Dai laboratori dell'Università di Pisa arriva uno studio innovativo per aiutare a prevenire le malattie metaboliche: grazie a una ricerca interdisciplinare condotta da Arti Ahluwalia, professoressa di Bioingegneria, e dal suo gruppo del Centro di Ricerca Interdipartimentale "E. Piaggio", è stato riprodotto in vitro il primo modello di diabete. "Nel nostro esperimento abbiamo riprodotto in vitro molte delle alterazioni caratteristiche del metabolismo umano, simulando lo stress a cui sono sottoposti gli organi a causa del diabete", spiega Arti Ahluwalia. "Il sistema ha risposto come il corpo umano, mostrando gli stessi segni di danno che compaiono al livello sistemico e nel tessuto vascolare in presenza della malattia".
I risultati della ricerca, pubblicati sulla rivista PLoS ONE nell'articolo «Glucose and Fatty Acid Metabolism in a 3 Tissue In-Vitro. Model Challenged with Normo- and Hyperglycaemia», sono di grande rilievo non solo per lo studio delle malattie dismetaboliche (tra cui l'obesità), ma quanto per le sue potenziali applicazioni allo studio di altre patologie e quindi alla realizzazione di nuovi modelli fisiopatologici. Si aprono così una serie di possibilità d'indagine nella ricerca di segnali tissutali integrati, che fino ad oggi era stata ritenuta impossibile in vitro. La ricerca ha visto l'utilizzo dell'innovativo sistema di coltura cellulare Quasi-Vivo®, che nel frattempo è stato concesso in licenza alla Kirkstall Ltd. Tutti gli esperimenti sono stati condotti dalla dottoressa Bruna Vinci, durante il suo dottorato e il suo post-doc, dividendo la sperimentazione e trascorrendo il suo tempo tra i laboratori di Pisa e quelli dell'Università di Padova.
Nello studio descritto, sono stati coltivati insieme tre tipi di cellule derivanti da altrettanti tessuti attivi e responsivi al metabolismo di substrati energetici e molecole secondarie (cellule da tessuto epatico, tessuto adiposo e cellule da tessuto endoteliale). Le cellule e i tessuti, posti in un sistema di coltura a "tre comparti separati" comunicanti e collegati grazie un flusso di un mezzo di coltura comune, sono stati sottoposti a condizioni simulanti sia stati fisiologici che patologici post-prandiali (ad es. normo- e iperglicemia da alimentazione). I risultati sono stati sorprendenti perché hanno dimostrano che una cultura multipla di tessuti collegati secondo schemi razionali e in scala allometrica, può simulare e riassumere (in maniera semplificata) molte delle alterazioni caratteristiche del metabolismo umano in sovraccarico nutrizionale, come ad esempio l'infiammazione sistemica e danno vascolare.
Le malattie metaboliche sono spesso legate a un eccesso di tessuto adiposo. Queste patologie sono la prima causa di morbilità e mortalità nel nostro paese in un progressivo aumento legato all'innalzamento della vita media della popolazione. Il diabete, come altre malattie metaboliche è multifattoriale; ha natura infiammatoria, genetica ed epigenetica, ed è diventata una malattia fortemente penalizzante per la qualità e la durata della vita poiché crea complicazioni decise prevalentemente a carico dell'apparato cardio-circolatorio.
Là dove la prevenzione delle malattie metaboliche è insufficiente, cresce l'impegno per il miglioramento del suo trattamento specifico nella prospettiva di una medicina sempre più mirata e personalizzata. Gli sforzi scientifici s'indirizzano verso modelli di studio in vitro sempre più complessi e vivosimilari, avvalendosi di nuove tecnologie capaci d'integrare principi di natura diversa. Questi sforzi permettono di individuare le interazioni tra i vari tessuti e il ruolo specifico di ogni organo nella omeostasi metabolica. Inoltre, permettono di abbattere l'utilizzo di animali per il testing di farmaci e come modelli di patologie umane, da cui è nota la difficoltà e imprecisione a estrapolare alla casistica umana.
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