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Il Rotary Club Cascina e l’azienda farmaceutica PharmaNutra SPA hanno fatto delle donazioni all'Università di Pisa finalizzate a coprire parte delle spese per acquistare due vetture appositamente attrezzate per il trasporto degli studenti e del personale con disabilità. Le donazioni sono state presentate in rettorato, martedì 9 luglio, dal rettore Paolo Mancarella, dal prorettore per l’Organizzazione e le politiche del personale, Michele Marroni, dal chief financial officer di PharmaNutra SPA, Francesco Sarti, dai presidenti del Rotary Club Cascina annata 2018/2019, Giuseppe Saccomanni, e annata 2019/2020, Paolo Barnelli. Erano inoltre presenti il delegato all’integrazione degli studenti e del personale con disabilità e DSA, Luca Fanucci, il professor Marco Macchia, ordinario di Chimica farmaceutica, e il governatore del distretto Rotary 2071 per l’annata 2018/2019, Giampaolo Ladu.

vetture disabili

Le donazioni del Rotary Club Cascina e di PharmaNutra SPA agevoleranno l'Università di Pisa nell'acquisto di due vetture nuove, un Doblò e una Panda, attrezzate per il trasporto dei disabili, arricchendo il parco macchine che l'Ateneo ha a sua disposizione e migliorando in modo sensibile i servizi offerti alle persone con disabilità che vi lavorano o studiano. Anche grazie all'utilizzo dei nuovi mezzi, l'Università testimonia la consolidata e continua tradizione di attenzione alle persone con disabilità, un settore che vede l'Ateneo pisano all’avanguardia in campo nazionale.

Le donazioni devono molto alla sensibilità dimostrata dal past president del Rotary Club Cascina, Giuseppe Saccomanni, e dall’amministratore delegato e vicepresidente di PharmaNutra, Roberto Lacorte, che hanno agito in sinergia tra loro e in collaborazione con i professori Marco Macchia e Michele Marroni.

Il Rotary Club ha tra le sue principali missioni quella di realizzare e di coordinare iniziative come quella presentata in Ateneo, muovendosi lungo tre direttrici che riguardano i giovani, il sociale e la cultura. PharmaNutra ha ugualmente sposato con entusiasmo quest'idea, che rappresenta un esempio in cui l'iniziativa nel sociale si fonde con la mission dell'azienda di sviluppare prodotti nutraceutici e dispositivi medici innovativi per il benessere e la salute nelle persone.

Nella foto, da sinistra: Sarti, Macchia, Fanucci, Mancarella, Marroni, Saccomanni, Ladu, Barnelli. 

Suona la sveglia: a tutti è capitato, ancora in dormiveglia, di lasciar scivolare la mano sopra il comodino per spegnerla. La facilità con cui si eseguono tutti i giorni azioni come questa è sorprendente se rapportata alla complessità dell’anatomia della mano e dei processi neurali responsabili del controllo sensorimotorio. Come sappiamo a colpo sicuro dirigere la mano verso la sveglia? Che ruolo ha nel compiere questo movimento le sensazioni tattili che deriva dallo scivolamento della mano sul comodino?

Una risposta appare sulla rivista Science Advances, in uno studio condotto da neuroscienziati e ingegneri dell'Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, della Fondazione Santa Lucia, dell'Università di Pisa, e dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), che mette in relazione la capacità di controllare efficacemente il movimento delle nostre mani con le sensazioni tattili che i recettori della pelle ci forniscono.

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“Per controllare i movimenti delle nostre mani – afferma Alessandro Moscatelli, ricercatore all’Università di Roma Tor Vergata e della Fondazione Santa Lucia, presso il gruppo diretto dal professor Francesco Lacquaniti – dobbiamo conoscerne la posizione e la velocità di movimento rispetto agli oggetti che ci circondano. Il senso della posizione e della velocità dei nostri arti e del nostro corpo viene chiamato propriocezione – un vero e proprio "sesto senso". Secondo studi classici di neuroscienze, i segnali di propriocezione derivano da recettori meccanici incorporati nel nostro sistema muscolo-scheletrico. I recettori presenti nella pelle, al contrario, sarebbero alla base del nostro senso del tatto. A differenza della propriocezione, si ritiene comunemente che il senso del tatto fornisca informazioni sugli oggetti esterni. Ad esempio, ci informa se un oggetto è rigido o soffice, liscio o ruvido e così via. Con questo studio abbiamo dimostrato che questa separazione non è poi così netta, e abbiamo fatto un passo importante per capire come funziona la nostra percezione del mondo”.

Quando si tocca un oggetto, infatti, la deformazione della nostra pelle fornisce informazioni non solo sull'oggetto stesso, ma anche sulla posizione e sul movimento della parte del corpo che tocca l'oggetto. Se è così, in modo simile a come avviene per la propriocezione, il senso del tatto dovrebbe essere in grado di fornire una guida al nostro sistema nervoso per controllare i movimenti del nostro corpo, in particolare degli arti.

“In una serie di esperimenti – prosegue Matteo Bianchi, ricercatore all’Università di Pisa (dipartimento di Ingegneria dell’Informazione e Centro di Ricerca “Enrico Piaggio”) – abbiamo costruito una “illusione tattile”: i partecipanti dovevano muovere il loro dito su una superficie con delle linee increspate, cercando di spostarsi in linea retta (senza utilizzare la visione in quanto bendati) o verso un bersaglio visibile soltanto in una realtà virtuale riprodotta mediante un dispositivo indossabile. Secondo il nostro modello matematico, la direzione di moto rilevata dal tatto e quindi dalla deformazione della pelle viene influenzata dall'orientamento delle creste. Coerentemente, abbiamo osservato che cambiando l’orientamento delle creste, i movimenti sistematicamente deviavano dalla traiettoria desiderata. Abbiamo quindi ripetuto l’esperimento chiedendo ai soggetti di indossare un guanto, in modo che l’informazione tattile fosse attutita. In questo caso, il movimento veniva eseguito per lo più in modo corretto. Questo risultato dà un forte sostegno al nostro modello e dimostra che le nostre azioni sono davvero letteralmente guidate da una miscela ideale di tatto e “sesto senso’’ (propriocezione) pesata in base all’affidabilità delle misure a disposizione del nostro sistema nervoso".

“Le applicazioni che ne derivano sono molto interessanti in diversi campi” conclude Antonio Bicchi (Istituto Italiano di Tecnologia e Università di Pisa). “Questo tipo di ricerca è infatti fondamentale per lo sviluppo di una nuova generazione di tecnologie aptiche, ovvero legate al senso del tatto, che utilizzano la matematica come strumento di modellazione e sintesi. Le implicazioni in ambito tecnologico e industriale sono principalmente legate a dispositivi di realtà virtuale e aumentata in grado di fornire un’esperienza immersiva e realistica, fondamentale nella nuova industria, per esempio per processi di progettazione di prototipi, modellizzazione e ispezione da remoto”.
Importanti ricadute sono possibili anche in ambito medico. Lo studio dei principi di funzionamento della nostra percezione corporea può portare infatti allo sviluppo di test clinici più sensibili, in grado di effettuare diagnosi precoci di diverse malattie neurologiche che sono associate ad una diminuzione della capacità di movimento e sensibilità tattile, come neuropatie diabetiche, lesioni nervose traumatiche e sclerosi multipla.

PLicausi3_0.jpger rilevare e far fronte alla mancanza di ossigeno (ipossia) l'uomo e le piante utilizzano sensori molecolari sostanzialmente identici tra loro. La scoperta si deve allo studio svolto in collaborazione tra Università di Pisa, Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna, Università di Oxford e pubblicato sulla rivista Science.

Per tradizione le piante sono viste come gli organismi produttori dell’ossigeno presente nell’atmosfera, consumato poi da organismi aerobici fra cui gli animali. In realtà tanto le piante quanto gli animali utilizzano questo elemento per immagazzinare energia in forma chimica attraverso la respirazione cellulare. Pertanto, la scarsità di ossigeno (detta ipossia) influisce in maniera significativa sulla fisiologia e sul metabolismo di queste due forme di vita.

Le piante si trovano in condizioni di ipossia quando sono sommerse, ad esempio in caso di intense precipitazioni o di esondazioni. I tessuti animali, d’altro canto, esibiscono uno stato ipossico in condizioni di intensa attività metabolica, associata per esempio a significativo esercizio muscolare oppure durante la proliferazione cellulare incontrollata, come avviene nei tumori. Entrambi, piante e animali, tuttavia sfruttano gradienti di ossigeno come segnale per guidare processi di sviluppo, ad esempio l’angiogenesi negli animali e la produzione di foglie nelle piante.

Il gruppo di ricerca internazionale, costituito dall’Università di Pisa, dall’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna e dall’università di Oxford ha ora scoperto che questo stesso meccanismo, basato su un enzima che utilizza ossigeno molecolare come substrato, è in grado di governare l’abbondanza e quindi l’attività di regolatori cruciali di una gamma di risposte cellulari.

Confrontando componenti del regno animale e vegetale, e trasferendole dall’uno all’altro, i ricercatori hanno scoperto l’esistenza di un interruttore molecolare, l’enzima ADO, che incorpora ossigeno nell’estremità iniziale di proteine contenenti l’amminoacido cisteina. Questa reazione conduce alla degradazione di tali proteine in condizioni aerobiche, mentre è inibita in ipossia. Pertanto, ADO svolge identica funzione all’enzima di pianta PCO (Plant Cysteine Oxidase), individuato cinque anni fa dalla stessa squadra di ricercatori di Pisa.

“L’ampia conservazione di questo meccanismo – spiega Francesco Licausi (foto a destra), professore associato di fisiologia vegetale all’Università di Pisa - è indicativa della sua rilevanza fisiologica nei due regni. Questa similarità è stupefacente, considerando quanto piante e animali sono distanti da un punto di vista evolutivo, sebbene entrambi rappresentino i vertici evolutivi della vita multicellulare sul nostro pianeta”.

“La scoperta – prosegue Beatrice Giuntoli, ricercatrice dell’Università di Pisa - ha un enorme potenziale applicativo in ambito terapeutico Infatti ADO rappresenta un bersaglio completamente nuovo per il trattamento farmacologico di disturbi tumorali e infiammatori. Fra i target di ADO, abbiamo identificato la proteina RGS4, coinvolta nella segnalazione ormonale, nella neurotrasmissione e nello sviluppo del miocardio, e l’Interleuchina IL-32, una citochina atipica che regola risposte infiammatorie e fattori angiogenici”.

“Le piante e l'uomo hanno necessità di sapere quanto ossigeno respirano e hanno a disposizione – sottolinea Pierdomenico Perata, docente di fisiologia vegetale all’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna – e se il tessuto è carente di ossigeno, sia le piante sia gli animali hanno un'attrezzatura per capire e prendere provvedimenti. In questo nuovo studio – conclude Pierdomenico Perata - abbiamo dimostrato che l'uomo, e probabilmente tutti gli animali, hanno un secondo sistema, aggiuntivo rispetto a Hif1, basato sull'enzima Ado, che è identico a quello delle piante”. Tanto che l'enzima umano, messo al posto di quello delle piante, si è dimostrato capace di sostituirlo.

 

L'Ateneo di Pisa si colloca tra le prime cento università a livello europeo e tra le prime cinque in Italia negli Europe Teaching Rankings 2019, appena pubblicati dal Times Higher Education. A livello nazionale l'Ateneo pisano si colloca nella fascia 76-100 insieme all'Università di Pavia, preceduto solo da Bologna, Politecnico di Milano e Siena, tutte in fascia 51-75. In totale le università italiane che compaiono in questa classifica sono 33, delle quali 20 si piazzano tra le prime 200 europee.

Il Times Higher Education redige da parecchi anni uno tra i più autorevoli ranking internazionali delle università, il World University Ranking, che valuta gli atenei a 360 gradi su reputazione, ricerca e didattica. La classifica pubblicata ora, invece, riguarda in modo specifico la didattica. Per omogeneità, è stata limitata alle sole università europee. La peculiarità del ranking è che la maggior parte degli indicatori utilizzati derivano da una indagine che THE ha svolto somministrando questionari agli studenti dei vari atenei. Per l'Università di Pisa, ad esempio, hanno risposto circa 1000 studenti.

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"L'ottimo posizionamento conseguito dall'Università di Pisa negli Europe Teaching Rankings - ha commentato il rettore Paolo Mancarella - si associa ai recenti dati del QS World University Rankings, in cui l'Ateneo ha ottenuto un significativo miglioramento sugli indicatori che misurano la qualità della produzione scientifica: del resto sappiamo bene che una didattica di qualità non può prescindere da una ricerca di qualità. Questo nuovo importante risultato premia gli sforzi che stiamo facendo nel settore della didattica, con un'offerta ampia e variegata, come è emerso nell'iniziativa che proprio pochi giorni fa abbiamo dedicato a questo tema. Posso ben dire che chi sceglie di venire a formarsi all’Università di Pisa trova corsi all’avanguardia, competenze fondate su una lunga tradizione e sull’alta qualificazione della classe docente e una popolazione studentesca vivace, partecipe e motivata: il tutto nella cornice di una città ricca di storia, cultura ed eccellenza scientifica".

Il Focus sulla didattica, tenutosi il 3 luglio, è stato l’occasione per parlare dei progetti speciali per la didattica, con cui l’Università di Pisa ha inaugurato un nuovo modo di fare lezione che va oltre la tradizionale “aula”: gli studenti hanno la possibilità di partecipare a viaggi studio, lezioni fuori sede e iniziative all’estero, e di svolgere tante altre attività pensate per rendere più efficaci e incisivi gli insegnamenti dei corsi di laurea. Nell’anno accademico 2018/2019 sono 40 i progetti a cui hanno partecipato gli studenti e per il prossimo semestre ci sono già 37 proposte in fase di valutazione. Si è discusso anche dei cinque nuovi corsi di laurea attivati negli ultimi due anni: Scienze della formazione primaria, Management for Business and Economics, Diritto dell’innovazione per l’impresa e le istituzioni, Ingegneria per il design industriale e Management e controllo dei processi logistici. Ci sono state inoltre sessioni specificatamente dedicate alla presentazione delle attività organizzate dall’Ateneo per l'orientamento in ingresso e in uscita, l’internazionalizzazione e il sostegno agli studenti disabili o con bisogni speciali. Infine, una sessione specifica è stata dedicata all’iniziativa “Insegnare a insegnare”, che mira a migliorare la qualità dell’insegnamento dei docenti neo-assunti.

Una didattica ampia e variegata, che fonda le sue radici nella tradizione, ma che è capace di innovarsi rispondendo ai più recenti mutamenti culturali e agli sviluppi del mercato del lavoro. È questo il quadro che risulta dalla giornata “Focus Didattica” che si è svolta il 3 luglio 2019 al Polo Fibonacci, in cui si è dato conto di tutte le iniziative, esperienze e progetti promossi nel settore della didattica dall’Università di Pisa.

La giornata è stata aperta dall'intervento del rettore Paolo Mancarella, a cui sono seguiti i saluti di Lucia Guarini della segreteria di Monica Barni, vicepresidente della Regione Toscana, e di Rosanna Cardia, assessore alle politiche socioeducative e scolastiche del Comune di Pisa.

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A seguire il professor Marco Abate, prorettore per la Didattica, e la professoressa Marcella Aglietti, delegata per il Dottorato di ricerca, hanno illustrato i dettagli dell’offerta formativa dell’Ateneo, con numeri che dimostrano la grande varietà dei corsi attivati: in tutto ci sono 60 corsi di laurea triennale, 9 corsi di laurea magistrale a ciclo unico, 69 corsi di laurea magistrale, 38 master di Iº livello, 34 corsi di dottorato di ricerca, 49 scuole di specializzazione, di area sanitaria, veterinaria, farmacia, dei beni culturali e legale, 27 master di IIº livello, per un totale di 286 corsi.

L'iniziativa del 3 luglio è stata anche l’occasione per parlare dei i progetti speciali per la didattica, con cui l’Università di Pisa ha inaugurato un nuovo modo di fare lezione, che va oltre la tradizionale “aula”: gli studenti hanno la possibilità di partecipare a viaggi studio, lezioni fuori sede, iniziative all’estero e svolgere tante altre attività pensate per rendere più efficaci e incisivi gli insegnamenti dei corsi di laurea. Durante la mattinata sono stati illustrati 4 progetti che esemplificano le tipologie di attività proposte agli studenti: “Storie di Case” del professor Luca Lanini, “Geo-traversa Albania-Macedonia: le Dinaridi, la regione dei grandi laghi, tra tettonica e paleoclima", dei professori Luca Pandolfi, Giovanni Zanchetta e Monica Bini, “Università Musei Pubblico: prodotti di comunicazione per il Museo Nazionale di San Matteo”, della professoressa Antonella Gioli e “Insegnamento dell’Economia politica mediante esperienze di teatro didattico e public speaking” del professor Mario Morroni.

Si è parlato anche dei 5 nuovi corsi di laurea attivati negli ultimi due anni accademici – Scienze della formazione primaria, Management for Business and Economics, Diritto dell’innovazione per l’impresa e le istituzioni, Ingegneria per il design industriale e Management e controllo dei processi logistici - e ci sono state inoltre sessioni specificatamente dedicate alla presentazione delle attività organizzate dall’Ateneo per l'orientamento in ingresso e in uscita, per l’internazionalizzazione e per il sostegno agli studenti disabili, con una parte dedicata all’iniziativa “Insegnare a insegnare” rivolta ai docenti neo-assunti per migliorare la qualità dell’insegnamento.

Inoltre sono stati presentati i risultati del questionario sulla didattica compilato dai docenti nello scorso autunno.

Ospite speciale è stata la professoressa Mercedes Lopez Aguado, della Universidad de Leon, che ha parlato della didattica universitaria in Spagna.

Dall'elenco qui di seguito è possibile scaricare i materiali presentati durante la giornata.

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L’OFFERTA DIDATTICA

L’offerta didattica
Marco Abate
, prorettore per la Didattica

I dottorati di ricerca
Marcella Aglietti, delegata per il Dottorato di ricerca

Nuovi corsi di studio attivati negli a.a. 2018/19 e 2019/20

Ingegneria per il design industriale
Sandro Barone

Management for Business and Economics
Riccardo Giannetti

Scienze della formazione primaria
Pietro Di Martino

Diritto dell’innovazione per l’impresa e le istituzioni
Michela Passalacqua

Management e controllo dei processi logistici
Nicola Castellano


Presentazione dei risultati del questionario sulla didattica compilato dai docenti
Pietro Di Martino, delegato Formazione insegnanti

Dettaglio dei risultati del questionario

I PROGETTI SPECIALI

I progetti speciali per la didattica
Marco Abate, prorettore per la Didattica

Presentazione di quattro progetti speciali

Storie di Case
Luca Lanini

Geo-traversa Albania-Macedonia: le Dinaridi, la regione dei grandi laghi, tra tettonica e paleoclima 
Luca Pandolfi, Giovanni Zanchetta, Monica Bini

Università Musei Pubblico: prodotti di comunicazione per il Museo Nazionale San Matteo
Antonella Gioli

Insegnamento dell’Economia politica mediante esperienze di teatro didattico e public speaking 
Mario Morroni
 

INSEGNARE A INSEGNARE

L’iniziativa “Insegnare a insegnare”: risultati e prospettive
Ettore Felisatti, Università di Padova, presidente ASDUNI - Associazione Italiana per lo Sviluppo della Didattica, dell’Apprendimento e dell’Insegnamento in Università

La didattica universitaria in Spagna
Mercedes López Aguado, Directora del Área de Formación y Evaluación del Profesorado de la Universidad de León, Spagna
 

DIDATTICA OLTRE

L’orientamento e il tutorato
Antonella Del Corso, prorettrice per gli Studenti

Il progetto dei corsi di recupero interattivi online di matematica e italiano 
Giuseppe Fiorentino, Accademia Navale di Livorno, Presidente AIUM - Associazione Italiana Utenti di Moodle
Mirko Tavosanis, Università di Pisa

La didattica inclusiva e il sostegno agli studenti
Luca Fanucci, delegato all’integrazione degli studenti e del personale con disabilità e DSA

L’internazionalizzazione della didattica
Francesco Marcelloni, prorettore alla Cooperazione e alle Relazioni internazionali

L’orientamento in uscita e il career service
Rossano Massai, delegato al Job placement

 

 

Caterina Casini e Davide Conte sono i vincitori della nona edizione del Premio di laurea, promosso e finanziato dal Rotary Club Livorno “Mascagni”, destinata ai laureati più meritevoli del Corso di laurea in Economia e Legislazione dei Sistemi Logistici, con sede in Livorno, rispettivamente dell’anno accademico 2016/2017 e 2017/2018.

Entrambi si sono laureati con il massimo dei voti; la prima, discutendo una tesi dal titolo “Competitività del trasporto intermodale di semirimorchi dal porto di Livorno verso il nord Italia” ed il secondo, con una tesi sul tema: “Collegamenti ferroviari da e per l'Italia: uno studio sull'utilizzo dei valichi alpini”. Ai due vincitori è stata assegnata una borsa di studio del valore di mille euro.

 

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La premiazione di Caterina Casini

La cerimonia di premiazione si è recentemente svolta nell’Auditorium del Campus universitario di Villa Letizia alla presenza del Presidente del Rotary Club Livorno “Mascagni”, Dr Giovanni Ghio Rondanina e del Direttore del Polo Universitario Sistemi Logistici di Livorno, Prof. Ing. Gianluca Dini.

Selezionati nell’ambito di una rosa di diciannove candidati, di cui oltre il 50% ha conseguito la laurea con lode, i due giovani provengono da una diversa realtà territoriale: Claudia Casini, infatti, pur essendo nata a Poggibonsi, è vissuta a Livorno, dove ha frequentato l’Istituto Tecnico Commerciale A. Vespucci, seguendo l’indirizzo logistico; Davide Conte è nato e vissuto a Campobasso, dove ha conseguito la maturità tecnica commerciale ad indirizzo programmatori. Anche la scelta compiuta dopo il conseguimento del titolo universitario, è stata differente: Davide Conte ha preferito iscriversi alla laurea magistrale in Management e Controllo dei Processi Logistici, attiva da quest’anno presso il Polo Universitario di Livorno, mentre Claudia Casini è stata assunta in una azienda di servizi logistici a tempo indeterminato, a dimostrazione di come il Corso di Laurea consenta di soddisfare interessi e attitudini diversificati, garantendo, sia la possibilità di approfondimento degli studi sia uno sbocco professionale immediato. Il 41% degli studenti trova infatti lavoro a tre mesi dalla laurea.

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La premiazione di Davide Conte

Il Presidente del Rotary Club Livorno “Mascagni”, Dr Ghio Rondanina, ha incoraggiato questi giovani a proseguire nel loro cammino di eccellenza ed ha confermato l’impegno del Rotary Club Livorno “Mascagni a favore del mondo giovanile, con la convinzione che investire nei giovani e nella formazione sia la strada maestra per favorire lo sviluppo del territorio e dell’intero Paese.

 

Il team AcquaLab di studenti dell’Università di Pisa ha vinto “NextFOOD, Educating the Next Generation of Agrifood Professionals”, una competizione internazionale sul tema della sostenibilità in acquacoltura. Luigi Petrocchi Jasinski, Lorenzo Rossi e Greta Galliano, allievi del corso di laurea in Scienze e tecnologie delle produzioni animali coordinati dal dottor Baldassare Fronte del Dipartimento di Scienze Veterinarie, sono arrivati primi con un progetto per misurare e garantire la qualità dei prodotti acquaponici sotto ogni aspetto (benessere animale, sostenibilità ambientale, tracciabilità e sicurezza alimentare). Il progetto prevede la creazione di una piattaforma di controllo e di una “app” per informare i consumatori sulle caratteristiche dei prodotti ottenuti attraverso questa tecnica di produzione che attraverso la scansione di un QR code.

 

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Da sinistra, Lorenzo Rossi, Greta Galliano, Petrocchi Jasinski e Baldassare Fronte



“Il miglioramento delle conoscenze pratiche e la capacità di risolvere problemi reali nella produzione e nella lavorazione di alimenti è un requisito essenziale per gli studenti che in futuro si troveranno a lavorare in un contesto lavorativo altamente specializzato – ha concluso il dottor Fronte – e il risultato conseguito dalla nostra squadra è una conferma della bontà della formazione all’Università di Pisa”.

Grazie a questa vittoria il team AcquaLab potrà presentare il proprio progetto alla prossima edizione di Aquaculture Europe 2019, congresso di rilevanza internazionale che quest’anno si terrà ad ottobre a Berlino e, successivamente, al Nextfood Annual Meeting che si svolgerà in Grecia nel 2020. Forti di questi risultati, l’obiettivo futuro dei tre studenti è di realizzare una start up a partire dalla loro idea.

Spesso succede così, i progressi scientifici si ottengono dall’osservazione della natura e dalla comprensione dei meccanismi che ne regolano il funzionamento. Nello studio condotto da un team di ricercatori provenienti dall’Università di Pisa, l'Ecole Polytechnique Fédérale di Lausanne (EPFL) e l’Università di Twente è stato un fiore a ispirare la definizione di un modello matematico che descrive come si generano forze aerodinamiche stabili capaci di garantire voli a lunga traiettoria. Si tratta del tarassaco, noto anche come “dente di leone”, più in particolare del suo seme, che con il vento si separa dalla pianta di origine e vola disperdendosi a lunghe distanze. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista “Physical Review Fluids” ed è stato selezionato per una “highlight story” sulla rivista “Physics Magazine”, entrambe edite dall’American Physical Society (APS).

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Il seme del tarassaco può essere trasportato dal vento anche per distanze considerevoli grazie al “pappo”, ovvero un ciuffo di filamenti sottilissimi disposti radialmente a formare un ombrello e che agiscono collettivamente come un paracadute per il seme stesso. La caratteristica più curiosa di questo paracadute naturale è il suo essere principalmente “vuoto”. Infatti, se visto da vicino, il pappo è costituito solo dai filamenti che, essendo in un numero dell’ordine di 100 ed essendo sottilissimi e disposti radialmente, lasciano uno spazio vuoto considerevole tra loro.

simone camarri«Il meccanismo di volo del pappo è stato descritto in un articolo recentemente pubblicato su Nature – spiega il professor Simone Camarri, docente del dipartimento di Ingegneria civile e industriale dell’Università di Pisa, tra gli autori del presente studio (nella foto a destra) – Nella nostra ricerca abbiamo proposto un modello matematico che consente di descrivere il comportamento aerodinamico del pappo e, cosa più importante, di studiare la stabilità del suo volo. Il risultato più importante è aver dimostrato che per il diametro e le condizioni di volo tipiche di un pappo, il limite per avere una traiettoria stabile si raggiunge impiegando circa 100 filamenti, e il numero previsto è molto vicino a quanto osservato in natura. Tutto ciò sembra dunque suggerire che, nel suo percorso evolutivo, il pappo abbia raggiunto una condizione ottimale tale da fornire la maggiore resistenza aerodinamica mantenendo contemporaneamente un volo stabile».

Tali principi, spesso cercati in natura, oltre ad avere un interesse fondamentale, costituiscono esempi di come poter realizzare dispositivi artificiali di interesse ingegneristico che siano già vicini a una condizione di ottimo. In questo senso lo studio effettuato sul pappo può dare indicazioni su come poter realizzare dispositivi che generino forze aerodinamiche stabili realizzati tramite strutture per larga parte “vuote”, e dunque con pesi molto ridotti, ovviamente il tutto per dimensioni caratteristiche simili a quelle del seme studiato.

Gli autori dello studio, oltre al professor Simone Camarri, sono il professor François Gallaire (EPFL) e i dottori Francesco Viola, Pier Giuseppe Ledda e Lorenzo Siconolfi, questi ultimi tre laureati a Pisa e oggi afferenti alle università di Losanna e Twente.

Negli ultimi 40 anni l’inverno sulla costa toscana è diventato meno freddo: la temperatura media a gennaio e a febbraio è infatti aumentata di quasi 2 gradi, da circa 8°C a 9.9°C, e se si considera tutta la stagione, da novembre a marzo, l’incremento è stato di 1,6 gradi, da 9.9°C a 11.5°C. Il dato emerge da una ricerca pubblicata sulla rivista “Scientia Horticulture” e condotta dal gruppo di lavoro del professore Rolando Guerriero, oggi in pensione, composto da Raffaella Viti, Rossano Massai e Calogero Iacona del dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-Ambientali dell’Università di Pisa e da Susanna Bartolini dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna.

I ricercatori hanno analizzato i dati sulla fioritura di 40 diverse varietà di albicocco coltivate nell’Azienda Sperimentale dell’Ateneo pisano a Venturina (Livorno) per oltre quaranta anni, dal 1973 al 2016. Il periodo di fioritura degli alberi da frutto è infatti strettamente legato alle temperature dei mesi invernali e proprio per questo è uno degli indicatori più utilizzati per gli studi sui cambiamenti climatici. Da questo punto di vista la ricerca pisana è poi un caso unico: a Venturina si trova una delle più importanti collezioni di germoplasma di albicocco di tutto il bacino del Mediterraneo e così è stato possibile osservare la fioritura di più varietà nelle stesse condizioni sperimentali e per un periodo molto lungo.


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Fioritura dell'albicocco


I risultati dello studio hanno mostrato un aumento significativo delle temperature medie mensili del periodo autunno-invernale con incremento più marcato a partire dagli anni '90. In particolare, l'escursione termica media giornaliera, cioè la differenza fra la temperatura massima diurna e la minima notturna, è diminuita di quasi 1 grado e mezzo passando da 10.1°C degli anni '70-'80 a 8.8°C del 2013-2016. Un calo drammaticamente significativo c’è stato poi anche per le Unità di Freddo, cioè le ore con una temperatura inferiore ai 7 °C che servono alle piante per il superamento della dormienza delle gemme a fiore, che sono passate da circa 1.300 negli anni '70-'80 a 800 nel 2012-2016.


“Dal punto di vista delle coltivazioni, si tratta di cambiamenti climatici che incidono negativamente sui principali processi biologici stagionali causando spesso produzioni irregolari e, di conseguenza, significative riduzioni della produttività dei frutteti – spiega Rossano Massai - La maggior parte delle varietà esaminate, appartenenti sia al germoplasma italiano che straniero, opportunamente raggruppate in funzione della diversa epoca di fioritura, ha mostrato negli anni importanti ritardi nell’epoca di fioritura e rilevanti riduzioni dell’intensità della fioritura”.

Un mancato o insufficiente superamento della dormienza influisce infatti negativamente sulla schiusura delle gemme e, di conseguenza, sull’epoca e sulla abbondanza della fioritura. Come risultato negli ultimi 40 anni, l'abbondanza della fioritura (cioè il numero di fiori per cm di ramo ed espressa con un indice da 1, scarsa, a 5, molto abbondante) si è quasi dimezzata rispetto al passato soprattutto per le varietà a fioritura precoce, passando da un valore medio di 3.7 negli anni '70 a poco più di 2 nel periodo 2010-16.

“Il quadro complessivo che emerge dalla ricerca lascia ipotizzare un cambiamento di scenario con uno spostamento più a nord della coltura – conclude Susanna Bartolini – se in passato nell’area della Maremma Toscana si potevano ottenere produzioni interessanti e economicamente sostenibili anche con varietà a fioritura più tardiva ora appare più opportuno orientarsi verso varietà a basso fabbisogno in freddo e adatte a climi caldi o semiaridi; inoltre il calo complessivo della produttività potrebbe portare ad una forte limitazione all’approvvigionamento locale di frutta e alla necessità di importazione dall’esterno del fabbisogno”. Questa ricerca diviene quindi importante proprio nell’ottica del contenimento delle conseguenze negative dovute all’impatto del cambiamento climatico, garantendo il mantenimento della produttività del frutteto.

È chiamata “editing genomico” la tecnica del “taglia e cuci” del DNA che promette di cancellare mutazioni dannose alla base di malattie genetiche ed, eventualmente, riscrivere quelle benefiche. Questa tecnica è al centro di un progetto di ricerca coordinato dall’Università di Pisa che ha appena ricevuto dall’Europa un finanziamento complessivo di 3 milioni di euro, di cui oltre 1 milione destinato all’Ateneo pisano.

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Il team della Prof. Raffa, Dipartimento di Biologia. Da destra: Dott.ssa Patrizia Colucci, Dott.ssa Martina Giannaccini, Dott.ssa Chiara Gabellini, Dott.ssa Alice Usai, Francesca Ragazzo, Ida Montesanti, Prof. Luciana Dente, Gabriele Picchi, Dott.ssa Sara De Vincentiis, Dott. Alessandro Falconieri, Dott.ssa Elena Landi, Vincenzo Scribano. Al centro Prof. Vittoria Raffa.

“L’obiettivo del progetto I-GENE è quello di sviluppare una tecnologia che consenta il riconoscimento di un unico bersaglio genomico nei 3 miliardi di coppie di basi del genoma umano – spiega la professoressa Vittoria Raffa del dipartimento di Biologia, coordinatrice del progetto – infatti, nonostante le enormi potenzialità, l’attuale utilizzo degli enzimi per l’editing genomico solleva problemi legati alla sicurezza e al concreto rischio di tagli al DNA non desiderati e quindi potenzialmente nocivi. Le recenti scoperte nel campo della nanomedicina e della biologia sintetica potrebbero rendere sicure le applicazioni in precedenza impraticabili di editing genomico”.

La tecnologia proposta vorrebbe implementare un concetto di porta logica AND multi-input, in cui l'output (l’editing del gene target) avviene se e solo se più input sono simultaneamente veri, consentendo il raggiungimento del livello di sicurezza necessario per applicazioni biotecnologiche e terapeutiche dell’editing del genoma.

“Come caso studio applicheremo questo concetto nell’eliminazione selettiva di cellule di melanoma in vitro e in vivo” spiega il Prof Mauro Pistello, alla guida del team di Medicina Traslazionale e Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana (AOUP) che agirà come Partner di progetto. Il progetto vedrà anche il contributo dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT, Genova), guidato dal dottor Francesco Tantussi.

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Il team del Prof Mauro Pistello, Medicina Traslazionale e Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana (AOUP). Da sinistra: Prof Mauro Pistello, Dott.ssa Paola Quaranta, Prof Giulia Freer, Dott. Michele Lai.

Insieme ai partner accademici, nell’impresa sono coinvolte le tre industrie Prochimia Surfaces (Polonia), Lionix (Olanda) e Msquared (Regno Unito) che supporteranno lo sviluppo tecnologico e lo sfruttamento industriale dei risultati. Il progetto, la cui stesura è stata supportata dalle competenze dell’Ufficio Ricerca del nostro Ateneo, si inserisce nel prestigioso schema di finanziamento “Horizon 2020, Excellent Science, Future and Emerging Technologies (FET)” il cui obiettivo specifico è promuovere tecnologie radicalmente nuove per mezzo dell'esplorazione di idee innovative e ad alto rischio fondate su basi scientifiche.

 

 

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