C'è l'impronta dell'Islam nella "Divina Commedia" di Dante, un rapporto complesso e divaricato che va dal feroce e infamante attacco contro Maometto, a un riconoscimento dell'importanza culturale dell'Islam per lo stesso pensiero cristiano medioevale. A ricostruire questo articolato scenario venerdì 27 aprile è stato il professore Raffaele Donnarumma del dipartimento di Italianistica dell'Ateneo per il ciclo dei seminari "Il folle volo – Lezioni dantesche".
"I versi su Maometto – spiega Raffaele Donnarumma – sono costati alla 'Commedia' la censura in alcuni paesi islamici, dove il canto XXVIII dell'Inferno è stato cassato dalle traduzioni, o la circolazione del poema è proibita". Una polemica, quella di Dante "islamofobo", che è tornata a riaccendersi anche recentemente. Non ultimo a marzo scorso, quando Gherush92, un'organizzazione non governativa per i diritti umani, ha chiesto, assieme ad alcuni membri del Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite, di abolire la "Divina Commedia" dai progetti scolastici proprio per le frasi offensive contro l'Islam. "In realtà – continua l'italianista dell'Università di Pisa – il rapporto di Dante con l'Islam è più complesso e sottile. Nel Limbo, fra i saggi e gli eroi greci e latini, troviamo anche Saladino che aveva fama di sovrano nobile e giusto, ma che era pur sempre un vittorioso nemico dei crociati; e poi anche Avicenna e Averroè, al quale Dante riconosce la diffusione del pensiero e delle opere di Aristotele nell'Europa neolatina".
Ma singoli personaggi a parte, in realtà è l'intera struttura delle "Commedia" che deve qualcosa alla cultura islamica, in particolare al "Libro della scala" che all'epoca di Dante era attribuito (erroneamente) allo stesso Maometto. Chi sia l'autore del volume è a tutt'oggi un mistero. Per certo si sa che la sua diffusione in Europa partì dalla Spagna, dove probabilmente ebbe modo di conoscerlo anche il maestro di Dante, Brunetto Latini, durante il suo soggiorno alla corte di Alfonso X. "Dante non cita mai il 'Libro della scala' - continua Donnarumma - ma i punti di contatto sono molti sia nell'architettura generale dell'aldilà, sia nell'idea del viaggio, così come in alcuni particolari, come nel canto VIII dell'Inferno, dove Dante descrive delle 'meschite' (moschee) subito fuori le porte della città di Dite".
"Dante - conclude Donnarumma - si mostra del tutto consapevole dell'importanza culturale che l'Islam ha avuto perché lo stesso pensiero cristiano medioevale si fissasse nei suoi caratteri più propri" Lo stesso Maometto in realtà è qualcosa di vicino e lontano. Quando Dante lo pone nell'Inferno fra i "seminator di scandalo e di scisma", in realtà non fa che accogliere la leggenda medievale diffusa che lo voleva un prete cattolico deluso nelle sue ambizioni di carriera e poi traviato dal genero Alì.
Dopo Dante e l'Islam, il ciclo di seminari "Il folle volo", organizzato dagli studenti di italianistica, continua con altri appuntamenti. Venerdì 4 maggio (aula 2 Palazzo Ricci, ore 14) Lucia Battaglia dell'Università di Pisa parla di "Immaginare (attraversare, raccontare) l'Aldilà. Per un censimento di modelli, letterari e non". Martedì 8 maggio (aula magna Palazzo Boilleau, ore 14) sarà la volta di Luca Serianni dell'Università La Sapienza di Roma con una "Lettura di Purgatorio VIII".