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“Orti etici”: a San Piero si sperimenta l’agricoltura sociale

Il progetto è frutto della collaborazione tra Università di Pisa e aziende locali

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Lavoratori e prodotti di Orti EticiMangiare verdura fa bene alla salute. Ma a volte anche produrla ha effetti positivi.
A San Piero a Grado da qualche anno è attivo “Orti Etici” un progetto sperimentale di agricoltura sociale nato dalla collaborazione dell’Università di Pisa con Biocolombini, un’azienda agricola biologica della zona, e con la cooperativa sociale Ponteverde.

Il progetto ha avuto la Menzione Speciale Innovazione al concorso nazionale ESEMPI "Esperienze di Sviluppo Eccellenti per Metodi e Prassi Innovative", promosso dal Ministero delle Politiche Agricole.

Cosa vuol dire “agricoltura sociale”?
“In una certa misura è un concetto che abbiamo introdotto noi con il progetto “Social Farming”, finanziato dal VI Programma Quadro dell’Unione Europea - afferma il professor Francesco Di Iacovo – Il termine descrive quelle pratiche agricole che offrono servizi civili per la collettività, ad esempio sostenendo il recupero socio-riabilitativo e l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate e con “bassa capacità contrattuale” (dovuta ad es. a disabilità mentale e fisica, detenzione, tossicodipendenza)”.

Orti Etici è un esperimento economico innovativo: nei tre ettari che l’Università ha messo a disposizione lavorano 5 o 6 persone, seguite da un tutor della cooperativa Ponteverde, e producono porri, bietole, finocchi, pomodori, fragole, cavoli e insalate per un valore di circa 40.000 euro l’anno.

 I prodotti vengono distribuiti tramite la rete dei Gruppi di Acquisto Solidale, gruppi di consumatori che sostengono l’agricoltura biologica locale sperimentando forme di economia diverse da quelle dominanti.

Il progetto è del tutto autofinanziato. Funziona perché risponde ad esigenze e necessità di ognuno dei partner partecipanti: l’università aveva dei terreni a disposizione, ma non aveva il personale per lavorarli, Biocolombini aveva necessità di terreni da coltivare per la crescente domanda dei Gruppi di acquisto, la cooperativa Ponteverde aveva bisogno di nuovi percorsi di formazione in cui inserire gli utenti.

L’incontro è stato produttivo ed efficace: nei suoi tre anni di vita il progetto ha offerto formazione per 30 persone, 3 persone hanno trovato lavoro e sono stati prodotti 400 quintali di ortaggi per i membri dei gruppi di acquisto. Il tutoraggio della cooperativa sociale e le spese necessarie alla coltivazione sono a carico dell’azienda Biocolombini, a cui va il ricavato della vendita. L’Università dal canto suo può offrire attività formative qualificate ai suoi studenti e ha la possibilità di fare ricerca nel campo dell’agricoltura multifunzionale.

“Nel periodo di crisi in cui ci troviamo- continua Di Iacovo - il progressivo ridursi delle risorse pubbliche ha effetti drammatici nelle zone rurali, che devono fare fronte ad un taglio drastico dei servizi sociali. In questo contesto le aziende agricole possono offrire servizi di inclusione sociale e, più in generale, servizi alle persone molto validi”.

Le aziende agricole toscane già lo fanno già adesso. Nel 2003 erano attivi 60 progetti che hanno favorito inserimento per 1200 persone, di fatto quasi una ASL “in ombra”, a cui poi si sono aggiunte nuove esperienze. Più tardi sono cominciati ad arrivare i riconoscimenti formali: la Società della Salute della Valdera, ad esempio, riconosce formalmente l’Agricoltura sociale, la Società della Salute di Pisa ha progetti già attivi in tale direzione, e anche altri territori toscani si stanno muovendo. La Regione Toscana è stata la prima a varare una legge regionale nel 2010, ed a prevedere nel Piano di Sviluppo Rurale aiuti alle aziende che adeguano le strutture per offrire servizi alla persona.

BietolaLe persone che lavorano ad “Orti Etici” sono selezionate dai servizi sociali (il SerT, il Servizio per le Tossicodipendenze, il Dipartimento di Salute Mentale, gli UEPE, Uffici per l’esecuzione Penale Esterna) e seguono dei percorsi che durano circa 6 mesi.

“Lavorare in un’azienda agricola è particolarmente efficace per chi si confronta con diverse forme di disagio  – afferma Di Iacovo - Il rapporto con le piante e con gli animali all'interno di processi produttivi veri dal punto di vista professionale ed economico, permette a persone in difficoltà di operare e mettersi alla prova senza esporsi al giudizio diretto delle persone e di progredire nella percezione della propria autostima, del proprio valore. D’altra parte lavorare all’aperto, a contatto con la natura, offre particolari opportunità. Come mi ha detto una volta un responsabile della Cooperativa Agricola il Forteto, una comune storica che ospita minori inviati dal Tribunale dei minori, la campagna è un posto dove si può urlare il proprio disagio e nessuno ti dice niente”.

La ricerca in corso, oltre a studiare modelli di innovazione sociale e di mediazione della conoscenza (in questo caso agricola e sociale) serve anche a definire dei criteri utili a valutare in maniera obbiettiva l’impatto che questi percorsi hanno sugli utenti e su tutti i soggetti coinvolti, in modo da avere degli strumenti validi per scegliere che interventi adottare nei diversi casi.

Il modello dell’agricoltura sociale sta già espandendosi ulteriormente: ad esempio nel campo dei servizi all’infanzia, con la realizzazione di agri asili, oppure con l’offerta di servizi ad anziani o adulti in situazione di difficoltà temporanea.

Ne hanno parlato:
Il Tirreno Pisa
Repubblica Firenze.it
InToscana.it
Il Tirreno Pisa.it
Pisa Informa Flash
Ansa.it
Il Tirreno

  •  
  • 3 novembre 2011

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