Contenuto principale della pagina Menu di navigazione Modulo di ricerca su uniPi

“1984”, da Orwell allo spot Apple

Si è concluso il ciclo di incontri del Seminario di Interpretazione Testuale

  • Condividi l'articolo su Facebook
  • Condividi su Twitter

Un'immagine dello spot Apple Cosa ha a che vedere con la letteratura un'analisi accurata di uno spot pubblicitario?

Eppure l'incontro conclusivo del Seminario di Interpretazione Testuale della Facoltà di lettere è stato dedicato all'analisi della pubblicità del Macintosh, il breve filmato, diretto da Ridley Scott, con cui nel 1984 fu lanciato il Macintosh della Apple, il primo personal computer destinato ad essere usato anche dai non-informatici.

Questa conclusione così poco "letteraria" è coerente con le intenzioni del progetto: organizzare degli incontri aperti a giovani studenti e ricercatori, in cui si analizzassero testi, al di là di steccati e provincialismi culturali e disciplinari. Incontri in cui, con gli strumenti propri della critica letteraria, ci si potesse spingere anche ad analizzare anche "testi" in senso lato, come appunto è il caso di uno spot pubblicitario.

Davanti ad un nutrito pubblico, Francesco Ghelli, allievo di Francesco Orlando e studioso di teoria della letteratura, ha eseguito un "close reading" una interpretazione accurata dello spot, leggendone i rapporti con l'antiutopia letteraria di George Orwell e con il contesto storico in cui è stato realizzato.

Siamo appunto nel 1984: la Apple lancia il Macintosh mentre l'America reaganiana è impegnata, con una onerosa corsa agli armamenti, nel rush finale della guerra fredda.

Nel suo spot la Apple racconta se stessa utilizzando un linguaggio profetico. Narra una breve storia che deve fare nascere curiosità e interesse per il personal computer, un prodotto il cui uso era al tempo misterioso ai più, un prodotto, di cui la massa del grande pubblico non avvertiva il bisogno.

Dall'analisi di Ghelli è emerso il tratto paradossale di questa operazione pubblicitaria. La Apple si presentava al grande pubblico come paladina dell'individualismo libertario contro la massificazione, come campione dei valori della cultura tecnologico-informatica della California hippy degli anni settanta, proprio nel momento in cui presentava un prodotto, il Macintosh, che negava nel concreto le istanze di partecipazione e creatività individuale che saranno poi proprie della comunità Open source. Il Macintosh infatti non permette all'utente la possibilità di fare modifiche in autonomia: funziona grazie ad un sistema operativo con codice proprietario e, addirittura, per smontare il suo hardware sono necessari strumenti particolari non in commercio.

Nel suo intervento Ghelli ha accostato l'operazione della Apple ad una forma di "doublethink", il bispensiero, la forma di pensiero che vige nella società orwellaina, quella che impone di affermare qualcosa di contraddittorio e di dimenticare la contraddizione stessa in accordo con la strategia del partito.

Come è successo per tutti gli incontri del Seminario, alla conclusione della relazione è seguito un vivace dibattito col pubblico. Il bilancio dei sette incontri è infatti estremamente positivo, secondo Gianni Iotti, uno degli organizzatori dell'iniziativa insieme a Sergio Zatti e Stefano Brugnolo.

"La partecipazione è stata sempre molto alta, e abbiamo deciso che il Seminario riprenderà nel prossimo anno con due serie di incontri.

Anche il prossimo ciclo non avrà un tema specifico, ma sarà caratterizzato dall'approccio, dalla volontà di rendere centrale il testo e di offrire occasioni per confrontarsi su una sua interpretazione accurata".

Francesco Ghelli e Stefano BrugnoloL'iniziativa è principalmente diretta agli studenti e ai ricercatori della Facoltà di Lettere, ma è anche aperta alla cittadinanza.

L'idea che viene affermata nel Seminario è che il testo letterario parla, in una sua particolare maniera, della realtà e del nostro rapporto con il mondo. "Non vogliamo , afferma Iotti, in alcun modo affermare l'equazione letteratura = realismo, anche un oscuro sonetto di Mallarmé parla del nostro rapporto col mondo, ma in generale per noi è importante sottrarre la letteratura ad uno studio puramente formale. La nostra affermazione è diretta polemicamente contro chi considera la letteratura sostanzialmente autoreferenziale, e ritiene i testi letterari giochi formali interpretabili e comprensibili esclusivamente in relazione ad altri testi letterari."

Un simile approccio vanta nel nostro ateneo una illustre tradizione. Ci piace ricordare, tra l'altro, che Francesco Orlando, grande teorico della letteratura morto nel 2010, nella laudatio per la Laurea Honoris causa a Vincenzo Cerami scriveva di apprezzare nei suoi scritti "In primo luogo, la sua moderna e solidissima referenzialità. La vanto volentieri oggi, quando siamo da decenni insidiati dal sinistro pregiudizio inverso, che la letteratura debba essere autoreferenziale, che possa e debba parlare soltanto di se stessa (pensate che noia!), oppure di un altro mondo (ma quale?), oppure di niente (ma come?)".

Il programma dei prossimi incontri sarà pubblicato, non appena disponibile, nel calendario degli eventi del sito http://www.unipi.it/index.php/unipieventi .

  •  
  • 23 maggio 2012

Questo sito utilizza solo cookie tecnici, propri e di terze parti, per il corretto funzionamento delle pagine web e per il miglioramento dei servizi. Se vuoi saperne di più, consulta l'informativa