Da dove viene l'idea dell'Election day in America? E perché, ad esempio, è sempre un martedì? Le risposte a queste e ad altre domande in un post di Arnaldo Testi, professore di Storia americana al dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell'Università di Pisa, dal suo blog Short Cuts America in cui scrive di politica, della società e della cultura degli Stati Uniti di oggi.
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Election Day? Che sia all’inizio di novembre, di martedì
La data delle elezioni presidenziali americane non è scritta nella pietra della Costituzione, ma in una legge federale. La legge è antica, del 1845, e dice in poche righe che i grandi elettori che formano l’Electoral College presidenziale, quello che elegge il Presidente e il Vice-presidente degli Stati Uniti, devono essere scelti lo stesso giorno in tutti gli Stati dell’Unione. E che questo giorno è il primo martedì di novembre successivo al primo lunedì di novembre. Quindi, se si fa un rapido calcolo, non può essere il primo del mese, ma un giorno fra il 2 e l’otto. L’8 novembre, come in quest’anno 2016, è la data più tarda possibile.
Il perché di questa bizzarra clausola è tecnico, rinvia a una legge ancora più antica, e richiede un po’ di paziente applicazione. All’alba della repubblica, nel 1792, il Congresso aveva stabilito che i grandi elettori presidenziali dovevano riunirsi ed esprimere i loro voti (ciascuna delegazione nel proprio stato) il primo mercoledì di dicembre. Gli stessi grandi elettori, inoltre, dovevano essere designati dagli stati nei 34 giorni precedenti a quella data. Ora fast forward alla legge del 1845. Nella prima stesura si diceva solo: che la designazione avvenga il primo martedì di novembre. Ma poi qualcuno osservò che in certi anni il periodo fra il primo martedì di novembre (se cade il primo del mese) e il primo mercoledì di dicembre è superiore ai 34 giorni. Il marchingegno adottato evitava questo rischio.*
Già la legge del 1792 aveva messo un po’ di ordine nei tempi delle procedure elettorali. Aveva costretto gli stati ad agire in un periodo definito dell’anno (gli ormai famosi 34 giorni appunto e non, come accadeva per altre elezioni, d’aprile o d’estate o a settembre o quando a loro piacesse). L’inizio di novembre divenne il momento preferito, ma i giorni erano ballerini, variavano da stato a stato. Succedeva così che gli stati che votavano più tardi conoscessero alcuni risultati e ne fossero influenzati. E anche che i partiti organizzassero gruppi di elettori entusiasti e fedeli che attraversavano i confini statali votando di qua e di là, più volte, il loro candidato. Il provvedimento del 1845 pose fine a tutto ciò.
Dal 1848 in poi ci sarebbe stato un unico Election Day presidenziale, punto e basta. (Nel 1872 un’altra legge stabilì che in quel giorno dovevano tenersi anche le elezioni per il Congresso federale.)
La scelta di novembre (e inizio dicembre) per simili operazioni era legata a fattori istituzionali e culturali un po’ da antico regime. Era questo il periodo dell’anno in cui le assemblee legislative degli stati erano riunite in sessione; e naturalmente bisogna ricordare che all’inizio della storia i grandi elettori erano designati dalle assemblee statali, non eletti dal popolo. Questo era anche un momento di pausa nel ciclo economico stagionale di una società in gran parte agricola: il raccolto autunnale si era concluso, i rigori dell’inverno non si erano ancora dispiegati, i politici potevano ancora muoversi con qualche conforto nel grande paese.
La scelta del martedì era solo leggermente più moderna. Dagli anni quaranta dell’Ottocento i grandi elettori erano ormai eletti dal popolo, a suffragio universale maschile, da milioni di cittadini. Gli elettori dovevano spesso fare viaggi importanti per raggiungere i seggi aperti nei villaggi, magari nella cittadina capitale di contea. Non potevano certo andare la domenica, che era il giorno del Signore. E neanche il mercoledì, che era il tradizionale giorno di mercato. Martedì era perfetto, consentiva anche a chi veniva da lontano di muoversi il giorno prima, lunedì. L’America era quasi tutta rurale, e l’elettore ideale era un farmer maschio.
La scelta di un unico giorno era invece compiutamente moderna, razionale, efficiente. Acquistò anche un forte significato simbolico. Il voto divenne un atto collettivo sincronizzato in tutto il paese; e grazie alla crescente velocità di comunicazione (le ferrovie, il telegrafo) e al nascente giornalismo popolare (la penny press quotidiana) gli elettori stessi ne divennero consapevoli. Era il popolo sovrano che si riuniva tutto nelle stesse ore per scegliere i propri governanti, a livello nazionale, in una nazione cresciuta a dimensioni continentali. Era insomma, come cantò più tardi con democratico ottimismo Walt Whitman, America’s choosing day:
“Il giorno in cui l’America fa la sua scelta / il senso profondo non nell’eletto – l’atto in se stesso ciò che più conta, la scelta quadriennale.”
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* In un ulteriore twist di immaginazione & sfida alla pazienza, il giorno delle riunioni dei grandi elettori fu spostato in avanti nel 1887, al secondo lunedì di gennaio, e poi di nuovo indietro nel 1936 – alla data attuale, e cioè al primo lunedì dopo il secondo mercoledì di dicembre (quest’anno sarà il 19 dicembre). In entrambi i casi fu cancellata la clausola dei 34 giorni. Ma la data di Election Day è rimasta quella prevista dalla formula del 1845.
Arnaldo Testi
Sempre sull'Election day - perché non ci sono ormai più gli Election day di una volta! - potete anche leggere qui un altro post da Short Cut America.