Circa un terzo dei pazienti con Amiloidosi Cardiaca e dei loro caregiver presenta livelli clinici di ansia e circa il 40% livelli clinici di depressione. E questo si associa “alla percezione dei sintomi cardiaci più gravi di quanto oggettivamente rilevato e a una peggiore relazione con il caregiver”.
A dirlo è Martina Smorti, Professore in Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione dell'Università di Pisa e membro del gruppo di lavoro permanente sull’Amiloidosi cardiaca che, il 6 novembre scorso, è intervenuta alla presentazione del Position Paper “Medicina di genere «anziano»: l’esempio dell’amiloidosi cardiaca". Una pubblicazione che ha visto, per la prima volta, pazienti, clinici, società scientifiche e Istituzioni, lavorare insieme a un documento di istanze che esplicita la necessità di tutela delle persone anziane con malattie rare e complesse, a partire dalla necessità di diagnosi precoce e di garantire ai pazienti e ai loro caregiver il supporto psicologico.
Il documento è stato presentato a Roma, presso la Camera dei Deputati, in occasione di un evento organizzato su iniziativa dell’onorevole Ilenia Malavasi (Commissione XII Affari Sociali) in collaborazione con Omar - Osservatorio Malattie rare.
"I dati oggi in nostro possesso ci mostrano come i pazienti affetti da Amiloidosi Cardiaca arrivino alla diagnosi già molto provati, dal punto di vista psicologico - ha spiegato la professoressa Martina Smorti durante il suo intervento - Questo è dovuto al fatto che il percorso che precede la diagnosi è spesso una vera e propria 'odissea diagnostica'. Lo stesso responso medico costituisce, poi, un carico importante: si tratta infatti di una diagnosi di malattia rara con possibilità di trasmissione ai propri familiari".
"Numeri alla mano – prosegue la docente - i pazienti con Amiloidosi, nel 30% dei casi, presentano dei sintomi clinici di ansia e, nel 44% dei casi, di depressione. Si tratta di dati importanti, perché ansia e depressione costituiscono fattori di rischio per la non aderenza alle terapie mediche e ai trattamenti farmacologici. Ansia e depressione, infatti, a certi livelli, possono portare a percepire il proprio stato di salute come peggiore rispetto alla realtà dei fatti. Col rischio di sviare i clinici nelle loro scelte terapeutiche".
"Oltre a questo - conclude Martina Smorti -, va tenuto conto che alla gravità dei sintomi clinici e psicologici dei pazienti si lega anche il benessere dei caregiver, che hanno un ruolo fondamentale nel supporto emotivo e psicosociale delle persone anziane affette da Amiloidosi. Per il loro coinvolgimento emotivo nella malattia rischiano anche loro, infatti, di sviluppare sintomi di ansia e depressione che si ripercuotono, a loro volta, sulla salute fisica del paziente. E’ dunque necessario attivare, presso tutti i centri di riferimento, dei percorsi di supporto psicologico che affianchino pazienti e caregiver durate tutto il percorso della malattia".
La sintesi del lavoro del gruppo di lavoro è esplicitata nel Position Paper, in cui si analizzano dettagliatamente le sette istanze condivise dai membri del Gruppo di lavoro: migliorare i tempi di diagnosi dell’amiloidosi; coinvolgere i medici di medicina di base nel percorso di diagnosi precoce; garantire ai pazienti un equo accesso ai percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali; garantire ai pazienti fragili una presa in carico olistica; garantire ai pazienti e ai loro caregiver il supporto psicologico; continuare a fare awareness sull’amiloidosi; creare normativa sull’ageismo, con particolare riferimento alle malattie rare. L’intero lavoro è spiegato nella Pubblicazione.