È stato riaperto l'antico ingresso di Via Roma dell'Orto Botanico, che era stato inaugurato a metà del XVII secolo e dismesso in epoca successiva. Il ripristino dell'ingresso settecentesco ha comportato, con il restauro del cancello monumentale, la ristrutturazione di alcuni locali nell'edificio che si affaccia su Via Volta e il consolidamento strutturale del muro di cinta che delimita il giardino su Via Roma. Altri interventi significativi hanno inoltre riguardato la parte botanica, con un'attenta manutenzione delle collezioni esistenti e la creazione di nuove serre dotate di avanzati impianti geotermici per la climatizzazione interna e per l’irrigazione.
Alla cerimonia di inaugurazione hanno portato il loro saluto il rettore Massimo Mario Augello, il sindaco, Marco Filippeschi, e la funzionaria della Soprintendenza, Marta Ciafaloni, cui sono seguiti gli interventi dei professori Nicoletta De Francesco, prorettore vicario, Lucia Tomasi Tongiorgi, delegata per le Iniziative Culturali, e Lorenzo Peruzzi, coordinatore scientifico dell’Orto Botanico.
Proponiamo di seguito la relazione della professoressa Lucia Tomasi Tongiorgi dal titolo "Aditus qui ad ostium Viae publicae ducitur. Entrare all'Orto Botanico ieri e oggi".
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"Aditus qui ad ostium Viae publicae ducitur". Entrare all’Orto Botanico ieri e oggi
È noto che l’attuale Orto Botanico costituisce il terzo "Giardino dei Semplici" allestito nella città di Pisa per volere della dinastia medicea, dopo essere stato dislocato dall’originario luogo posto lungo le mura presso la chiesa di San Vito - l’Orto concepito da Luca Ghini nel 1543/4 - e, quindi, dalla successiva sede ubicata nella zona di via Santa Marta.
Fondamentale per la ricostruzione della storia dell’antico "Giardino dei Semplici", oltre al ricchissimo materiale archivistico sulla storia dell’Ateneo, è il volume redatto da uno dei suoi più celebri direttori (praefecti) settecenteschi, Michelangelo Tilli, che redasse il primo catalogo delle piante che crescevano nel giardino (Catalogus Plantarum Horti Pisani, 1723).
La costruzione del Giardino sito di via Santa Maria si deve al prefetto Giuseppe Casabona (l’olandese Gedenhuize): iniziata nel 1591, si concluse nel 1595. Il suo ingresso si apriva in un edificio, oggi detto "Palazzetto del Granduca", già una casa-torre con due portoni sormontati da due piani e una soffitta, ciascuno con due finestre. Al primo piano era situata la Galleria, cioè l’antico Museo, e nel secondo l’abitazione del direttore o prefetto.
La facciata dell’edificio era originariamente decorata forse a ‘sgraffito’ con vasi ed elementi vegetali, oggi scomparsi, come testimonia una tavola del citato catalogo di Tilli.
Al disopra delle due porte un’imponente iscrizione marmorea ricordava che il terzo granduca - Ferdinando I - aveva finalizzato il giardino a uso degli studiosi e, soprattutto, degli studenti (“adulescentes studiosi... in quo fructum herbarumque facultates... pernoscant ”) . Sotto l’epigrafe nel 1639 fu aggiunto il busto del granduca Ferdinando II, anch’egli mecenate delle scienze, opera dello scultore pietrasantino Giovanbattista Stagi.
Uno dei due portoni, in noce toscano, era elegantemente decorato da quattro pannelli con piante scolpite in bassorilievo, forse da un intagliatore della famiglia degli Atticciati o Gaeta che operavano alla fine del XVI alla ricostruzione del soffitto del Duomo dopo il disastroso incendio del 1595.
L’ingresso immetteva in un lungo corridoio puntualmente descritto nell’inventario manoscritto dell’Orto del 1626, dove si potevano ammirare ossa di balena (”mascelle, costole, vertebre, palette di spalla”), raffigurato anche nella pianta del Tilli e quindi una sequenza dei ritratti dei dodici semplicisti, fortunatamente giunti fino a noi. Questo ingresso viene descritto anche da molti viaggiatori che visitarono l’Orto tra il XVII e XVIII secolo: ad esempio, il padre di Goethe, Johann Gaspar , ricorda nel 1740, accanto alle ossa dei cetacei, un’iscrizione che recitava: “Hic Argo esto non Briareus”. L’iscrizione di origine medievale, oggi perduta, era allusiva alle figure mitologiche di Argo - dai molti occhi - e Briareo - dalle molte braccia - e invitava cioè a “guardare e non toccare”. Era infatti uso assai diffuso rubare esemplari o staccare parti delle piante rare.
Il corridoio sfociava nel giardino attraverso l’edificio la cui facciata era decorata in etmediceo-lorenese a grottesche con l’inserimento di organismi marini, che comunemente chiamiamo “Palazzetto delle conchiglie”, ma è in realtà l’antica “fonderia” (laboratorio chimico).
Dalla seconda tavola inserita da Michelangelo Tilli nella sua opera che documenta la pianta del giardino, apprendiamo che nel 1723 doveva esistere un altro ingresso che si apriva nell’angusta via della Cereria (oggi via Volta), che viene chiamato “Ostium primum” che doveva sfociare nell’attuale ingresso del Dipartimento di Biologia, come testimoniato anche da un disegno del 1830 di Gaetano Ciuti. Da notare che nella pianta non compare ancora l’ingresso su via Roma.
È utile ricordare che proprio nella via della Cereria esisteva un’altra celebre iscrizione datata 1620 e firmata da un certo Francesco - forse uno studente - che recitava “A tenpo a tenpo. Chi sa sa, chi un sa su danno”. Proveniente certo da via della Cereria (oggi via Volta), dopo la distruzione con la guerra dell’edificio degli ex- Istituti di Geologia e Mineralogia, è assai probabilmente riferibile alla storia dell’Orto.
Al prefetto Michelangelo Tilli, morto nel 1740, subentrò il nipote Angelo Attilio: a questo naturalista si deve l’apertura nel 1752 del nuovo ingresso dell’Orto su Via Roma, come testimoniato anche da un altro celebre botanico direttore dell’Orto, Gaetano Savi, nelle sue Notizie per servire alla storia del Giardino del 1828, dove si legge: "Anche il Giardino [oltre al Museo di storia naturale] ne riportò qualche comodo, e qualche ornamento: ne fu mutato l’ingresso, chiuso essendo quello che metteva nell’angusta via della Cereria (via Volta) e un nuovo apertone nella spaziosa via del Chiodo (Via Roma) e munito di un magnifico Cancello di ferro...”. Fu in questo periodo che anche i due possenti pilastri che delimitavano il cancello vennero decorati con riquadri floreali a mosaico di pietre multicolori e sormontati da due vasi. Sul pilastro destro che dà su via Roma esiste ancora un campanello marmoreo con la scritta “Orto Botanico”.
Non sappiamo quando fu dismesso l’ingresso di via Roma, anche se si ricorda che Alberto Chiarugi, che diresse l’Orto dal 1930 al 1950, ordinò un nuovo cancello in sostituzione di quello settecentesco ormai degradato.
Nel 1841 l’Orto fu ampliato nella zona settentrionale dall’acquisizione di una vasta porzione di terreno e nel 1852 venne aperta la via Galli Tassi. Tra il 1880 e il 1890, sotto la direzione di Giovanni Arcangeli, venne costruito l’ingresso che si apre in via Porta Buozzi-via Luca Ghini, contemporaneamente alla costruzione del grande edificio adibito all’Istituto di Botanica.
Dopo ben 264 anni, celebriamo oggi la riapertura dell’antico ingresso al nostro Orto Botanico in via Roma, offrendo ai concittadini e ai turisti un più visibile e agevole accesso, in attesa di un nuovo prossimo incontro per ammirare il restauro dell’antico edificio della Galleria dove sarà situato il Museo Botanico.
Lucia Tomasi Tongiorgi
docente di Storia dell'Arte