Avviso di fabbisogno interno per realizzazione della nuova sala d’ingresso agli acquari, del Centro di Ateneo Museo di Storia Naturale.
Avviso di fabbisogno interno per la Realizzazione della nuova sala d’ingresso agli acquari, del Centro di Ateneo Museo di Storia Naturale in particolare per l’ allestimento di acquari, per specifiche specie ittiche di acqua dolce
Università di Pisa: aule studio aperte in sicurezza anche nel fine settimana
Salgono a 5, per un totale di 286 posti, le aule studio al chiuso a disposizione delle studentesse e degli studenti dell'Università di Pisa. Da mercoledì, infatti, sarà attiva anche la già annunciata sala di Palazzo Ricci (52 posti). Prevista, inoltre, l'apertura nel fine settimana per le 3 aule dei Poli Piagge, Pacinotti e Porta Nuova per una capienza complessiva di 194 posti.
Nessuna variazione negli orari di apertura che, anche nel weekend, saranno: 8.30-13.30; 14.00-19.00, con mezz'ora di pausa per consentire la sanificazione a metà giornata e garantire così la massima sicurezza degli studenti e il ricambio degli utenti tra mattina e pomeriggio.
Stesso discorso per la prenotazione dei posti che avverrà sulle consuete Agende:
· aula studio Polo Piagge: https://agende.unipi.it/bno-irb-rbh
· aula studio Porta Nuova: https://agende.unipi.it/pxk-vrp-qrs
· aula studio Pacinotti: https://agende.unipi.it/lfm-snn-wpj
· aula studio Pacinotti 2: https://agende.unipi.it/lfm-snn-wpj
· aula studio Fibonacci: https://agende.unipi.it/xop-afl-swa
· aula studio Palazzo Ricci: https://agende.unipi.it/xow-pdb-krs
«Siamo in un momento delicatissimo – commenta il Rettore Paolo Mancarella – in cui, sebbene il quadro epidemiologico ci costringa a nuove limitazioni, grazie alla gestione prudente adottata fino ad ora, che ha consentito agli studenti e al personale di adattarsi alle nuove regole assicurando sempre la massima sicurezza nell'Ateneo, oggi ci è possibile procedere all'apertura di tre aule studio nel fine settimana e all'attivazione di quella a Palazzo Ricci. La volontà dell'Ateneo è di limitare il disagio delle nostre studentesse e dei nostri studenti, che da questa settimana si trovano in numero maggiore a frequentare le lezioni frontali a distanza, a seguito dell'ultimo DPCM. Riusciamo a farlo, perché in questi mesi abbiamo messo in campo tutte le misure necessarie per tutelare la salute dei nostri ragazzi. Devo aggiungere, però, che se oggi in Ateneo siamo in grado di convivere con il virus, è anche grazie al comportamento consapevole e responsabile che gli studenti hanno saputo tenere e nel quale, ancora una volta, confido».
Aule studio aperte in sicurezza anche nel fine settimana
Salgono a 5, per un totale di 286 posti, le aule studio al chiuso a disposizione delle studentesse e degli studenti dell’Università di Pisa. Da mercoledì, infatti, sarà attiva anche la già annunciata sala di Palazzo Ricci (52 posti). Prevista, inoltre, l’apertura nel fine settimana per le 3 aule dei Poli Piagge, Pacinotti e Porta Nuova per una capienza complessiva di 194 posti.
Nessuna variazione negli orari di apertura che, anche nel weekend, saranno: 8.30-13.30; 14.00-19.00, con mezz’ora di pausa per consentire la sanificazione a metà giornata e garantire così la massima sicurezza degli studenti e il ricambio degli utenti tra mattina e pomeriggio.
Stesso discorso per la prenotazione dei posti che avverrà sulle consuete Agende:
- aula studio Polo Piagge: https://agende.unipi.it/bno-irb-rbh
- aula studio Porta Nuova: https://agende.unipi.it/pxk-vrp-qrs
- aula studio Pacinotti: https://agende.unipi.it/lfm-snn-wpj
- aula studio Pacinotti 2: https://agende.unipi.it/lfm-snn-wpj
- aula studio Fibonacci: https://agende.unipi.it/xop-afl-swa
- aula studio Palazzo Ricci: https://agende.unipi.it/xow-pdb-krs
«Siamo in un momento delicatissimo – commenta il Rettore Paolo Mancarella – in cui, sebbene il quadro epidemiologico ci costringa a nuove limitazioni, grazie alla gestione prudente adottata fino ad ora, che ha consentito agli studenti e al personale di adattarsi alle nuove regole assicurando sempre la massima sicurezza nell’Ateneo, oggi ci è possibile procedere all’apertura di tre aule studio nel fine settimana e all’attivazione di quella a Palazzo Ricci. La volontà dell’Ateneo è di limitare il disagio delle nostre studentesse e dei nostri studenti, che da questa settimana si trovano in numero maggiore a frequentare le lezioni frontali a distanza, a seguito dell’ultimo DPCM. Riusciamo a farlo, perché in questi mesi abbiamo messo in campo tutte le misure necessarie per tutelare la salute dei nostri ragazzi. Devo aggiungere, però, che se oggi in Ateneo siamo in grado di convivere con il virus, è anche grazie al comportamento consapevole e responsabile che gli studenti hanno saputo tenere e nel quale, ancora una volta, confido».
L'Università di Pisa presenta tre tecnologie brevettate al Tech Share Day 2020
L'Università di Pisa partecipa con 3 tecnologie brevettate a Tech Share Day 2020 2020 (TSD 2020), evento completamente in digitale che mette in contatto il mondo della ricerca pubblica con quello delle imprese, degli investitori e degli innovatori, che si svolgerà online dall'11 al 13 novembre.
I brevetti presentati dall'Ateneo e supportati dall'Unità Servizi per il Trasferimento Tcenologico sono: "Nuovi derivati biciclici per la cura di diabete e obesità" (referente il prof. Mauro Pineschi); "Agenti melanocortinici per terapia dei tumori" (referente il prof. Guido Bocci; "Apparato di elettrofilatura e microestrusione" (referente il prof. Giovanni Vozzi).
Tech Share Day 2020 è un evento organizzato da Netval, UIBM e Politecnico di Torino che mira a mettere in contatto esperti e opinion leader dall'accademia, dal mondo dell'industria e da quello degli innovatori, con l'intento di promuovere la collaborazione e stimolare la creazione di sinergie nel campo del biomedicale e delle scienze della vita tra imprese ed università, centri di ricerca ed EPR.
Durante il TSD verranno presentate più di 500 tecnologie, tutte legate al settore del biomedicale e delle scienze della vita, provenienti da oltre 70 dei più importati centri di ricerca e università sul territorio nazionale.
L'evento inoltre renderà possibile un'attività di networking tra i partecipanti che desiderano ingaggiarsi per approfondimenti rispetto a determinate specificità di settore, con l'obiettivo di far crescere i progetti in campo che vogliono diventare soluzioni concrete e raggiungere il mercato.
Scoperto un nuovo fossile in Sudafrica che documenta processi microevolutivi in una specie estinta di ominini
Il cranio fossile di Paranthropus robustus rinvenuto a Drimolen fa ipotizzare che le condizioni ambientali influirono sul cambiamento
Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Ecology & Evolution, è stato condotto da un team internazionale di ricercatori tra cui il professor Giovanni Boschian dell’Università di Pisa
La scoperta di un nuovo cranio fossile di Paranthropus robustus di circa 2 milioni di anni fa, rinvenuto nel sito paleoantropologico di Drimolen, nella cosiddetta “Cradle of Humankind” presso Johannesburg (Sudafrica), ha portato nuova luce sui processi microevolutivi subiti dalla specie estinta di ominini, che visse probabilmente un periodo di rapido e turbolento cambiamento climatico. Lo studio è stato condotto da un gruppo internazionale di ricerca costituito da membri di University of Johannesburg, La Trobe University di Melbourne, Washington University-St. Louis e Università di Pisa, con la partecipazione di Giovanni Boschian, docente del dipartimento di Biologia. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Nature Ecology & Evolution.
Prima del ritrovamento del nuovo reperto, si credeva che la specie di Paranthropus fosse caratterizzata da un forte dimorfismo sessuale, con individui maschi che presentavano dimensioni corporee e struttura cranica molto superiori rispetto alle femmine, come oggi in gorilla, oranghi e babbuini. Il nuovo fossile, classificato con la sigla DNH 155, è chiaramente appartenuto a un maschio della specie di Paranthropus, ma è di dimensioni minori dei maschi rinvenuti nel vicino sito di Swartkrans, e a sua volta è più grande di DNH 7 “Eurydice”, un individuo presunto femmina trovato sempre a Drimolen alcuni anni fa. Il ritrovamento di DNH 155, chiaramente contemporaneo di DNH 7 e proveniente dallo stesso sito, fa supporre che il dimorfismo fosse molto meno pronunciato e indica che Paranthropus robustus si sia evoluto rapidamente. Infatti Drimolen è di almeno 200.000 anni più antico di Swartkrans, come è risultato da uno studio del medesimo gruppo di ricercatori, pubblicato su Science all’inizio di quest’anno. Drimolen rappresenta quindi una popolazione più arcaica della medesima specie, mentre Swartkrans ne rappresenterebbe una anatomicamente più derivata.
“La nuova scoperta mette in evidenza un sottile cambiamento avvenuto in tempi relativamente brevi durante il processo evolutivo di una specie – spiega il professor Giovanni Boschian – È un caso estremamente raro e difficile da osservare nella documentazione fossile, che è notoriamente molto discontinua e incompleta, soprattutto nel caso degli ominini e che rende particolarmente importante questa scoperta. In questo caso possiamo osservare una piccola finestra spazio-temporale nel processo evolutivo, ovvero ciò che avvenne a una specie, in un’area ristretta e in un breve periodo di tempo”.
Il contesto paleoambientale è un altro aspetto che rende particolarmente importante il ritrovamento. Il periodo intorno a due milioni di anni fa è stato in Africa australe un momento di rapido e quasi turbolento cambiamento climatico che sembra aver causato in Paranthropus robustus cambiamenti anatomici che prima di questa scoperta erano attribuiti al dimorfismo sessuale. Ma l’influenza del cambiamento ambientale, che si manifestò con marcata aridizzazione e raffreddamento del clima, sembra esser stata di portata ben maggiore: “Sappiamo che in questo periodo la comparsa di Paranthropus robustus coincise all’incirca con la scomparsa di Australopithecus e con l’arrivo dei primi rappresentanti del genere Homo in Sudafrica – aggiunge Boschian - Si trattava di una situazione di stress per tutti ma, mentre Australopithecus non resistette, Paranthropuse e Homo adottarono due strategie adattative divergenti: i primi con piccoli cervelli e grandi denti adatti a cibi duri e coriacei, Homo erectus con grande cervello e piccoli denti più adatti a un selezionato cibo tenero”.
Tuttavia lo stress si manifestò attraverso il tempo su Paranthropus, infatti le caratteristiche anatomiche di DNH 155 mostrano che le forme più arcaiche di Drimolen non erano in grado di masticare con una forza pari a quella dei loro successori di Swartkrans. In 200.000 anni si manifestò un processo evolutivo in grado di favorire coloro in grado di nutrirsi di cibo sempre più resistente. Per quanto Paranthropus robustus sembri esser stato le specie dominante nell’area, alla fine però fu Homo a resistere alla pressione selettiva.
DNH 155 è uno dei crani meglio preservati della specie e si unisce al già ricchissimo materiale che Drimolen ci ha restituito e che testimonia l’accuratezza e la perseveranza del gruppo di ricerca nel lavoro sul campo e poi di studio dei reperti, che include lo studio multi- e transdisciplinare di tutti gli aspetti del sito. Recentemente l’Università di Pisa insieme a University of Johannesburg ha ottenuto un grant Erasmus+ KA107 per la mobilità di docenti e studenti che potrà consolidare i rapporti tra gli Atenei e favorire nuove scoperte.
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Nelle immagini:
1. Il nuovo reperto di Paranthropus robustus DNH155 nella ricostruzione virtuale da scan 3D.
2. A sinistra il nuovo reperto di Paranthropus robustus DNH155 (originale), a destra il cranio Paranthropus robustus dell'individuo femminile DNH7 “Eurydice” trovato a Drimolen nei primi anni 2000. DNH155 presenta tratti di maggior robustezza rispetto a DNH7 e soprattutto un’evidente cresta sagittale che serviva ad ancorare i potenti muscoli della masticazione. Foto di G. Boschian.
3. Il team internazionale di ricercatori, da sinistra Giovanni Boschian, Jesse Martin, Andy Herries (La Trobe University), Stephanie Baker (University of Johannesburg), Angelina Leece (La Trobe University), David Strait (Washington Universty).
L’Università di Pisa presenta tre tecnologie brevettate al Tech Share Day 2020
L’Università di Pisa partecipa con 3 tecnologie brevettate a Tech Share Day 2020 2020 (TSD 2020), evento completamente in digitale che mette in contatto il mondo della ricerca pubblica con quello delle imprese, degli investitori e degli innovatori, che si svolgerà online dall’11 al 13 novembre.
I brevetti presentati dall’Ateneo e supportati dall’Unità Servizi per il Trasferimento Tcenologico sono: “Nuovi derivati biciclici per la cura di diabete e obesità” (referente il prof. Mauro Pineschi); “Agenti melanocortinici per terapia dei tumori” (referente il prof. Guido Bocci; “Apparato di elettrofilatura e microestrusione” (referente il prof. Giovanni Vozzi).
Tech Share Day 2020 è un evento organizzato da Netval, UIBM e Politecnico di Torino che mira a mettere in contatto esperti e opinion leader dall’accademia, dal mondo dell’industria e da quello degli innovatori, con l’intento di promuovere la collaborazione e stimolare la creazione di sinergie nel campo del biomedicale e delle scienze della vita tra imprese ed università, centri di ricerca ed EPR.
Durante il TSD verranno presentate più di 500 tecnologie, tutte legate al settore del biomedicale e delle scienze della vita, provenienti da oltre 70 dei più importati centri di ricerca e università sul territorio nazionale.
L’evento inoltre renderà possibile un’attività di networking tra i partecipanti che desiderano ingaggiarsi per approfondimenti rispetto a determinate specificità di settore, con l’obiettivo di far crescere i progetti in campo che vogliono diventare soluzioni concrete e raggiungere il mercato.
L’iscrizione a TSD 2020 è gratuita e disponibile al seguente link: https://techshareday.com/. Per info e approfondimenti in merito si prega di contattare Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
Per informazioni si può contattare l’Unità Servizi per il Trasferimento Tecnologico all’indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
Scoperto un nuovo fossile in Sudafrica che documenta processi microevolutivi in una specie estinta di ominini
La scoperta di un nuovo cranio fossile di Paranthropus robustus di circa 2 milioni di anni fa, rinvenuto nel sito paleoantropologico di Drimolen, nella cosiddetta “Cradle of Humankind” presso Johannesburg (Sudafrica), ha portato nuova luce sui processi microevolutivi subiti dalla specie estinta di ominini, che visse probabilmente un periodo di rapido e turbolento cambiamento climatico. Lo studio è stato condotto da un gruppo internazionale di ricerca costituito da membri di University of Johannesburg, La Trobe University di Melbourne, Washington University-St. Louis e Università di Pisa, con la partecipazione di Giovanni Boschian, docente del dipartimento di Biologia. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Nature Ecology & Evolution.
Prima del ritrovamento del nuovo reperto, si credeva che la specie di Paranthropus fosse caratterizzata da un forte dimorfismo sessuale, con individui maschi che presentavano dimensioni corporee e struttura cranica molto superiori rispetto alle femmine, come oggi in gorilla, oranghi e babbuini. Il nuovo fossile, classificato con la sigla DNH 155, è chiaramente appartenuto a un maschio della specie di Paranthropus, ma è di dimensioni minori dei maschi rinvenuti nel vicino sito di Swartkrans, e a sua volta è più grande di DNH 7 “Eurydice”, un individuo presunto femmina trovato sempre a Drimolen alcuni anni fa. Il ritrovamento di DNH 155, chiaramente contemporaneo di DNH 7 e proveniente dallo stesso sito, fa supporre che il dimorfismo fosse molto meno pronunciato e indica che Paranthropus robustus si sia evoluto rapidamente. Infatti Drimolen è di almeno 200.000 anni più antico di Swartkrans, come è risultato da uno studio del medesimo gruppo di ricercatori, pubblicato su Science all’inizio di quest’anno. Drimolen rappresenta quindi una popolazione più arcaica della medesima specie, mentre Swartkrans ne rappresenterebbe una anatomicamente più derivata.
“La nuova scoperta mette in evidenza un sottile cambiamento avvenuto in tempi relativamente brevi durante il processo evolutivo di una specie – spiega il professor Giovanni Boschian – È un caso estremamente raro e difficile da osservare nella documentazione fossile, che è notoriamente molto discontinua e incompleta, soprattutto nel caso degli ominini e che rende particolarmente importante questa scoperta. In questo caso possiamo osservare una piccola finestra spazio-temporale nel processo evolutivo, ovvero ciò che avvenne a una specie, in un’area ristretta e in un breve periodo di tempo”.
A sinistra il nuovo reperto di Paranthropus robustus DNH155, a destra il cranio Paranthropus robustus, individuo femminile DNH7 “Eurydice” trovato a Drimolen nei primi anni 2000. DNH155 presenta tratti di maggior robustezza rispetto a DNH7 e soprattutto un’evidente cresta sagittale che serviva ad ancorare i potenti muscoli della masticazione. Foto di G. Boschian. In alto il nuovo reperto DNH155, nella ricostruzione virtuale da scan 3D.
Il contesto paleoambientale è un altro aspetto che rende particolarmente importante il ritrovamento. Il periodo intorno a due milioni di anni fa è stato in Africa australe un momento di rapido e quasi turbolento cambiamento climatico che sembra aver causato in Paranthropus robustus cambiamenti anatomici che prima di questa scoperta erano attribuiti al dimorfismo sessuale. Ma l’influenza del cambiamento ambientale, che si manifestò con marcata aridizzazione e raffreddamento del clima, sembra esser stata di portata ben maggiore: “Sappiamo che in questo periodo la comparsa di Paranthropus robustus coincise all’incirca con la scomparsa di Australopithecus e con l’arrivo dei primi rappresentanti del genere Homo in Sudafrica – aggiunge Boschian - Si trattava di una situazione di stress per tutti ma, mentre Australopithecus non resistette, Paranthropus e Homo adottarono due strategie adattative divergenti: i primi con piccoli cervelli e grandi denti adatti a cibi duri e coriacei, Homo erectus con grande cervello e piccoli denti più adatti a un selezionato cibo tenero”.
Il team internazionale di ricercatori, da sinistra Giovanni Boschian, Jesse Martin, Andy Herries (La Trobe University), Stephanie Baker (University of Johannesburg), Angelina Leece (La Trobe University), David Strait (Washington Universty).
Tuttavia lo stress si manifestò attraverso il tempo su Paranthropus, infatti le caratteristiche anatomiche di DNH 155 mostrano che le forme più arcaiche di Drimolen non erano in grado di masticare con una forza pari a quella dei loro successori di Swartkrans. In 200.000 anni si manifestò un processo evolutivo in grado di favorire coloro in grado di nutrirsi di cibo sempre più resistente. Per quanto Paranthropus robustus sembri esser stato le specie dominante nell’area, alla fine però fu Homo a resistere alla pressione selettiva.
DNH 155 è uno dei crani meglio preservati della specie e si unisce al già ricchissimo materiale che Drimolen ci ha restituito e che testimonia l’accuratezza e la perseveranza del gruppo di ricerca nel lavoro sul campo e poi di studio dei reperti, che include lo studio multi- e transdisciplinare di tutti gli aspetti del sito. Recentemente l’Università di Pisa insieme a University of Johannesburg ha ottenuto un grant Erasmus+ KA107 per la mobilità di docenti e studenti che potrà consolidare i rapporti tra i nostri Atenei e favorire nuove scoperte.