Laurea specialistica honoris causa in Medicina e Chirurgia a Salvatore DiMauro
Il 12 novembre 2009 l'Università di Pisa ha conferito la Laurea specialistica honoris causa in Medicina e Chirurgia a Salvatore DiMauro.
- Discorso del Rettore
- Motivazioni del conferimento, di Lugi Murri
- Laudatio, di Giovanni Battista Cassano
Lectio magistralis di Salvatore DiMauro
Il mitocondrio: Prometeo incatenato
Come Prometeo fu incatenato al Caucaso in tempi mitologici, così circa due miliardi di anni fa protobatteri capaci di utilizzare ossigeno furono imprigionati all’interno di primordiali cellule eucariotiche e divennero mitocondri. Questa singolare simbiosi fu provvidenziale per almeno due ragioni. Primo, in un periodo in cui l’atmosfera terrestre, ricca in metano, s’arricchiva sempre più di ossigeno, i mitocondri ebbero un’azione disintossicante. Secondo, i mitocondri regalarono alle cellule ospiti il metabolismo aerobico, proprio come Prometeo aveva regalato agli umani il fuoco. Nel trasferirsi all’interno delle nostre cellule, i protobatteri portarono con sé il proprio DNA, che tuttora conservano, unici tra gli organelli intracellulari (a parte il nucleo, naturalmente). Noi abbiamo quindi due tipi di DNA, il nostro “autoctono” DNA nucleare e il DNA mitocondriale, che è nostro – per la verità gradito – ospite.
Allora, guardiamo un pó più da vicino questo DNA mitocondriale, o mtDNA. Data la sua origine batterica, è un DNA circolare, a doppia catena, assai compatto (non contiene introni), quantitativamente minuscolo (è solo l’1% del DNA cellulare), ma per nulla trascurabile, come vedremo. Il mtDNA contiene solo tredici geni che codificano proteine, più 2 geni per l’RNA ribosomiale (rRNA) e 22 geni per gli RNA di trasferimento (tRNAs).
Tra le varie peculiarità della “genetica mitocondriale” (diversa dalla genetica mendeliana, propria del DNA nucleare), una delle più caratteristiche è che i mitocondri (e il mtDNA) vengono trasmessi ai figli (sia maschi che femmine) esclusivamente dalla madre. Ne consegue che anche le malattie dovute a mutazioni del mtDNA saranno trasmesse per via materna.
Questa trasmissione strettamente matrilineare e la propensità del mtDNA ad accumulare mutazioni neutre (o polimorfismi) ha permesso di tracciare un “albero genealogico” delle razze umane. Ne deriva che siamo tutti figli di una “Eva mitocondriale” che visse in Africa orientale circa 200 mila anni fa (d’accordo con dati paleontologici) e che dall’Africa abbiamo migrato in tutto il mondo. Secondo un’affascinante ipotesi del Professor Douglas C. Wallace (University of California, Irvine), i diversi aplotipi di mtDNA avrebbero favorito lo stanziamento di varie etnie in climi caldi o freddi.
È convenzionale leggere sui testi di biologia che i mitocondri sono le centrali energetiche della cellula. Benché sia importante tenere a mente che i mitocondri hanno svariate funzioni sia vitali che provvidenzialmente mortali (apoptosi), è pur tuttavia vero che la “raison d’etre” mitocondriale è la produzione di energia come ATP.
Secondo un concetto molto moderno, una macchina ecologica utilizza l’energia solare per idrolizzare molecole d’acqua in ossigeno ed idrogeno. A sua volta, l’idrogeno accumulato in batterie viene utilizzato per generare energia con liberazione d’acqua in un ciclo non vizioso ma virtuoso. La macchina mitocondriale è abbastanza simile. La colazione che abbiamo mangiato questa mattina (che è dopotutto energia solare) viene metabolizzata sia all’esterno che all’interno del mitocondrio, ma alla fin fine l’idrogeno liberato in questa serie di reazioni biochimiche viene pompato (letteralmente) dall’esterno all’interno della membrana mitocondriale interna nella via metabolica finale, che si chiama catena respiratoria. La catena respiratoria è responsabile della fosforilazione ossidativa, cioè della produzione di energia sotto forma di ATP con liberazione d’acqua.
Nello schema della catena respiratoria che presento si vedono varie cose. Anzitutto, si nota come le 13 proteine codificate dal mtDNA siano tutte subunità della catena respiratoria. In secondo luogo, si vedono i tre siti in cui i protoni vengono pompati dall’interno all’esterno della membrana interna per essere poi ritrasportati nella matrice mitocondriale a livello del complesso V, o ATP-sintetasi.
A questo punto è opportuno ricordare la struttura dell’ATP, la “moneta corrente” dell’energia cellulare.
L’ATP sintetasi è una meraviglia d’ingegneria biologica, forse la più minuscola turbina che si conosca. Consiste di un rotore e di una parte statica ma formata di “spicchi” separabili per l’azione di un ingranaggio azionato dal rotore. Come i protoni entrano in un canale, il rotore gira e apre la strada per l’incontro di una molecola di ADP ed una di fosfato, con formazione di ATP, che viene rilasciato nella matrice mitocondriale. Vedete come una forma di energia chimica (trasporto di protoni) venga trasformata in un’altra (ATP) tramite energia meccanica (rotazione). Per ogni rotazione completa della turbina vengono generate tre molecole di ATP.
Cosa succede quando Prometeo si scatena, nel senso che si libera delle sue fisiologiche catene e “impazzisce?” Si conoscono a tutt’oggi circa 200 mutazioni patogeniche nel piccolo mtDNA, che è diventato – per restare nello stesso tema mitologico – un vero e proprio vaso di Pandora.
Lasciatemi ribadire le regole della genetica mitocondriale, quelle che la distinguono dalla genetica mendeliana. Abbiamo già visto la trasmissione materna. Il secondo concetto importante per capire le manifestazioni di queste malattie è quello di eteroplasmia. Poiché ogni cellula contiene centinaia o migliaia di mitocondri ed ogni mitocondrio contiene da due a dieci copie di mtDNA, ne consegue che la genetica mitocondriale è genetica di popolazioni. Tanto più quando si considera che la grande maggioranza delle mutazioni patogeniche non interessano tutte le copie del mtDNA, ma solo parte di esse (per l’appunto eteroplasmia). A questo punto entra in gioco un terzo concetto, quello dell’effetto soglia. È abbastanza intuitivo che l’espressione clinica (cioè il fenotipo) di una mutazione del mtDNA dipenderà non solo dalla presenza ma anche dall’abbondanza relativa della mutazione e che la disfunzione mitocondriale (e la sintomatologia clinica) si renderanno evidenti solo quando il numero di mtDNA mutati raggiunge una soglia critica (che può variare da tessuto a tessuto).
Siccome i mitocondri sono presenti in tutti i tessuti umani, nessuno escluso, ne consegue che mutazioni patogeniche del mtDNA possono manifestarsi in tutti i tessuti, benché gli organi più vulnerabili siano quelli maggiormente dipendenti dal metabolismo ossidativo (cervello, cuore, muscolo, retina). Di fatto, le malattie multisistemiche devono suggerire al clinico la possibilità di una mutazione patogenica del mtDNA.
I concetti di eteroplasmia ed effetto soglia sono bene illustrati da semplici metodiche istochimiche applicate al muscolo scheletrico e la biopsia muscolare è un approccio diagnostico di prim’ordine.
Userò come esempio di patologia legata a difetti del mtDNA le conseguenze cliniche di delezioni singole del mtDNA, benché queste patologie siano in genere sporadiche e non ereditate per via materna come ci si aspetterebbe.
L’accumulo graduale di delezioni singole del mtDNA è certamente una concausa dell’invecchiamento fisiologico. Parafrasando la Dottoressa Anita Harding “È l’invecchiare la più comune di tutte le malattie mitocondriali”?
Nel corso dei millenni, il mtDNA si è impigrito ed è diventato lo schiavo del DNA nucleare, che controlla la maggior parte delle funzioni mitocondriali. Ne consegue che difetti di questo “dialogo” tra i due genomi causano malattie mitocondriali, spesso caratterizzate da alterazioni qualitative o quantitative del mtDNA. Un esempio piuttosto clamoroso della varietà clinica di questi difetti d’interazione genomica è offerto dalle mutazioni nel gene che codifica l’unica DNA polimerasi mitocondriale, nota come polimerasi gamma.
La terapia delle malattie mitocondriali è tristemente inadeguata, anche se si fa gran uso di antiossidanti, come argutamente illustra la vignetta del New Yorker. Vorrei descrivere solamente un approccio preventivo per le malattie dovute a mutazioni del mtDNA. Una portatrice asintomatica di una grave mutazione (diciamo per esempio la mutazione MELAS) potrebbe avere un suo oocita fertilizzato in vitro, dopodiché il pronucleo potrebbe essere rimosso il più “pulitamente” possibile e trasferito nell’oocita enucleato di una donatrice sana. Il prodotto del concepimento avrebbe il DNA nucleare dei genitori biologici e il DNA mitocondriale di una madre surrogata. La tecnologia per questo tipo di intervento è disponibile ma naturalmente ci sono problemi etici, anche se un po' esagerati dalla stampa scandalistica.
Un’area recente di grande interesse riguarda il fatto, finora trascurato, che i mitocondri sono organelli estremamente dinamici. Memori della loro origine batterica, non solo si muovono ma si dividono per fissione e si fondono l’uno con l’altro. Come si muovono i mitocondri? Su binari intracellulari che sono i microtubuli, trainati da locomotive che sono proteine motrici, spesso GTPasi. L’importanza della motilità mitocondriale appare chiara, almeno ai neurologi, quando si consideri un motoneurone del midollo spinale che invia il suo assone ad un muscolo distale. I mitocondri di quel motoneurone hanno una lunga strada dal soma alla giunzione neuromuscolare, un percorso che è paragonabile alla distanza tra Pisa e Pechino. Il complesso sistema che controlla motilità, fusione, e fissione mitocondriale è pure soggetto ad errori genetici che causano gravi malattie, le quali - non a caso – spesso coinvolgono il sistema nervoso sia centrale che periferico.
Gli studi sulle malattie mitocondriali sono stati – e rimangono – il tema centrale dello H. Houston Merritt Clinical Research Center che ho avuto il piacere di dirigere per 25 anni alla Columbia University. Sono specialmente orgoglioso che, nel corso di questi anni, abbiamo avuti più di 50 validissimi collaboratori italiani, di cui due pisani, Claudia Nesti e Michelangelo Mancuso.
Ultimo aggionamento documento: 13-Nov-2009