robot autonomi sottomarini assume una crescente rilevanza, soprattutto per il monitoraggio di fenomeni legati alla salute delle acque e dei fondali. Di questo si occupa il progetto PANACEA, gestito dalle Università di Pisa e Firenze e orientato a sostituire sempre di più le esplorazioni umane in ambienti sottomarini pericolosi e ostili con quelle condotte da robot. Il progetto ha ricevuto finanziamenti dal Ministero dell’Università e della Ricerca nell’ambito del bando PRIN 2022 (Progetti di Rilevante Interesse Nazionale).
Il robot Zeno dell'Università di Pisa.
“Nonostante in questi anni i robot sottomarini si siano dimostrati molto efficaci – spiega Riccardo Costanzi, docente di robotica all’Università di Pisa e coordinatore del progetto – siamo ancora lontani da farne uno standard per le attività di monitoraggio, affidate ancora a operatori umani, con tutti i rischi del caso. Nel progetto PANACEA proponiamo un caso emblematico, quello della Posidonia oceanica, considerata un habitat naturale chiave dall’Unione Europea e il cui monitoraggio è essenziale per conoscere lo stato di salute dei nostri mari e per preservarlo”.
Riccardo Costanzi, docente di robotica al Dipartimento di Ingegneria dell'Informazione dell'Università di Pisa e coordinatore di PANACEA con il robot subacqueo Zeno dell'Università di Pisa.
Scopo di PANACEA è mettere a punto un sistema multi-robot, composto da un robot subacqueo e uno di superficie, in grado di interfacciarsi con gli operatori al sicuro a terra, che ricevono dati in tempo reale. “Il monitoraggio dei fondali è eseguito con tecniche sia visive che acustiche – aggiunge Alessandro Ridolfi, docente di robotica all’Università di Firenze – e usiamo tecniche di Intelligenza Artificiale per estrarre dati sintetici da tutti quelli acquisiti. La capacità del robot di estrarre e trasmettere solo dati sintetici è fondamentale, visto che in acqua le possibilità di comunicazione sono ridotte”.
Il robot FeelHippo (Università di Firenze).
Il progetto è stato presentato lo scorso 3 maggio a una platea di studiosi di ecologia e rappresentanti di Agenzie per l’Ambiente, che gli scienziati di Pisa e Firenze considerano gli utilizzatori finali del sistema che stanno mettendo a punto. “In un’epoca in cui il monitoraggio ambientale è più cruciale che mai, il sistema proposto da PANACEA rappresenta un ulteriore passo avanti significativo nella conservazione della biodiversità marina – afferma Elena Maggi, docente di ecologia all’Università di Pisa – Il monitoraggio delle praterie di Posidonia oceanica, fondamentali per la salute e protezione dei sistemi costieri mediterranei e al contempo estremamente delicate, rappresenta una sfida notevole. PANACEA mira a minimizzare i rischi e le limitazioni dei monitoraggi umani, incrementando la sicurezza e riducendo i tempi per la raccolta di dati su ampie scale spaziali, che possano essere integrati con quelli raccolti dagli operatori subacquei. Di fronte all’accelerazione degli effetti del cambiamento climatico e alla molteplicità dei disturbi causati dalle attività umane, è imperativo che le nostre azioni conservative siano altrettanto rapide ed efficaci per mitigare e contenere gli impatti”.
Da sinistra Andrea Caiti, direttore del Dipartimento di Ingegneria dell'Informazione dell'Università di Pisa, Luigi Cipriani, Regione Toscana, Riccardo Costanzi, docente di robotica UNIPI e coordinatore del progetto PANACEA, Francesco Ruscio, postdoc in robotica subacquea UNIPI, Elena Maggi, docente di Ecologia UNIPI, Alberto Topini, postdoc in robotica subacquea Università degli Studi di Firenze.
Gli ingegneri di PANACEA interagiranno con i biologi del progetto europeo AquaPLAN, coordinato dall’Università di Pisa, per arrivare ad una strategia ottimale di conservazione delle praterie di Posidonia, attraverso l’integrazione di dati sulla contaminazione acustica e luminosa e sulla biodiversità delle specie legate a questo habitat unico.