Dal 15 ottobre 2011 al 29 gennaio 2012, Palazzo Blu ospita la terza grande mostra del ciclo, avviato nel 2009 dalla Fondazione Palazzo BLU di Pisa, dedicato ai grandi maestri del Novecento, le cui radici culturali affondano sulle sponde del Mediterraneo. Curata da Claudia Beltramo Ceppi, organizzata da Giunti Arte mostre e musei, promossa dalla Fondazione Palazzo Blu, con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Pisa, il patrocinio dell'Ambasciata di Spagna in Italia e del Comune di Pisa, la mostra presenta 270 opere – tra dipinti, ceramiche, disegni e opere su carta, alcune celebri serie di litografie e acqueforti, libri, tapisserie – e si propone di rinnovare il successo di critica e soprattutto di pubblico delle due mostre precedenti, apprezzate complessivamente da oltre 170.000 visitatori.
Il titolo dell'iniziativa – Ho voluto essere pittore e sono diventato Picasso – richiama una frase che, come ricorda Françoise Gilot, pittrice francese, nonché sua compagna e musa, il grande artista disse alla madre, dimostrando la consapevolezza e volontà precoce di sovvertire tutti gli schemi di pittura, scultura e grafica. Di fronte all'impossibilità di descrivere i vari aspetti della camaleontica arte di Picasso, l'esposizione – frutto dell'intensa collaborazione con il Museo Picasso di Barcellona e il Museo Picasso di Antibes – ne ripercorre alcuni momenti. In particolare, vengono messi in risalto i passaggi effettuati dall'artista catalano nello smantellare ogni coerenza e armonia prestabilita dell'immagine che, senza mai addentrarsi nel mondo dell'astrazione, lo condurrà a quella completa rottura formale, tipica del suo linguaggio.
Il percorso espositivo si articola in tre sezioni che corrispondono ad altrettanti temi, fondamentali per capire la poetica figurativa di Picasso. Dalla natura all'arte analizza come, fin dai primi anni della sua attività, Picasso riesca a trasformare i soggetti dei suoi lavori in stereotipi della pittura contemporanea. A tal proposito, vengono presentati alcuni archetipi dell'opera picassiana come il celeberrimo Le Repas frugal (Il Pasto frugale, 1904), che descrive una realtà di povertà e di miseria, caratteristica del suo periodo blu.
La scoperta dell'Art nègre, che Picasso studia attentamente per la capacità degli artisti primitivi di raffigurare la tensione delle emozioni, conduce alla realizzazione di uno dei capolavori del XX secolo, le Demoiselles d'Avignon, di cui si espone un raro studio preparatorio per la figura centrale. A seguire, la serie di 16 lastre dei Toros in cui Picasso, partendo da una lettura molto prossima alla realtà, giunge alla sua sintesi più estrema. In questo caso, l'animale archetipo della cosmogonia picassiana, inizialmente, viene raffigurato in modo realistico, per giungere a una forma essenziale che molto ricorda i graffiti preistorici di Altamura. Lo stesso procedimento si può osservare nell'altrettanto rara serie delle due Donne nude con sfondo di tendaggi e in quelle di grandi e coloratissimi ritratti di Jacqueline, sua seconda moglie e ultimo amore della sua vita.
La rivoluzione spagnola, il bombardamento di Guernica, la seconda guerra mondiale costituirono per Picasso l'esperienza di una tragedia senza ritorno. La sezione dal titolo Intorno a Guernica ruota attorno ai temi della morte, del dolore della guerra, della disperazione dei vivi, tutti presenti nell'omonimo dipinto del Reina Sofia di Madrid. Utilizzando una tavolozza in cui il colore sembra scomparire per lasciare spazio solo – proprio come in Guernica – a un luttuoso bianco e nero, si allineano le diverse testimonianze di questo periodo.
Tra queste, la serie Sogno e menzogna di Franco, realizzata inizialmente per raccogliere fondi per combattere la dittatura, o le grandi tavole dei Poèmes et Lithographies, in cui Picasso si fa illustratore di se stesso, componendo immagini di grande forza drammatica con i manoscritti dei suoi poemi che descrivono il dolore, ma anche il senso di inadeguatezza e di banalità della guerra. Uno dei fulcri della mostra è la raccolta della Suite Vollard, costituita da 100 fogli, a cui Picasso si dedicherà per otto anni, qui eccezionalmente esposta in forma completa intorno alla terribile e angosciosa scena della Minotauromachia che esprime forse nel modo più profondo le emozioni dell'artista di fronte alla moderna tragedia della guerra, raffigurata nell'immagine mitica del mostro metà animale e metà uomo.
Vengono inoltre proposte le tavole dello Chant des morts, nelle quali Picasso sembra ritrovare il colore e adottare una calligrafia rosso sangue che accompagna per 125 fogli l'elegante scrittura autografa delle poesie del poeta Reverdy. Il mito delle metamorfosi e l'immagine erotica della donna e del toro come simboli della potenza creativa dell'artista costituiscono altri due archetipi dell'opera di Picasso e il tema della terza sezione: ne sono esempi un grande paesaggio del 1933, il famoso dipinto del Fauno proveniente dal museo di Antibes, i ritratti di Jacqueline e la serie di dipinti e disegni de Il pittore e la modella.
Inoltre, viene esposta una raccolta di 59 linogravure a colori, provenienti dal Museo Picasso di Barcellona, attraverso le quali è possibile ricostruire nel dettaglio il procedimento dell'artista che, partendo da una raffigurazione realistica del viso di Jacqueline, si farà trascinare dalla sua furia iconoclasta, ritoccando giorno dopo giorno la morbida materia del linoleum fino a trasformarla in alcuni dei ritratti più inquietanti e tipici della sua poetica.
La mostra si avvale del contributo di Add (marchio italiano leader nella produzione di piumini d'oca ultra leggeri), del supporto tecnico di UniCredit, media partner Salmoiraghi & Viganò, Coop, Aeroporto Galileo Galilei Pisa. Accompagna la mostra un catalogo GAmm Giunti.
(Ufficio stampa CLP Relazioni Pubbliche)