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Piero Marchetti | gennaio 2019

L’esperienza della progettazione europea nella ricerca in ambito medico     

Piero Marchetti, Professore Ordinario presso il Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, ha all’attivo nove progetti europei come responsabile di unità di ricerca, volti a sviluppare la ricerca su cause, prevenzione e trattamento del diabete. La prima esperienza nella progettazione europea risale al 1998 e sono tre i progetti europei in corso ai quali il prof. Marchetti ed il suo affiatato team di ricercatori stanno collaborando INNODIA  e RHAPSODY, finanziati dalla Public Private Partnership tra la Commissione europea e l’industria farmaceutica IMI2 e T2DSystems, finanziato nell’ambito di Horizon 2020.

Così il prof. Marchetti commenta la sua esperienza: “Ricordo ancora la telefonata del collega francese, ormai parecchio tempo fa: “Piero, nous l’avons fait!”. Cominciava così la mia prima partecipazione ad un progetto di ricerca finanziato dalla Comunità Europea, portando con sé anche qualche legittima preoccupazione: andrà tutto bene? ce la faremo? riuscirò a conciliare gli impegni clinici con quelli di una ricerca così impegnativa? Beh, magari non tutto poi è andato sempre perfettamente bene, qualche volta gli obiettivi previsti non sono stati raggiunti appieno, e frequentemente un po’ di fatica si è fatta sentire. Ma a distanza ormai di diversi anni da allora, riconosco che quel momento ha segnato una svolta decisiva nel mio percorso professionale. Altri progetti europei mi hanno visto coinvolto successivamente (di cui tre attualmente in corso), la consapevolezza della bontà dell’attività compiuta è cresciuta, l’arricchimento culturale mio personale e dei miei collaboratori è stato inestimabile.”

“Naturalmente il lavoro svolto, – prosegue il Professore - finalizzato a comprendere le cause che determinano il danno delle beta cellule pancreatiche (con conseguente insorgenza del diabete) e a sviluppare approcci terapeutici mirati alla prevenzione e anche alla guarigione del diabete stesso tramite protezione o sostituzione di tali cellule, è stato reso possibile da tante sinergie, tutte indispensabili e preziose: il supporto e la vicinanza dell’Università, divenuti particolarmente palpabili negli ultimi anni; la condivisione con le strutture e i colleghi (soprattutto quelli coinvolti in attività di trapianto di organi) dell’AOUP, che rendono possibili le considerazioni su eventuali trasferibilità in ambito clinico dei risultati conseguiti; e soprattutto, la dedizione di ricercatori giovani e meno giovani, che spesso sacrificano alla curiosità scientifica la mancanza di certezze sul loro futuro lavorativo.”

E ai giovani ricercatori dice: “Se avete dentro domande in ambito scientifico che bruciano, se avete un sogno nella ricerca, provate con tutta la vostra energia a seguire il vostro cuore e il vostro cervello”, esprimendo al contempo la preoccupazione di “vedere andar via o rischiare di perdere professionalità e competenze di eccellente valore, scorgere negli occhi di qualche validissimo collaboratore la delusione per dover lasciare ciò su cui ha investito la parte migliore della propria vita professionale, ecco, queste sono situazioni profondamente dolorose.”

Pur evidenziando altre forti criticità di sistema che minano spesso la capacità competitiva dell’attività di ricerca, il Professore sostiene che “l’impegno di tutti deve continuare, e sempre più forte, per rendere la ricerca svolta nel nostro Ateneo ancora più competitiva e di successo nel nostro paese e a livello internazionale”.


Scopri a questo link la rubrica che racconta “in un click” il "Ricercatore del mese" del nostro Ateneo ed il suo progetto premiato dall’Europa.

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