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Covid-19: ecografia polmonare dirimente in attesa del tampone
È stato appena pubblicato il primo grande studio multicentrico sull’utilizzo dell’ecografia polmonare nei pazienti con sintomatologia sospetta per Covid-19. È il primo di questo tipo realizzato al mondo, avendo coinvolto 20 diversi ospedali in Europa e negli Stati Uniti, per un totale di 1462 pazienti, ed è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Intensive Care Medicine. Negli ultimi mesi, già altri lavori di ricerca avevano dimostrato l’utilità di questa metodica nella gestione del paziente in pronto soccorso e questi dati confermano che l’ecografia può aiutare il medico a stabilire se il paziente sia positivo e abbia o meno un coinvolgimento polmonare da Covid-19, prima di avere i risultati del tampone.
Lo studio è stato coordinato dalla dottoressa Luna Gargani dell’Istituto di Fisiologia clinica del Cnr di Pisa e dal dottore Giovanni Volpicelli dell’Ospedale S.Luigi Gonzaga di Torino, con coautori la dottoressa Greta Barbieri, il dottore Stefano Spinelli e il dottore Francesco Corradi dell’Aoup, che hanno valutato un numero considerevole di pazienti Covid in ospedale a Pisa durante la prima ondata. L’Aoup, infatti, già nel marzo 2020 aveva predisposto una procedura aziendale che prevedeva l’utilizzo dell’ecografia polmonare per la gestione dei pazienti Covid-19 a cura dei medici della struttura di Medicina d’urgenza universitaria e della Scuola di specializzazione di Medicina d’emergenza-urgenza dell’Università di Pisa diretta dal professore Lorenzo Ghiadoni e della struttura di Anestesia e rianimazione interdipartimentale diretta dal professore Francesco Forfori.
Lo studio fornisce indicazioni molto pratiche su come utilizzare l’ecografia polmonare per gestire il paziente che si presenta in ospedale con sintomi sospetti per Covid-19, specificando la capacità diagnostica di questo esame in base al quadro clinico, imprescindibile per l’interpretazione dell’ecografia polmonare. Ogni paziente viene classificato in base ai sintomi e alla presenza o meno di patologie cardio-polmonari concomitanti e, in base ai risultati dell’ecografia, viene assegnata una probabilità di coinvolgimento polmonare. In particolare i dati pubblicati dimostrano che se il paziente ha un’insufficienza respiratoria e l’ecografia del polmone è normale, si può escludere con una sicurezza prossima al 100% che il paziente sia positivo al virus, permettendo un’efficace diagnosi differenziale in urgenza. Nei pazienti con sintomi lievi e senza disturbi respiratori, invece, è la presenza di alterazioni all’ecografia polmonare che consente di stabilire con alta probabilità che il paziente sia positivo.
Questo approccio consente di velocizzare molto il triage dei pazienti sospetti, senza dover attendere, in molti casi, il risultato del tampone. La pubblicazione di questo studio sulla più prestigiosa rivista internazionale di medicina critica conferma ancora una volta l’eccellenza della ricerca clinica pisana.
(Fonte Uffici stampa AOUP, CNR e Università di Pisa).
Un liquido sottoraffreddato ha una struttura a mosaico
Confermata ai raggi X la dinamica molecolare di un liquido in prossimità della transizione vetrosa. Pubblicato su «Nature Communications» lo studio del team internazionale di ricerca di cui fanno parte le Università di Amsterdam, Padova, Pisa e Barcellona con il contributo dell'European Synchrotron Radiation Facility di Grenoble e del moscovita National Research Center "Kurchatov Institute"
Un vetro può essere immaginato come un liquido che ha perso la sua capacità di fluire. Questa definizione riflette la procedura utilizzata comunemente per produrre i vetri, vale a dire per raffreddamento rapido del fuso. Infatti, quando un liquido è raffreddato al di sotto della sua temperatura di fusione – o, come si dice, è sottoraffreddato – il moto molecolare rallenta fino al punto che, alla transizione vetrosa, il liquido appare all'osservatore come congelato: si è ottenuto un vetro. Nonostante i vetri siano utilizzati in innumerevoli applicazioni tecnologiche, resta da chiarire quale sia il meccanismo microscopico alla base della loro formazione.
Un modo per capire cosa succeda alla transizione vetrosa è quello di studiare i moti molecolari, chiamati processi di rilassamento, grazie ai quali un liquido ritorna all'equilibrio dopo una piccola perturbazione. Consideriamo per esempio il caso di una fluttuazione di densità: in un liquido al di sopra della temperatura di fusione – come l'acqua a temperatura ambiente – la struttura cambia, cioè rilassa tornando all'equilibrio, in pochi picosecondi (milionesimi di milionesimi di secondo), mentre in prossimità della transizione vetrosa la struttura cambia su tempi dell'ordine di centinaia di secondi. Questo rilassamento strutturale è tuttavia anticipato dalla comparsa di un processo dinamico più veloce, noto come rilassamento Johari-Goldstein, il cui ruolo nella transizione vetrosa è argomento di animata discussione.
Il team di ricerca internazionale ha utilizzato un interferometro per raggi X del sincrotrone europeo ESRF dopo la caratterizzazione preliminare dei campioni a Pisa (Rete di strumentazioni CISUP) per studiare, alla scala atomica, il rilassamento Johari-Goldstein in un liquido a temperature prossime alla transizione vetrosa.
I risultati ottenuti forniscono una nuova prospettiva della dinamica microscopica in un liquido sottoraffreddato: il processo Johari-Goldstein segnala la formazione di una struttura a mosaico, con tasselli di molecole meno mobili (sfere bianche in figura) separati da una rete in continua evoluzione di molecole più mobili (sfere rosse). La comparsa di questa struttura a mosaico conferma l'idea che una transizione di natura dinamica ha luogo nei liquidi sottoraffreddati, come suggerito da alcuni modelli teorici della transizione vetrosa.
«Questo esperimento - dice Federico Caporaletti ora al Van der Waals-Zeeman Institute - Institute of Physics/Van't Hoff Institute for Molecular Sciences dell'Università di Amsterdam ma che ha iniziato la ricerca durante il suo dottorato al Dipartimento di Fisica dell'Università di Trento - chiarisce come i liquidi a temperature molto basse siano molto eterogenei da un punto di vista dinamico: alcune molecole sono più lente ed altre più veloci, con queste ultime connesse spazialmente in una sorta di ragnatela che attraversa l'intero liquido».
«L'eterogeneità dei moti molecolari che osserviamo - sottolinea Simone Capaccioli del Dipartimento di Fisica "E. Fermi" dell'Università di Pisa e direttore CISUP - potrebbe spiegare alcune importanti proprietà di questi materiali, quali la loro elasticità e duttilità».
«Questo risultato - conclude Giulio Monaco del Dipartimento di Fisica ed Astronomia "Galileo Galilei" dell'Università di Padova e coordinatore del lavoro - contribuisce a chiarire i meccanismi microscopici in base ai quali alcuni liquidi possono dar luogo ad un vetro, ad esempio un silicato fuso che diventa un vetro di finestra, invece di cristallizzare, come fa invece l'acqua quando ghiaccia».
Link alla ricerca: https://doi.org/10.1038/s41467-021-22154-8
Titolo: "Experimental evidence of mosaic structure in strongly supercooled molecular liquids", in «Nature Communications» - 2021 –
Autori: F. Caporaletti (a,g) S. Capaccioli (b,c), S. Valenti (d), M. Mikolasek (e), A.I. Chumakov (e,f), G. Monaco (a,h)
(a) Dipartimento di Fisica, Università di Trento (Italy)
(b) Dipartimento di Fisica "E. Fermi", Università di Pisa (Italy)
(c) CISUP, Centro per l'Integrazione della Strumentazione dell'Universitá di Pisa (Italy)
(d) Department of Physics, Universitat Politécnica de Catalunya, Barcelona (Spain)
(e) European Synchrotron Radiation Facility, Grenoble (France)
(f) National Research Center 'Kurchatov Institute', Moscow (Russia)
(g) Present address: Van der Waals-Zeeman Institute, Institute of Physics/Van't Hoff Institute for Molecular Sciences, University of Amsterdam (Netherlands)
(h) Present address: Dipartimento di Fisica ed Astronomia, Universitá di Padova (Italy)
Figura 1. Rappresentazione delle molecole che in un liquido sottoraffreddato partecipano al rilassamento Johari-Goldstein (sfere rosse) ad un dato istante. Queste molecole sono molto mobili, si muovono a distanze maggiori del resto delle molecole (sfere bianche) e sono connesse spazialmente in un'unica struttura che attraversa l'intero liquido.
Un liquido sottoraffreddato ha una struttura a mosaico
Un vetro può essere immaginato come un liquido che ha perso la sua capacità di fluire. Questa definizione riflette la procedura utilizzata comunemente per produrre i vetri, vale a dire per raffreddamento rapido del fuso. Infatti, quando un liquido è raffreddato al di sotto della sua temperatura di fusione – o, come si dice, è sottoraffreddato – il moto molecolare rallenta fino al punto che, alla transizione vetrosa, il liquido appare all’osservatore come congelato: si è ottenuto un vetro. Nonostante i vetri siano utilizzati in innumerevoli applicazioni tecnologiche, resta da chiarire quale sia il meccanismo microscopico alla base della loro formazione.
Un modo per capire cosa succeda alla transizione vetrosa è quello di studiare i moti molecolari, chiamati processi di rilassamento, grazie ai quali un liquido ritorna all’equilibrio dopo una piccola perturbazione. Consideriamo per esempio il caso di una fluttuazione di densità: in un liquido al di sopra della temperatura di fusione – come l’acqua a temperatura ambiente – la struttura cambia, cioè rilassa tornando all’equilibrio, in pochi picosecondi (milionesimi di milionesimi di secondo), mentre in prossimità della transizione vetrosa la struttura cambia su tempi dell’ordine di centinaia di secondi. Questo rilassamento strutturale è tuttavia anticipato dalla comparsa di un processo dinamico più veloce, noto come rilassamento Johari-Goldstein, il cui ruolo nella transizione vetrosa è argomento di animata discussione.
Il team di ricerca internazionale ha utilizzato un interferometro per raggi X del sincrotrone europeo ESRF dopo la caratterizzazione preliminare dei campioni a Pisa (Rete di strumentazioni CISUP) per studiare, alla scala atomica, il rilassamento Johari-Goldstein in un liquido a temperature prossime alla transizione vetrosa.
I risultati ottenuti forniscono una nuova prospettiva della dinamica microscopica in un liquido sottoraffreddato: il processo Johari-Goldstein segnala la formazione di una struttura a mosaico, con tasselli di molecole meno mobili (sfere bianche in figura) separati da una rete in continua evoluzione di molecole più mobili (sfere rosse). La comparsa di questa struttura a mosaico conferma l’idea che una transizione di natura dinamica ha luogo nei liquidi sottoraffreddati, come suggerito da alcuni modelli teorici della transizione vetrosa.
Figura 1. Rappresentazione delle molecole che in un liquido sottoraffreddato partecipano al rilassamento Johari-Goldstein (sfere rosse) ad un dato istante. Queste molecole sono molto mobili, si muovono a distanze maggiori del resto delle molecole (sfere bianche) e sono connesse spazialmente in un’unica struttura che attraversa l’intero liquido.
«Questo esperimento - dice Federico Caporaletti ora al Van der Waals-Zeeman Institute - Institute of Physics/Van’t Hoff Institute for Molecular Sciences dell’Università di Amsterdam ma che ha iniziato la ricerca durante il suo dottorato al Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento - chiarisce come i liquidi a temperature molto basse siano molto eterogenei da un punto di vista dinamico: alcune molecole sono più lente ed altre più veloci, con queste ultime connesse spazialmente in una sorta di ragnatela che attraversa l’intero liquido».
«L’eterogeneità dei moti molecolari che osserviamo - sottolinea Simone Capaccioli del Dipartimento di Fisica “Enrico Fermi” dell’Università di Pisa e direttore CISUP - potrebbe spiegare alcune importanti proprietà di questi materiali, quali la loro elasticità e duttilità».
«Questo risultato - conclude Giulio Monaco del Dipartimento di Fisica ed Astronomia “Galileo Galilei” dell’Università di Padova e coordinatore del lavoro - contribuisce a chiarire i meccanismi microscopici in base ai quali alcuni liquidi possono dar luogo ad un vetro, ad esempio un silicato fuso che diventa un vetro di finestra, invece di cristallizzare, come fa invece l’acqua quando ghiaccia».
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Link alla ricerca: https://doi.org/10.1038/s41467-021-22154-8
Titolo: “Experimental evidence of mosaic structure in strongly supercooled molecular liquids”, in «Nature Communications» - 2021 –
Autori: F. Caporaletti (a,g) S. Capaccioli (b,c), S. Valenti (d), M. Mikolasek (e), A.I. Chumakov (e,f), G. Monaco (a,h)
(a) Dipartimento di Fisica, Università di Trento (Italy)
(b) Dipartimento di Fisica “E. Fermi”, Università di Pisa (Italy)
(c) CISUP, Centro per l’Integrazione della Strumentazione dell’Universitá di Pisa (Italy)
(d) Department of Physics, Universitat Politécnica de Catalunya, Barcelona (Spain)
(e) European Synchrotron Radiation Facility, Grenoble (France)
(f) National Research Center ‘Kurchatov Institute’, Moscow (Russia)
(g) Present address: Van der Waals-Zeeman Institute, Institute of Physics/Van’t Hoff Institute for Molecular Sciences, University of Amsterdam (Netherlands)
(h) Present address: Dipartimento di Fisica ed Astronomia, Universitá di Padova (Italy)
Il cantiere della Sapienza. Storia e storie del Palazzo simbolo dell’Università e della città di Pisa
Il Palazzo della Sapienza, sede storica dell’Università di Pisa e simbolo della città, nasce tra XV e XVI secolo in un popoloso quartiere medievale, diventato poi grande mercato alimentare.
Le visite di Pietro Leopoldo di Lorena, il Congresso degli scienziati italiani, il battaglione universitario e il Quarantotto, l’occupazione del 1967: nel Palazzo si sono incontrate e sviluppate idee e visioni del mondo innovative che hanno dato luogo a importanti momenti della storia nazionale.
Il documentario “Il cantiere della Sapienza” e gli interventi del regista Lorenzo Garzella e dei professori Maria Letizia Gualandi e Alessandro Breccia fanno da guida alla storia e alle storie del Palazzo, dal periodo antecedente la costruzione della Sapienza all’ultimo restauro di qualche anno fa.
Leggi i dettagli su:
Consegnato il Premio “Paola Bora”, tre le vincitrici
Venerdì 26 febbraio si è svolta a Pisa, presso la Sala Azzurra della Scuola Normale Superiore e in diretta streaming sul canale YouTube della Scuola, la cerimonia di assegnazione del Premio “Paola Bora” per tesi di laurea e dottorato dedicate agli studi di genere in filosofia, storia, antropologia e letteratura. Promosso dall’associazione Casa della donna, il Premio è sostenuto dalle figlie e dalle sorelle di Paola Bora, dai Comitati unici di garanzia per le pari opportunità di Università di Pisa, Scuola Normale Superiore, Scuola Superiore Sant'Anna e patrocinato dalla Società italiana delle storiche.
Il Premio vuole ricordare la figura di Paola Bora nella duplice veste di studiosa e presidente della Casa della donna dal 2011 fino alla sua scomparsa avvenuta nel 2015. Paola Bora è stata, infatti, docente di antropologia filosofica presso la Scuola Normale Superiore e di antropologia di genere presso l’Università di Pisa.
Tre le vincitrici di questa prima edizione, alle quali è andato un riconoscimento di tremila euro ciascuna: Gaia Pasini per la categoria tesi di laurea e, ex aequo per la categoria tesi di dottorato, Teresa Bernardi e Virginia Niri. A selezionare le vincitrici una commissione composta da studiose dei tre atenei pisani e della Società italiana delle storiche, e da due rappresentanti della Casa della donna: Stefania Pastore (Scuola Normale), Renata Pepicelli e Sandra Burchi (Università di Pisa), Anna Loretoni e Barbara Henry (Scuola Superiore Sant'Anna), Adelisa Malena e Laura Savelli (Società italiana delle Storiche), Giovanna Zitiello e Cristina Galasso (Casa della donna).
Tra le 72 tesi candidate al Premio, provenienti da ben 19 atenei italiani (tutte le tesi sono consultabili presso la Biblioteca “Anna Cucchi”), le tre tesi vincitrici si sono distinte, ha sottolineato la commissione, per l’originalità dei temi di ricerca e per il contributo innovativo offerto agli studi di genere.
Gaia Pasini è risultata vincitrice con la tesi di laurea dal titolo “Ricucire il mondo. Corpo, memoria e territorio nelle pratiche di cura della Brigada de Salud Comunitaria Vinh Flores Laureano di Amilcingo”, discussa presso il corso di laurea in Antropologia dell'Università di Torino. Dedicata allo studio sul campo di un collettivo di guaritrici indigene in un villaggio della foresta messicana, la tesi di Pasini rappresenta, secondo la commissione, un lavoro dal respiro ampio e innovativo, di grande solidità e consapevolezza “che si sviluppa lungo un sapiente e maturo equilibrio tra elaborazione teorica e presentazione dei risultati di un’intensa e appassionata ricerca di campo”.
“Mobilità femminile e pratiche di identificazione a Venezia in età moderna”, il titolo della tesi di dottorato di Teresa Bernardi, premiata ex aequo. Dopo la laurea all'Università di Venezia Ca’ Foscari in storia moderna, Bernardi ha conseguito il dottorato presso la Scuola Normale di Pisa. La sua tesi, fondata su un'approfondita base documentaria, è stata premiata - si legge nelle motivazioni - “per l’eleganza della scrittura, l’equilibrio dell’impianto e l’originalità dell’approccio, in particolare per l’innovativo tentativo di applicare la categoria di intersezionalità a un contesto lontano nel tempo come la Venezia della prima età moderna, con risultati di notevole interesse”.
Per la categoria tesi di dottorato, l’altro premio ex aequo è andato a Virginia Niri per la tesi “Con questo nemico ci facevamo l’amore”. L’autocoscienza come metodo politico di costruzione di nuove identità nel lungo Sessantotto italiano”, discussa presso l'Università di Genova, ateneo presso il quale Virginia Niri ha conseguito anche la laurea in storia contemporanea. La tesi di Niri, basata su un’ampia raccolta di fonti orali e non solo, si distingue - secondo il giudizio della commissione del Premio “Paola Bora” - per l’originalità del tema, l’interessante contributo agli studi di genere e “la capacità di mettere in luce con chiarezza la novità e la rottura che, tra gli anni Sessanta e Settanta, ha rappresentato il femminismo, e in particolare la pratica dell’autocoscienza, rispetto ai comportamenti sessuali, i modelli e le relazioni di genere”.
“Siamo davvero felici di poter premiare oggi tre studiose così valenti e di poterlo fare con un premio alla memoria della nostra cara amica Paola Bora”, sottolinea Carla Pochini, presidente della Casa della donna. “Paola ha sempre avuto una grande capacità di coinvolgere le giovani generazioni, dentro e fuori le aule universitarie. Le contagiava con la sua passione, curiosità e intelligenza. Con questo premio - continua Pochini - vogliamo tenere vivo il suo ricordo proprio tra le più giovani che in tutta Italia si dedicano agli studi di genere, un ambito di ricerca fondamentale se vogliamo costruire una società più equa, paritaria e rispettosa delle differenze. La nostra associazione e tutto il femminismo pisano devono molto a Paola Bora, una donna straordinaria che nella vita e nello studio, come abbiamo scritto nel bando, ha saputo coniugare pensiero teorico e pratica politica con uno sguardo sempre attento al nuovo”.
Big data: da gruppo internazionale di ricercatori consulenza gratuita alle aziende
Una consulenza gratuita, fornita da un gruppo internazionale di ricercatori, alle imprese che desiderano esplorare le potenzialità di dati generati durante la produzione, la commercializzazione, le interazioni con i clienti, la fornitura dei prodotti. E' la possibilità offerta grazie al programma "Challenge Us", organizzato dall'Istituto di Management della Scuola Superiore Sant'Anna, nell'ambito del progetto europeo H2020 "SoBigData++ (G.A. 871042)", con la partecipazione di Cnr, Università di Pisa, Sapienza Università di Roma, University of Tartu (Estonia), University of Sheffield (Regno Unito), Ethz (Svizzera), Center for the Study of Democracy (Bulgaria).
Presentando entro il 15 maggio una proposta su un problema da risolvere o una potenziale idea di sfruttamento di dati inerenti o generati dal proprio business, il gruppo di esperti selezionerà le aziende che saranno poi assistite nella risoluzione della "challenge", della "sfida", da parte di ricercatori impegnati nel campo dei big data appartenenti al consorzio europeo SoBigData++, a cui aderiscono le istituzioni europee citate sopra. Le aziende saranno selezionate entro il primo luglio e saranno seguite per tre mesi, tra il 15 luglio e il 15 ottobre. I risultati saranno presentati durante un evento pubblico, a conclusione della "sfida", in programma l'11 novembre.
In un mondo sempre più digitalizzato e interconnesso la quantità di dati prodotta ogni giorno ha raggiunto livelli inimmaginabili fino a pochi anni fa. Questi dati sono prodotti a cadenza quotidiana da un numero crescente di dispositivi connessi alla rete come smartphone, macchinari tecnologici industriali, reti di sensori, smart car, motori di ricerca attivi sul web e social network. Riuscire a sfruttare questi dati nel modo corretto è tuttavia una sfida non facile per le aziende, soprattutto quelle che non sono "native digitali". Occorre sviluppare competenze e acquisire padronanza di tecnologie all'avanguardia, integrandole in un secondo momento nei processi organizzativi e produttivi. Per questo motivo le aziende tendono sempre più ad affidarsi a esperti che le possano guidare in questo processo di trasformazione.
"È opinione diffusa - sottolineano i ricercatori della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa impegnati nel programma 'Challenge Us' - che le aziende debbano riuscire a sfruttare questi dati per continuare a rimanere competitive sul mercato globale tramite l'offerta di nuovi prodotti e servizi o rendere più efficienti i propri processi. L'utilizzo e l'analisi di questa grande mole di dati può essere infatti cruciale per capire e prevedere il comportamento dei propri clienti, prevedere quando un macchinario necessiterà di manutenzione, o aggiungere nuovi servizi per migliorare la propria offerta".
(Fonte Ufficio stampa Scuola Superiore Sant'Anna)
Il Bilancio di Genere 2020
Il Bilancio di Genere 2020 dell’Università di Pisa, il primo redatto secondo le linee guida della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, si riferisce al triennio 2017-19.
Il documento illustra:
- la distribuzione di genere delle diverse componenti all’interno dell’Ateneo;
- la partecipazione di donne e di uomini negli organi di gestione;
- il monitoraggio delle azioni dell’Ateneo a favore dell’eguaglianza di genere;
- la valutazione dell’impatto delle politiche dell’Ateneo su donne e uomini.
Il Bilancio di Genere 2020 evidenzia le maggiori criticità emerse dai dati, e delinea alcune prime possibili azioni correttive.
È stato redatto da un gruppo di lavoro composto dalla prof.ssa Nadia Pisanti (presidente), dal prof. Arturo Marzano (delegato del Rettore alle pari opportunità), dalla dott.ssa Adriana Ciurli, dalla dott.ssa Alessandra La Spina, dalla dott.ssa Francesca Magagnini e dalla dott.ssa Francesca Pecori.
Articolato in molte sezioni di cui la parte più sostanziale è rappresentata dall’analisi di contesto dell’Ateneo pisano, il Bilancio di Genere 2020 ha preso in esame, come indicato nelle linee guida della CRUI, quattro categorie specifiche: la componente studentesca, il personale docente, il personale tecnico-amministrativo e la governance.
Scarica il testo completo del Bilancio di Genere
“Con la pubblicazione di questo documento, l’Università di Pisa prosegue con passo deciso nell’importante percorso di cambiamento culturale intrapreso ormai da tempo e volto alla creazione, all’interno della nostra comunità, di una reale uguaglianza di genere. C’è ancora molto da fare, ma se ad esempio si pensa all’attuale composizione del Senato Accademico, rinnovato a fine 2020, in cui vi è perfetta parità tra componente maschile e femminile, possiamo dire che stiamo iniziando a respirare un clima culturale al passo con l’evoluzione della società contemporanea”.
Paolo Mancarella, Rettore dell'Università di Pisa
“Il Bilancio di Genere è uno strumento essenziale per poter realizzare una piena parità, integrando la prospettiva di genere in tutte le politiche dell’Università di Pisa”.
Nadia Pisanti, Presidente del Gruppo di lavoro per il Bilancio di Genere
Per approfondimenti consulta le Linee guida per il Bilancio di Genere negli Atenei italiani
Per comunicazioni Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. oppure visita la pagina https://www.cug.unipi.it/
Covid-19: in Aoup pronta l'area ambulatoriale per la sperimentazione degli anticorpi monoclonali
Nell'Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana ora c'è un'intera area ambulatoriale dedicata alla sperimentazione clinica e alla somministrazione degli anticorpi monoclonali contro il Sars-CoV2: è stata ricavata, nel presidio ospedaliero di Cisanello, al piano terra dell'Edificio 13 che ospita le strutture di Malattie infettive e di Pneumologia, in questi mesi di pandemia trasformati interamente in degenze Covid.
E ora qui verranno accolti tutti i pazienti positivi al virus, con i parametri clinici specifici richiesti, che rientrano nelle indicazioni AIFA per il trattamento con anticorpi monoclonali o che vogliono essere arruolati nelle sperimentazioni in corso in Aoup, primo centro italiano a iniziare la sperimentazione clinica degli anticorpi monoclonali contro la malattia da Covid-19.
Il primo monoclonale sperimentato a Pisa è stato quello di Astrazeneca, ma adesso la somministrazione è partita su larga scala in tutta la Toscana, essendo arrivati anche i monoclonali prodotti dall'azienda farmaceutica Ely Lilly.
“Presto ne arriveranno altri che sono in fase di approvazione da parte di Aifa - spiega il presidente della Toscana, Eugenio Giani -. Inoltre, la nostra Regione è in prima linea nello sviluppo di un farmaco a base di anticorpi monoclonali con il team di ricerca guidato dal professore Rino Rappuoli insieme alla Fondazione Toscana Life Science. Una volta terminata la sperimentazione, il nostro obiettivo è quello di produrlo direttamente e di utilizzarlo entro l'estate. Ho una grande fiducia nella scienza e nei nostri professionisti e ricercatori, che lavorano senza sosta, per fornirci tutti gli strumenti necessari per curare la malattia”.
“Si tratta di un importante strumento farmacologico nella lotta al Covid - aggiunge l’assessore regionale alla sanità Simone Bezzini -. Insieme al vaccino, gli anticorpi monoclonali rappresentano un’arma in più contro il virus. Come evidenziato da recenti studi, a trarne beneficio sono soprattutto i pazienti non ospedalizzati, quando la malattia è al suo esordio, ed è quindi possibile ridurre la carica virale del paziente e impedirne il peggioramento. Si tratta, infatti, di farmaci destinati a pazienti con una malattia lieve o moderata, ma ad alto rischio di sviluppare una forma grave di Covid-19, a causa di altre patologie croniche concomitanti all’infezione”.
Per Pisa l'hub di riferimento è appunto l'Edificio 13 all'ospedale di Cisanello ma in tutta la Regione sono stati individuati altri poli di somministrazione.
Pisa, come detto, è stato il primo ospedale in Italia a partire con la somministrazione su paziente il 9 marzo scorso dell'anticorpo monoclonale Astrazeneca (nell'ambito della sperimentazione mondiale che coinvolge un centinaio di ospedali nel mondo) per aver completato in tempi record tutti i passaggi procedurali previsti. Ad oggi sono stati trattati 15 pazienti, tutti intercettati in fase precoce di malattia, tenuti in osservazione e poi dimessi (vengono monitorati in remoto dal team degli infettivologi sull'evoluzione della patologia). In questo caso la sperimentazione clinica è controllata, in cosiddetto "doppio cieco" (randomizzazione causale, nel senso che i pazienti possono ricevere l'anticorpo o il placebo) e il promotore dello studio è l'Aoup con il professore Francesco Menichetti (nella foto in basso con il gruppo dei sanitari), direttore delle Malattie infettive, nella veste di PI-Principal investigator, coadiuvato dal professore Marco Falcone e da un team di medici e infermieri dell'Unità operativa di Malattie infettive.
Nel caso invece del farmaco monoclonale prodotto da Eli-Lilly (finora a Pisa 7 somministrazioni), la selezione è verso pazienti con una malattia lieve o moderata, ma ad alto rischio di sviluppare una forma grave di Covid-19 a causa di altre patologie croniche concomitanti all'infezione. Essi vengono arruolati direttamente dalle squadre Usca (Unità speciali di continuità assistenziale) e dai medici di medicina generale, previo consenso, e indirizzati negli ambulatori dove si somministrano le fiale.
"L'utilizzo dei monoclonali nella lotta contro il Covid-19 è il primo vero banco di prova di una ricerca clinica sui pazienti – aggiunge il rettore dell'Università di Pisa Paolo Mancarella -. Finora, infatti, si sono utilizzate terapie empiriche e cocktail di farmaci che hanno compensato la carenza di cure specifiche e mirate. La ricerca di base, d'altronde, se non è associata a una solida ricerca clinica rischia di essere limitata nelle prospettive e nei risultati. Questa nuova sperimentazione, invece, ci potrà dire se siamo finalmente sulla strada giusta”.
"Il nostro ospedale – dichiara il direttore generale dell'Aoup Silvia Briani – in questi 12 mesi di convivenza con il Covid-19 ha dimostrato di essere perfettamente flessibile a tutte le esigenze imposte dalla pandemia, nel formare il personale, riorganizzare i percorsi, le attività ambulatoriali e chirurgiche e le degenze Covid, vaccinare. Questa fase della sperimentazione clinica dei monoclonali è una tappa che ancor di più ci caratterizza come polo ospedaliero ad alta complessità per ricerca e assistenza e quindi andiamo avanti con più forza e determinazione".
"È un grande onore che Pisa, grazie all’Ospedale di Cisanello, sia in prima linea in Italia nella sperimentazione degli anticorpi monoclonali su pazienti Covid-positivi – dichiara il sindaco di Pisa Michele Conti -. Un traguardo ottenuto grazie alle capacità del professor Francesco Menichetti e dello suo staff di malattie infettive. Un risultato reso possibile anche grazie all’Azienda ospedaliero-universitaria pisana, diretta dalla dottoressa Silvia Briani. In questo anno abbiamo avuto modo di collaborare e ho potuto verificare l’estrema disponibilità di tutto il personale sanitario nell’affrontare ogni problema sia emerso in questo anno di pandemia. Per questo li ringrazio a nome della comunità pisana".
All’inaugurazione sono stati invitati anche il presidente del Consiglio regionale Antonio Mazzeo e il presidente della terza commissione sanità e politiche sociali del Consiglio regionale Enrico Sostegni.
(fonte: Ufficio stampa AOUP)
Lezione di Dan H. Barouch, lo scienziato che ha sviluppato il vaccino di Johnson & Johnson
Mercoledì 31 marzo il professor Dan H. Barouch, lo scienziato che ha sviluppato il vaccino anti-Covid di Johnson & Johnson, parlerà per la prima volta a un pubblico italiano delle sue recenti attività di ricerca.
Alle 15,45 sarà in diretta su YouTube per tenere una lezione dal titolo “Covid-19: developing a vaccine during a pandemic”, organizzata da Ranieri Bizzarri, ricercatore del Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell'Area Critica dell'Università di Pisa, e da Elena Levantini, ricercatrice dell'Istituto di Tecnologie Biomediche del CNR.
Il professor Dan H. Barouch è un medico, immunologo e virologo statunitense, noto per il suo lavoro sulla patogenesi e l'immunologia delle infezioni virali e lo sviluppo di strategie vaccinali per le malattie infettive globali. Dopo essersi formato tra le Università di Harvard e di Oxford, il professor Barouch insegna attualmente Medicina e Immunologia alla Harvard Medical School ed è direttore del Center for Virology and Vaccine Research at Beth Israel Deaconess Medical Center. Membro del Ragon Institute del Massachusetts General Hospital, Massachusetts Institute of Technology e Harvard, è anche componente della Bill & Melinda Gates Foundation Collaboration for AIDS Vaccine Discovery.
Il suo laboratorio è attivo nello studio dell'infezione da HIV-1 e nello sviluppo di nuovi vaccini e strategie correlate. Il suo gruppo ha anche applicato la propria competenza nello sviluppo di nuovi vaccini allo studio preclinico e clinico di malattie infettive di rilevanza globale, tra cui quelle dovute a Zika Virus e tubercolosi.
Più di recente il gruppo del professor Dan H. Barouch ha sviluppato il vaccino contro SARS-CoV-2 commercializzato a livello mondiale da Johnson & Johnson e approvato per l'utilizzo sia negli Stati Uniti che in Europa.
"Il gruppo di ricerca che coordino all’interno del Laboratorio di Biochimica dell’Università di Pisa - ha dichiarato il dottor Ranieri Bizzarri - collabora da diversi anni con la dottoressa Elena Levantini dell'Istituto di Tecnologie Biomediche del CNR, che ha anche una posizione al Beth Israel Deaconess Medical Center della Harvard Medical School a Boston. Grazie a questa collaborazione ho avuto l'opportunità di svolgere ricerche nel medesimo istituto, che è anche la sede del Laboratorio del professor Barouch. Per questo ci è sembrato interessante far conoscere al pubblico italiano la straordinaria avventura scientifica che ha portato, in un tempo così breve, allo sviluppo di uno dei vaccini anti-COVID che sarà presto disponibile in Italia".
"Grazie al mio lavoro negli Stati Uniti come ricercatrice in ambito oncologico presso il Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston - ha aggiunto la dottoressa Elena Levantini - ho familiarità con il Center for Vaccine Research diretto dal professor Barouch. Ho condiviso col dottor Bizzarri che una ricerca così cruciale come lo sviluppo di un nuovo vaccino per far fronte alla pandemia del COVID-19 sia di grande interesse anche per il sistema italiano della ricerca, a partire da Pisa dove dirigo il Laboratorio di Oncologia Molecolare presso l’Istituto di Tecnologie Biomediche, lavorando in stretta collaborazione con l’Università di Pisa".