Una storia a lieto fine, una storia di buona sanità pionieristica, innovativa, una storia di lavoro di squadra. E' quanto è avvenuto a Pisa, al centro trapianti di rene dell'Aoup il 26 marzo scorso, quando è stato effettuato con successo un trapianto di rene in un bambino di 8 anni, di conformazione minuta, da donatore adulto incompatibile sia per gruppo di sangue che per la presenza di anticorpi (i cosiddetti anticorpi donatore-specifici). Il rene è stato donato dalla madre. A distanza di 8 mesi sia il bambino che la madre stanno bene ed hanno funzione renale completamente normale e oggi a Pisa hanno voluto partecipare alla conferenza stampa di presentazione. Questo eccezionale trapianto si inquadra in un'attività sistematica di trapianto renale da donatore incompatibile sviluppata a Pisa, che apre nuove frontiere a pazienti di difficile trapiantabilità. Questi pazienti fino ad oggi erano destinati ad attese lunghe rischiando, talvolta, perfino di non essere mai trapiantati, nonostante le grandi energie profuse e l'applicazione di strategie organizzative nazionali d'avanguardia.
La storia
G. nasce il 9 gennaio 2006. Pochi mesi dopo si manifesta una malattia renale che lo condurrà rapidamente alla dialisi, necessaria già ad un anno di vita. Il trapianto appare da subito la strada da intraprendere. Il 27 agosto 2010 G. viene trapiantato da donatore cadavere pediatrico in un grosso centro di trapianto pediatrico. Il trapianto purtroppo fallisce per trombosi (cioè per la coagulazione del sangue all'interno dei vasi), un'eventualità frequente nei trapianti eseguiti nei bambini piccoli, soprattutto se il donatore è un coetaneo o è comunque un bambino piccolo.
G. si riprende dal trapianto fallito, ma nel suo sangue ne restano le tracce. In particolare il bambino si "immunizza" ad alto titolo (> 90%). In altri termini, il sistema immunitario di G. produce anticorpi in grado di reagire con gli antigeni (le proteine che determinano la compatibilità immunologica) del 90% dei possibili donatori. Considerata la piccola taglia del bambino ed il numero, fortunatamente, piccolo di donatori cadaveri della stessa età, la possibilità per G. di ricevere un secondo trapianto da donatore cadavere era diventata molto bassa.
La famiglia si rivolge quindi ad alcuni centri di trapianto, ottenendo da tutti la stessa risposta: è necessario inserire G. in lista di attesa e "sperare" in un donatore cadavere compatibile. Questo consiglio è motivato anche dal fatto che i possibili donatori viventi (madre e padre) sono entrambi incompatibili rispetto al bambino sia per gruppo di sangue che per la presenza di anticorpi donatore specifici. Non resta che attendere. Nel frattempo i segni della lunga permanenza in dialisi diventano sempre più visibili sia sul piano fisico (evidente ritardo di crescita) che su quello sociale (difficoltà di inserimento scolastico e di partecipazione alle attività ludico-ricreative).
La famiglia viene a conoscenza del fatto che a Pisa, un centro particolarmente attivo nel trapianto renale da donatore vivente, sono già stati trapiantati bambini piccoli con reni di donatori adulti e che è stato anche sviluppato un programma di trapianto da donatore incompatibile. G. viene quindi valutato a Pisa dal gruppo medico multidisciplinare che si esprime favorevolmente rispetto al trapianto, sebbene in Italia non sia mai stato eseguito prima questo tipo di trapianto: cioè la combinazione di un trapianto da un donatore adulto in un bambino piccolo con duplice incompatibilità. Il bambino dovrà essere "condizionato" per ricevere il trapianto sia rispetto al'incompatibilità di gruppo sanguigno che degli anticorpi rivolti contro gli antigeni dei genitori. Come donatore viene scelta la madre.
Il trapianto viene eseguito il 26 marzo 2014. L'organo viene prelevato dalla madre con tecnica mini-invasiva laparoscopica e trapiantato con tecnica tradizionale. Il decorso post-trapianto è regolare sia per il bambino che per la madre. Il rene funziona a pieno fin da subito. Nei mesi successivi al trapianto G. e la mamma stanno bene. G. riprende a crescere – a causa della patologia era rimasto di piccola taglia - sperimenta alcune attività che prima gli erano sconosciute (ad esempio va in spiaggia e fa il bagno in mare) e, a settembre, inizia la scuola. La mamma torna alle sue attività, senza differenze rispetto a prima.
Attualmente G. ha una funzione renale normale e vive come ogni bambino della sua età.
Cosa rende questo trapianto eccezionale
Questo trapianto è reso eccezionale da due elementi:
1. Trapiantare in un bambino di piccola taglia (16 Kg) il rene di un adulto.
2. Trapiantare un organo doppiamente incompatibile, per gruppo e per la presenza di anticorpi, evitandone il rigetto. Anche questo è reso più difficile dalla piccola taglia del paziente.
Riguardo al punto 1 (discrepanza di taglia donatore-ricevente) la principale difficoltà consiste nel fatto che il volume di sangue del piccolo paziente (cosiddetta volemia) è insufficiente a perfondere il rene "grande". In termini pratici, il rene di un adulto richiede 1200-1500 mL di sangue al minuto (il rene è un filtro e, in quanto tale, è l'organo più vascolarizzato in assoluto). La volemia di G. era calcolata essere pari a circa 800 mL complessivi. Inoltre i bambini hanno una pressione sanguigna bassa mentre un rene di un adulto, per funzionare, richiede una pressione "normale". La pressione normale per un adulto è alta per un bambino. Esistono inoltre altre differenze emodinamiche (relative a come il sangue circola e perfonde gli organi) in un bambino rispetto all'adulto e per ognuna di esse è necessario trovare un compromesso.
La prima grande difficoltà è stata quindi quella di aumentare rapidamente il volume di sangue del bambino (durante l'anestesia, prima che fosse trapiantato il rene) in modo che l'organo fosse ben perfuso fin da subito e che ciò non avvenisse a spese di un "furto" di sangue rispetto agli altri distretti corporei. Espandere rapidamente il volume circolante è molto difficile perché si devono rispettare molti delicati equilibri fisiologici. Il rischio principale è che l'eccesso di liquido si accumuli nei polmoni (edema polmonare) e/o che il cuore abbia difficoltà a gestire l'improvviso lavoro aggiuntivo. Al contempo vengono somministrati al bambino farmaci molto importanti perché deputati ad impedire il rigetto dell'organo. Questi farmaci, o meglio alcune reazioni che seguono alla loro infusione, possono comportare ulteriori difficoltà respiratorie e/o di circolazione. Tutto ciò richiede quindi un team di anestesia molto esperto sia in chirurgia pediatrica che in chirurgia dei trapianti.
Altra difficoltà tecnica: inserire un rene "grande" nell'addome di un bambino piccolo. E poi riabilitare una vescica piccolissima (capacità circa 20 cc) che, sostanzialmente, non aveva mai avuto modo di funzionare e si era quindi atrofizzata. Anche questi aspetti chirurgici richiedono esperienza.
Riguardo al punto 2 (incompatibilità donatore-ricevente), in condizioni standard un rene è considerato compatibile quando donatore e ricevente hanno lo stesso gruppo di sangue, o un gruppo compatibile (es. donatore 0 e ricevente A) e quando, nel plasma del ricevente, non vi sono anticorpi diretti verso gli antigeni del donatore. Il fattore Rh, invece, non ha importanza (cioè è possibile trapiantare organi da donatori con fattori Rh diversi, senza conseguenze). Persone con gruppi di sangue incompatibili (es. A e B) hanno nel sangue anticorpi preformati o naturali (cioè presenti fin dalla nascita) che comportano un'immediata reazione immunologica nel caso in cui vengano in contatto con gli antigeni di un gruppo di sangue diverso. Le persone di gruppo 0 (non esprimendo antigeni né A né B) possono donare a chiunque (cosiddetti donatori universali). Le persone di gruppo AB (esprimendo antigeni sia A che B) possono ricevere da chiunque (cosiddetti riceventi universali).
Gli anticorpi donatore-specifici sono rivolti verso agli antigeni del sistema di istocompatibilità cioè verso delle proteine che determinano la compatibilità dei tessuti, a prescindere dal gruppo sanguigno. Alla nascita non abbiamo questi anticorpi ma li possiamo acquisire nel corso della vita a seguito di contatti con cellule di altri essere umani. Le fonti di possibile immunizzazione sono le trasfusioni di sangue, i trapianti d'organo o di tessuti (ad eccezione della cornea) e, nelle donne, le gravidanze. Questi anticorpi, se diretti verso gli antigeni del donatore (e quindi donatore-specifici), causano rigetto.
Il rigetto che consegue al trapianto di un organo incompatibile per gruppo di sangue o per presenza di anticorpi donatore-specifici è di tipo umorale (cioè innescato dagli anticorpi) e si traduce in un rigetto particolarmente aggressivo, rivolto prevalentemente contro i vasi dell'organo. Talvolta, quando questo processo si innesca non è possibile arrestarlo. Altre volte è possibile arrestarlo con trattamenti energici.
Grazie alla disponibilità di alcune nuove terapie è oggi possibile "condizionare" un potenziale ricevente ad accettare un organo altrimenti incompatibile. Il processo di condizionamento è meglio applicabile ad un trapianto da donatore vivente per il fatto che si tratta di un intervento programmabile (mentre quello da donatore cadavere ha un tempistica imprevedibile e gli effetti del condizionamento non si mantengono a lungo termine). Si tratta di terapie farmacologiche, aggiuntive rispetto ai protocolli antirigetto standard (comunque necessari), che bloccano la produzione di nuovi anticorpi e di trattamenti di rimozione degli anticorpi già presenti. Questi ultimi si basano su procedure di plasmaferesi o plasma-filtrazione con filtri specifici. Grazie a queste complesse strategie mediche è possibile abbassare il livello degli anticorpi (naturali o acquisiti) fino ad una soglia che evita il rigetto. Successivamente si instaura un fenomeno, chiamato "adattamento", per cui il ricevente si adatta alla presenza dell'organo incompatibile. Ovviamente l'organo può ancora essere rigettato in base a quei meccanismi che possono intervenire in qualsiasi trapianto. Persiste inoltre un rischio maggiore di perdita dell'organo per rigetto umorale, rispetto a chi riceve un organo compatibile.
I trapianti incompatibili a Pisa
Il Centro trapianti di Pisa, oggi diretto dal professor Ugo Boggi, ha una lunga tradizione nel trapianto di rene, iniziata il 15 febbraio 1972. Lo stesso anno fu trapiantato anche un bambino. Il Centro trapianti di Pisa è il più attivo in Italia per il trapianto renale da donatore vivente ed è particolarmente attento all'innovazione tecnologica ed al suo possibile contributo alla trapiantologia. Solo alcuni esempi: il primo prelievo di rene con tecnica laparoscopica effettuato in Italia (27 aprile 2000) è stato eseguito a Pisa, il primo trapianto di rene in modalità cross-over effettuato in Italia (15 novembre 2005) è stato eseguito a Pisa, il primo trapianto renale robotico (3 luglio 2010) effettuato in Europa è stato eseguito a Pisa, il primo trapianto di pancreas robotico (27 settembre 2010) effettuato nel mondo è stato eseguito a Pisa.
In base ai dati del Centro nazionale trapianti (relativi al periodo 1 gennaio 2001 – 30 giugno 2013, gli ultimi pubblicati) essi mostrano che il Centro trapianti di Pisa è il più attivo in Italia con 249 trapianti su un totale nazionale di 1877 (13.2 %). In particolare, è il primo per numero di trapianti eseguiti dai 34 Centri impegnati in questo tipo di attività in Italia. Nell'anno in corso sono stati eseguiti 33 trapianti di rene da donatore vivente, di cui 14 incompatibili: 5 esclusivamente rispetto al gruppo sanguigno, 4 esclusivamente con anticorpi donatore-specifici, e 5 con entrambi. I risultati sono buoni e tutti i reni al momento hanno funzione normale. Anche i reni trapiantati con le stesse problematiche negli anni precedenti sono funzionanti.
Prospettive future
L'innovazione ha un ruolo fondamentale per ogni Centro trapianti e certamente anima quello di Pisa. Attualmente sono in fase di valutazione alcuni protocolli che consentiranno di trapiantare pazienti con gradi ancora più elevati di incompatibilità sia attraverso l'applicazione di nuovi protocolli farmacologici ed aferetici, che attraverso l'uso di soluzioni tecniche innovative. A quest'ultimo riguardo è già pronto un protocollo operativo che potrebbe consentire di affrontare con successo i casi più complessi, senza dover ricorrere a particolari strategie farmacologiche o aferetiche. Siamo in attesa delle necessarie autorizzazioni da parte degli organismi competenti e speriamo di poter avviare a breve questa nuova attività. Resta inoltre fondamentale consolidare e sviluppare ulteriormente l'attività di trapianto da donatore vivente, particolarmente opportuna nei bambini, ma necessaria in qualsiasi fascia di età.
Il Team del trapianto
Interventi come quello che è stato descritto sono resi possibili solo da una medicina di team. Questo concetto è da sempre particolarmente sviluppato a Pisa e su questo si basano, in gran parte, i primati che sono stati collezionati nel corso degli anni. Le professionalità che sono state coinvolte in questo trapianto sono state numerose ed hanno coinvolto tutte le specialità tipicamente impegnate nei trapianti renali. In questo caso sono risultate centrali le competenze del team di anestesia e rianimazione, del team di chirurgia, del team di immunologia dei trapianti e del team di pediatria.
Per quanto riguarda il team di anestesia e rianimazione, diretto dal dottor Claudio Comite, la delicata fase intraoperatoria e gran parte di quella post-operatoria è stata gestita dai dottori Gabriella Amorese e Giovanni Consani con i quali, e grazie ai quali, sono state sviluppate negli anni molte attività di avanguardia in chirurgia pediatrica oncologica e trapiantologica. Per quanto riguarda il team di chirurgia, diretto dal professor Ugo Boggi, hanno partecipato all'intervento e alle cure pre- e post-operatorie del bambino il dottor Fabio Vistoli, la dotttoressa Chiara Croce, il dottor Stefano Signori, la dottoressa Nelide De Lio, il dottor Vittorio Perrone, il dottor Fabio Caniglia, la dottoressa Linda Barbarello. Per quanto riguarda il team di immunologia dei trapianti, diretto dal dottor Fabrizio Scatena, sono risultati particolarmente rilevanti i contributi della dottoressa Luciana Mariotti, che si è occupata delle determinazioni relative alla definizione della compatibilità/incompatibilità, e del dottor Alessandro Mazzoni, che ha gestito le procedure di rimozione degli anticorpi. Per quanto riguarda il team di pediatria, diretto dal dottor Claudio Favre, sono risultati particolarmente rilevanti i contributi della dottoressa Gabriella Casazza, della dottoressa Mariacristina Menconi e della dottoressa Laura Luti, che si sono occupate del decorso post-operatorio in collaborazione con il Team principale, della dottoressa Eleonora Dati per le problematiche endocrinologiche e di tutto il personale infermieristico guidato dalla signora Tiziana Del Carlo.
(Ufficio Stampa Aoup)