Si è tenuta giovedì 17 marzo, nell'Aula Magna del Polo Carmignani, la tavola rotonda “Libertà di espressione e libertà religiosa in tempi di crisi economica e di rischi per la sicurezza”, un evento organizzato nell'ambito dell’omonimo Progetto di Ricerca di Ateneo coordinato dal professor Francesco Dal Canto. La giornata è stata aperta dai saluti del direttore del dipartimento di Giurisprudenza, Roberto Romboli.
Nell’occasione è stato presentato il volume Libertà di espressione e libertà religiosa in tempi di crisi economica e di rischi per la sicurezza, curato da Francesco Dal Canto, Pierluigi Consorti e Saulle Panizza, ed edito da Pisa University Press. Al volume hanno contribuito Silvia Angeletti, Simone Baldetti, Cassandra Battiato, Pierluigi Consorti, Francesco Dal Canto, Valerio Di Pasqua, Carmela Elefante, Nicola Fiorita, Luigi Mariano Guzzo, Chiara Lapi, Michela Manetti, Matteo Monti, Michele Nisticò, Saulle Panizza, Nicola Pignatelli, Maria Chiara Ruscazio, Federica Sona, Angioletta Sperti, Elettra Stradella, Angela Valletta.
Pubblichiamo di seguito la Presentazione del volume scritta dal professor Francesco Dal Canto.
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Il presente volume raccoglie gli atti sviluppati a seguito di un incontro svoltosi il 27 novembre 2015 nell’ambito di un Progetto di ricerca coordinato dal sottoscritto e finanziato dall’Università di Pisa sul tema “Libertà religiosa e libertà di espressione in tempi di crisi economica e di rischi per la sicurezza”.
Sotto la guida di Pierluigi Consorti, per la libertà religiosa, e Saulle Panizza, per la libertà di espressione, aiutati dalle riflessioni introduttive di Michela Manetti e di Nicola Fiorita, un nutrito gruppo di giovani studiosi ha cercato di riflettere su svariati profili problematici di estrema attualità connessi alla tutela di tali diritti di libertà, dando conto, in particolare, della loro progressiva ridefinizione alla luce dei tempi di crisi economico-finanziaria e di sicurezza che stiamo attraversando. Due tipologie di crisi certamente assai diverse, sebbene entrambe dotate della medesima propensione al contenimento e al condizionamento dei diritti fondamentali.
Da una parte la crisi economica ha accentuato le disuguaglianze, accresciuto le sacche di povertà, ridotto per una fascia sempre più ampia della popolazione le opportunità reali, a cominciare dalla dimensione lavorativa, necessarie per garantire a sé e al proprio nucleo familiare un’esistenza libera e dignitosa, secondo l’impegnativa formula prevista all’art. 36 della Costituzione. E tuttavia, com’è noto, la crisi economica ha inciso non soltanto sui diritti sociali, finanziariamente condizionati, ma ha diminuito anche le possibilità concrete di esercitare i diritti tradizionali di libertà, i quali, spesso non meno degli altri, necessitano di interventi pubblici e di presidi effettivi.
La crisi economica, in particolare, ha reso più stringente l’esigenza di bilanciare l’obiettivo della protezione dei diritti con gli equilibri di bilancio e con il valore della compatibilità finanziaria. Tale necessità, com'è. noto, nel contesto di un’opinione pubblica piuttosto disattenta, ha fatto di recente il suo ingresso nel testo della Costituzione, con la riforma dell’art. 81 Cost., laddove ora viene espressamente evocato il principio dell’equilibrio di bilancio, che da obiettivo politico è divenuto uno stringente imperativo giuridico. Si può richiamare, in proposito, la nota recente sentenza della Corte costituzionale n. 10/2015, nella quale il Giudice delle leggi, agendo irritualmente sulla limitazione degli effetti temporali della propria decisione, ha operato un delicato bilanciamento tra i diversi interessi costituzionali in gioco, da una parte il diritto di numerose imprese interessate ad ottenere la restituzione di un tributo che non avrebbe dovuto essere richiesto (c.d. Robin tax) e dall’altra le esigenze di equilibrio di bilancio, ritenendo prevalente quest’ultimo e la connessa esigenza di contenimento delle spese.
L’altro fattore di crisi che si è inteso indagare è la crisi della sicurezza, fenomeno tanto più attuale alla luce degli ultimi tragici avvenimenti. L’esplosione, anche in Europa, del terrorismo di matrice islamica, che sempre più si distingue per la circostanza di non avere bersagli selezionati ma per il fatto di “sparare nel mucchio”, ha ingenerato nei cittadini la sensazione dell’esistenza di un pericolo costante e incontrollabile.
Il binomio sicurezza/libertà è antico. Sono svariati i periodi storici nei quali si sono registrate “rotture” nella tutela dei diritti in nome della sicurezza. E tuttavia oggi il contesto sembra mutato; pare di essere dinanzi ad un terrorismo dalla fisionomia nuova, che tende ad affermarsi nel tempo in modo stabile e permanente, a differire a data incerta il momento del ritorno alla normalità. Utilizzando un tragico ossimoro, si è parlato di “terrorismo del tempo ordinario”.
Dinanzi a questi fenomeni l’ordinamento risponde con politiche di prevenzione dei rischi, introdotte attraverso l’adozione di legislazioni dell’emergenza che sacrificano spazi di libertà in cambio di una diminuzione del rischio per la sicurezza, incidendo direttamente sulle stesse fondamenta su cui poggia lo Stato democratico.
Ma se fin quando l’emergenza è sporadica, eccezionale, temporanea, è possibile contenere la risposta del legislatore entro i binari della precauzionalità e della proporzionalità e dunque nell’ambito di un ragionevole contemperamento, diversa si pone la questione se l’emergenza diviene un tratto permanente.
A questo proposito, sembra ancora utile il richiamo agli indirizzi seguiti dalla giurisprudenza costituzionale nel periodo degli anni “di piombo”, laddove la legislazione emergenziale contro il terrorismo veniva giustificata proprio sul presupposto dell’eccezionalità della situazione e della sua provvisorietà. In particolare, la Corte costituzionale, nel giudicare non in contrasto con la Costituzione la decisione, operata con decreto legge, di prolungare i termini massimi di carcerazione preventiva, ebbe modo di osservare che tale provvedimento poteva apparire non irragionevole solamente in quanto temporaneo, atteso che soltanto l’emergenza poteva legittimare “misure insolite” destinate a "perdere legittimità se ingiustamente protratte nel tempo" (sent. n. 15/1982). In modo diverso, dunque, si pone la questione se l’emergenza si presenta come duratura, come dato costante con cui convivere nel quotidiano; quando la risposta del legislatore tende a presentarsi non più come una deroga alla disciplina generale ma a sostituirsi ad essa, a divenire un nuovo ordine.
In conclusione, i fenomeni che vengono affrontati nel presente volume, la crisi economico-finanziaria e la crisi della sicurezza, sembrano avere in comune proprio la circostanza di aver subito entrambi la medesima trasformazione: da situazioni eccezionali, contingenti, da cui poteva ragionevolmente conseguire un affievolimento temporaneo dei diritti, essi sono divenuti fenomeni duraturi e sistemici.
L’eccezionale è divenuto quotidiano. Conseguentemente, anche le ricadute sul livello di tutela dei diritti fondamentali rischiano di trasformarsi da contingenti in durevoli e forse irreversibili.
Francesco Dal Canto
docente di Diritto Costituzionale