Il Dipartimento di Scienze Agrarie Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa vuole ricordare la figura dell’insigne maestro della enologia nazionale e internazionale, il Dott. Giacomo Tachis, scomparso sabato 6 febbraio dopo lunga malattia, con cui per tanti anni ha collaborato nell’ambito del corso di studi di Viticoltura ed Enologia.
La nuova filosofia vitivinicola del grande enologo ha trovato nell’Università di Pisa un luogo in cui esprimersi al meglio, attraverso una lunga collaborazione didattica divenuta una vera e propria consuetudine con la ex facoltà di Agraria. A Giacomo Tachis, enologo, agronomo e uomo di cultura, l’Università di Pisa aveva conferito nel 1999 la laurea honoris causa in Scienze Agrarie per la preziosa e instancabile collaborazione didattica che per anni è stata offerta a generazioni di studenti che, anche sotto la sua guida, si sono affermati in Italia a nel mondo con le loro creazioni enoiche, nate spesso dalla passione e dalla competenza trasmessa ai nuovi enologi proprio dalla figura di Giacomo Tachis.
In Italia Tachis era conosciuto come il "principe" degli enologi, all’estero come “The Legendary Italian winemaker”; per gli appassionati di enogastronomia era "l'uomo del Rinascimento del vino italiano nel mondo" ma lui preferiva definirsi un "mescolatore di vino - di paese e di campagna, altro che internazionale". Ha creato molti grandi vini tra cui tre "supertuscans" fra i più famosi al mondo, il Sassicaia, il Tignanello e il Solaia; ha impresso una svolta decisiva al destino dei vini di Sicilia e Sardegna, dove ha creato il Terre Brune, il Turriga e il Barrua. A lui è stato dedicato un libro, realizzato grazie alla raffinata narrazione di Bruno Donati (Giacomo Tachis, enologo corsaro – dieci anni di rivoluzione siciliana, Ed. Terraferma) quale testimonianza di gratitudine della Sicilia a un grande uomo che le ha dischiuso nuove insperate prospettive produttive, modificando radicalmente la filosofia vitivinicola dell’intera regione.
Giacomo Tachis era nato 82 anni fa a Poirino, in provincia di Torino, in una zona agricola coltivata a cereali, dove non c’è mai stata cultura viticola. Niente sembrava condurlo al mondo del vino, ma l’amore per questo prodotto è stato alimentato dalla passione per lo studio e per i libri che lo ha accompagnato sin dai tempi della scuola e che ha continuato a coltivare da attento e appassionato bibliofilo conservando nella sua casa di San Casciano Val di Pesa molti rari e antichi volumi dedicati al mondo della vite e del vino. La sua era una famiglia modesta: il padre, Antonio, era meccanico tessile e la madre, Cecilia, casalinga. Questo però non ha spento il suo desiderio di conoscenza, che, dopo il diploma in Enologia conseguito ad Alba nel 1954, lo ha spinto a interessarsi alle ricerche portate avanti in Francia dal Professor Emile Peynaud, con cui ha collaborato a lungo nel corso della sua attività come Direttore tecnico generale, responsabile della produzione enologica della Casa Vinicola Marchesi Antinori. Di questa prestigiosa Casa, Tachis è stato direttore per 32 anni ed ha saputo condurre, come ha ricordato il marchese Piero Antinori nel libro Tignanello. Una storia toscana, scelte audaci e innovative: per quel vino, ora sulle tavole dei grandi del mondo, venne superato per la prima volta il disciplinare della zona (il Chianti Classico), si controllò utilmente la fermentazione malolattica e venne introdotto l'invecchiamento in barriques, anziché in botti. Una intuizione meravigliosa e un esperimento di grande successo nati dalla sua “enosofia” magistralmente sintetizzata nella sua frase, scritta in quarta di copertina del suo libro Sapere di vino: “Il futuro dell’enologia sarà quello di esaltare la bevanda di Bacco in uno dei contesti più cari alla vite per clima, tradizione e storia: il nostro paese”.
Nello stesso libro, presentato all’Università di Pisa il 12 novembre del 2010, Tachis indicò la strada da percorrere: tenersi al riparo dall’influenza di mode facili, che portano alla produzione di vini da “olfattoteche, conciati” mediante un utilizzo improprio della barrique impiegata unicamente per conferire sapore e profumo di legno, per dosare, al contrario, opportunamente l’impiego dei trattamenti chimici e depauperanti così da esaltare l’evoluzione naturale del vino. Con lo sguardo rivolto al futuro, Giacomo Tachis affermò che il progresso scientifico, che si traduce in aggiornamento tecnico e persino commerciale, ha portato a notevoli progressi nella produzione vitivinicola, grazie all'ausilio della microbiologia e della biochimica, due campi che lo hanno appassionato moralmente e intellettualmente.
Nel 2014 gli fu conferito il Pegaso d’oro, massima onorificenza della Regione Toscana, consegnata alla figlia Ilaria perché già impossibilitato a muoversi. In quella circostanza Antinori disse: "riconoscimento meritatissimo, e lo dico a nome di tutti i colleghi toscani e da Italiano, perché tutti noi dobbiamo essere molto, ma molto grati a Tachis per la sua opera".
Anche se Giacomo Tachis si è spento sabato scorso, la sua leggenda e il suo amore per l’arte enoica sarà ricordata nei decenni a venire come uno dei momenti più alti dell’espressione delle conoscenze scientifiche applicate al settore vitivinicolo.
L’Università di Pisa dedica alla sua figura un ricordo commosso e affettuoso.