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Lampedusa, uno specchio della società italiana

Una riflessione del professor Marco Della Pina del corso di laurea in Scienze per la Pace

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Monumento ai migranti Mimmo paladinoDopo la tragedia di Lampedusa e il lutto nazionale del 4 ottobre scorso, in segno di cordoglio e solidarietà, l'Università di Pisa ha voluto condividere una riflessione a firma del professore Marco della Pina, docente del corso di laurea in Scienze per la Pace del nostro Ateneo.

(Foto: Monumento ai migranti, Mimmo Paladino)

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Lampedusa, uno specchio della società italiana

In questa Italia che odia, esclude e rende invisibili gli ultimi, siano essi i bambini disabili nelle scuole, i giovani e le donne senza lavoro, gli anziani soli, i migranti ed i profughi, forse soltanto un Papa figlio di immigrati e venuto "dalla fine del mondo" poteva rifiutare per la tragedia di Lampedusa il quieto approccio della "disgrazia", lettura molto usata dai politici italiani. Egli ha sentito dentro di sé la dignità e l'onore necessari per rivendicare fortemente, con il grido "vergogna!", il principio della responsabilità individuale e sociale. Due sole possibili scelte politiche si aprono quindi di fronte a noi, perché la tragedia di Lampedusa, come tutto ciò che è connesso ai fenomeni migratori, è specchio ed ombra dei condizionamenti, limiti, contraddizioni sia delle società di partenza, sia, ciò che più ci interessa, di quelle di arrivo.

Se pensiamo ad una "disgrazia", vedremo presto che soltanto l'entità di questa ultima strage ha commosso la politica e la società italiane, pronte però a dimenticare, appena spenti i riflettori, il mare di dolore che ci circonda: il sempre più grande cimitero senza nomi del Mediterraneo. Torneremo a non vedere, non ascoltare, non fare; la politica intenta al proprio "teatrino", la società preoccupata di sopravvivere dentro una crescente disuguaglianza e un diffuso impoverimento. Le attuali leggi sull'immigrazione saranno forse depurate delle parti più repressive, ma sempre pensate in funzione della sicurezza e della stabilità interna, affinché nelle classi più deboli l'odio di sé e della propria povertà continui a trasformare l'antico "odio di classe" in paura ed esclusione verso gli stranieri (R. Siebert, Il razzismo, Carocci 2003, p.106). Forse anche l'aiuto richiesto all'Europa si limiterà ad un rafforzamento dell'agenzia Frontex, creata nel 2004, che prevede il pattugliamento continuo dei confini europei, ed in particolare delle coste dei paesi aderenti a Shengen che si affacciano sul Mediterraneo; essa ha fornito ai paesi del sud-Europa un modello di intervento basato soltanto sulla sicurezza, con una politica dei respingimenti che ha prevalso sulle sempre più deboli politiche di accoglienza. Nessuna riflessione sarà inoltre avviata sul fatto che gran parte dei migranti del Mediterraneo non sono migranti economici, ma sono in realtà profughi provenienti da zone di guerra e dittature come Eritrea e Somalia, territori italiani in un passato coloniale e razzista ancora tutto da conoscere ed elaborare.

Se pensiamo invece alla capacità di provare "vergogna", è stato scritto che essa è indice di "una inaudita, spaventosa prossimità dell'uomo con se stesso...Diversamente dalla colpa, la vergogna può permettere a chi la prova di migliorare se stesso, di rifondarsi... Essa protegge l'uomo, ed ancor più l'uomo politico, dalla violazione dei codici etici, interiori ed esteriori. In questo senso vergogna è una parola politica" (G. Carofiglio, La manomissione delle parole, Rizzoli 2010, p.73). Forse è stata proprio la vergogna verso il passato fascista il sentimento prevalente tra i Padri Costituenti italiani, che li ha portati a scrivere una Carta che parla di lavoro, diritti inviolabili delle persone, solidarietà, uguaglianza, rispetto delle diversità; Carta rimasta spesso inattuata o violata, ed invece ancora attualissima. Soltanto in questo contesto di profondo cambiamento politico, sociale e culturale, l'Italia potrà svolgere un ruolo attivo in Europa, per la costruzione di politiche migratorie d'accoglienza comuni e coordinate, ampliando le forme di cooperazione e di partenariato euro-mediterraneo. Al tempo stesso sarà possibile introdurre in Italia un'organica legge sul diritto d'asilo, che protegga i profughi e renda più sicuri i loro percorsi d'ingresso in Europa. Fondamentale sarà infine rivedere radicalmente non soltanto la legge Bossi-Fini del 2002, ma anche il pacchetto sicurezza del 2009 che ha inventato il reato di clandestinità, trasformando in criminali gli immigrati irregolari e consentendo la loro detenzione fino a 18 mesi nei Centri di Identificazione ed Espulsione, veri e propri campi-lager protetti da filo spinato.

Marco Della Pina

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  • 8 ottobre 2013

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