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Comunicati stampa

bonaccorsi copertina"The Evaluation of Research in Social Sciences and Humanities. Lessons from the Italian Experience" (Springer, 2018) è l'ultimo libro curato da Andrea Bonaccorsi, ordinario di Ingegneria Economico-gestionale al Dipartimento di Ingegneria dell'Energia, dei Sistemi, del Territorio e delle Costruzioni dell'Università di Pisa.

Accanto all'ampia produzione scientifica, il professore Bonaccorsi ha ricoperto molti incarichi nell'ambito delle agenzie di valutazione delle università e della ricerca sia a livello nazionale che europeo ed internazionale - fra le principali ad esempio la nomina all'Anvur o nel RISE, un ristretto gruppo di esperti chiamato a sostenere le politiche europee per la ricerca.

Pubblichamo di seguito una breve presentazione del volume a sua firma.

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La valutazione della ricerca ha generato un dibattito acceso nelle disciplina umanistiche e nelle scienze sociali, circa la legittimità, i principi e i metodi. Il volume presenta alla comunità internazionale l'esperienza italiana a partire dal lancio della VQR, della Abilitazione scientifica nazionale, della valutazione della terza missione.

A partire da una riflessione sugli aspetti epistemici della ricerca nelle SSH (Social Sciences and Humanities) il volume presenta approfondimenti sui metodi di valutazione attualmente usati (in particolare la peer review, la peer review informata, la classificazione delle riviste) e su metodi oggetto di discussione a livello internazionale (la classificazione degli editori, la "pesatura" dei prodotti della ricerca, l'uso dei cataloghi digitali delle biblioteche, l'uso di Google Scholar).

Completa il testo la presentazione dei risultati di una ampia indagine sulle discipline giuridiche in Italia. Il libro dà ampio conto dei dibattiti e delle controversie che hanno accompagnato il lancio della valutazione e delle iniziative con cui si è cercato il coinvolgimento delle comunità scientifiche.


Andrea Bonaccorsi

Il dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Pisa ha implementato il proprio Sistema di Gestione per la Qualità (SGQ) con il passaggio alla nuova edizione della norma UNI EN ISO 9001:2015. I laboratori che attuano il SGQ conforme alla norma sono quelli di Biologia Applicata ed Ecotossicologia, Biotecnologie Genetiche, Diagnostica Istopatologica, Farmacologia e Tossicologia Veterinaria, Micologia e Sierologia delle Malattie Parassitarie e Patologia Clinica Veterinaria.
Il passaggio alla nuova edizione della norma ha visto impegnati tecnici e docenti del dipartimento e segue la certificazione UNI EN ISO 9001:2008 ottenuta nel 2014 da Certiquality Srl per le analisi di laboratorio conto terzi.
La Certificazione di Qualità rappresenta per il dipartimento uno strumento per garantire standard qualitativi sempre più elevati e perseguire come obiettivi la soddisfazione dei clienti, il miglioramento continuo dei servizi offerti, referti precisi e accurati consegnati nel rispetto dei tempi, il coinvolgimento del personale interno e il miglioramento gestionale.
Ulteriori informazioni sul SGQ e sui laboratori che offrono servizi conto terzi all’interno del SGQ sono disponibili alla pagina Dipartimento di Scienze Veterinarie/Certificazione ISO 9001 (http://www.vet.unipi.it/certificazione-iso-9001.html)

Dida foto
Foto 1: Personale dei laboratori della sede di San Piero a Grado, da sinistra a destra, dr.ssa Gianfranca Monni (Responsabile Qualità, Divisione di Biologia Applicata ed Ecotossicologia), dr.ssa Valentina Meucci (Responsabile Qualità, Divisione di Farmacologia e Tossicologia Veterinaria), dr.ssa Anna Pasquini (Responsabile Qualità, Divisione di Patologia Clinica Veterinaria), sig.ra Simona Rela (addetta alle analisi, Divisione di Patologia Clinica Veterinaria).

Foto 2: Personale dei laboratori della sede di Pisa, da sinistra a destra, dr.ssa Simona Nardoni (Responsabile Qualità, Divisione di Micologia e Sierologia delle Malattie Parassitarie), prof.ssa Roberta Ciampolini (Responsabile Qualità, Divisione di Biotecnologie Genetiche), sig. Davide Lorenzi (addetto alle analisi, Divisione di Diagnostica Istopatologica), dr.ssa Francesca Millanta (Responsabile Qualità, Divisione di Diagnostica Istopatologica)

 

Il dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Pisa ha implementato il proprio Sistema di Gestione per la Qualità (SGQ) con il passaggio alla nuova edizione della norma UNI EN ISO 9001:2015. I laboratori che attuano il SGQ conforme alla norma sono quelli di Biologia Applicata ed Ecotossicologia, Biotecnologie Genetiche, Diagnostica Istopatologica, Farmacologia e Tossicologia Veterinaria, Micologia e Sierologia delle Malattie Parassitarie e Patologia Clinica Veterinaria.

 

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Personale dei laboratori della sede di San Piero a Grado, da sinistra a destra, dr.ssa Gianfranca Monni (Responsabile Qualità, Divisione di Biologia Applicata ed Ecotossicologia), dr.ssa Valentina Meucci (Responsabile Qualità, Divisione di Farmacologia e Tossicologia Veterinaria), dr.ssa Anna Pasquini (Responsabile Qualità, Divisione di Patologia Clinica Veterinaria), sig.ra Simona Rela (addetta alle analisi, Divisione di Patologia Clinica Veterinaria).


Il passaggio alla nuova edizione della norma ha visto impegnati tecnici e docenti del dipartimento e segue la certificazione UNI EN ISO 9001:2008 ottenuta nel 2014 da Certiquality Srl per le analisi di laboratorio conto terzi.
La Certificazione di Qualità rappresenta per il dipartimento uno strumento per garantire standard qualitativi sempre più elevati e perseguire come obiettivi la soddisfazione dei clienti, il miglioramento continuo dei servizi offerti, referti precisi e accurati consegnati nel rispetto dei tempi, il coinvolgimento del personale interno e il miglioramento gestionale.

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Personale dei laboratori della sede di Pisa, da sinistra a destra, dr.ssa Simona Nardoni (Responsabile Qualità, Divisione di Micologia e Sierologia delle Malattie Parassitarie), prof.ssa Roberta Ciampolini (Responsabile Qualità, Divisione di Biotecnologie Genetiche), sig. Davide Lorenzi (addetto alle analisi, Divisione di Diagnostica Istopatologica), dr.ssa Francesca Millanta (Responsabile Qualità, Divisione di Diagnostica Istopatologica)

 

Ulteriori informazioni sul SGQ e sui laboratori che offrono servizi conto terzi all’interno del SGQ sono disponibili alla pagina Dipartimento di Scienze Veterinarie/Certificazione ISO 9001.

 

 

Crescita economica e nuovi casi di tumori crescono di pari passo, a mostrarlo è una ricerca condotta all’Università di Pisa su 122 Paesi nel mondo, Italia compresa. Lo studio firmato da Tommaso Luzzati, Angela Parenti e Tommaso Rughi del dipartimento di Economia e Management è stato pubblicato sulla rivista “Ecological Economics” e, oltre a rilevare il fenomeno, cerca anche di analizzare le cause della cosiddetta “epidemia di cancro” che colpisce moltissimi paesi, soprattutto sviluppati. Per farlo i tre economisti sono partiti dai dati provenienti dal database Globocan, un progetto dell'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità. L’analisi ha quindi riguardato 122 paesi, ovvero circa il 90% della popolazione mondiale, e le otto tipologie di tumori più diffuse (polmone, seno, colon-retto, prostata, stomaco, fegato, cervice uterina, esofago).
“Secondo un’idea abbastanza diffusa – spiega Tommaso Luzzati - l’aumento dei casi di tumore nei paesi più ricchi sarebbe una “buona notizia” perché si legherebbe sia ad una migliore capacità di diagnosi e, quindi efficienza dei sistemi sanitari, sia all’allungamento della vita che “consentirebbe” alle persone di ammalarsi di cancro anziché morire prima per altre cause”.
Lo scopo principale della ricerca è stato quindi quello di valutare fino a che punto questa idea sia fondata.
“Gli esiti – afferma Luzzati - mostrano che l’incremento dei nuovi casi di cancro non può essere spiegato solo dalla maggiore aspettativa di vita, da statistiche migliori e da peculiarità regionali: piuttosto, un ruolo significativo deve essere attribuito al degrado ambientale e agli stili di vita, anche se purtroppo la nostra analisi empirica non è in grado di distinguere fra i due”.
Dunque stili di vita e qualità ambientale associati alla crescita economica hanno un ruolo fondamentale che si manifesta anche a livello molto aggregato, cioè, quando si va a studiare la relazione tra incidenza tumorale e Prodotto Interno Lordo pro capite, anche se non è facile stabilire il peso relativo di ciascuno dei due fattori. Ma che l’inquinamento ambientale giochi un ruolo non secondario secondo i ricercatori è visibile ad esempio nel caso dei tumori al polmone, in crescita anche se nei paesi più ricchi il numero dei fumatori è in diminuzione.
“Il messaggio politico che possiamo trarre dal nostro lavoro – conclude Luzzati - è che solo prendendo coscienza degli effetti negativi dello sviluppo economico saremo anche in grado di attuare politiche per affrontarli”.
La ricerca, per la sua originalità e per le sue implicazioni, ha suscitato interesse nella comunità scientifica, tra cui anche quello della rivista “Nature – Sustainability” che la riassume nel numero del 9 febbraio 2018.

Crescita economica e nuovi casi di tumori crescono di pari passo, a mostrarlo è una ricerca condotta all’Università di Pisa su 122 Paesi nel mondo, Italia compresa. Lo studio firmato da Tommaso Luzzati, Angela Parenti e Tommaso Rughi del dipartimento di Economia e Management è stato pubblicato sulla rivista “Ecological Economics” e, oltre a rilevare il fenomeno, cerca anche di analizzare le cause della cosiddetta “epidemia di cancro” che colpisce moltissimi paesi, soprattutto sviluppati. Per farlo i tre economisti sono partiti dai dati provenienti dal database Globocan, un progetto dell'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità. L’analisi ha quindi riguardato 122 paesi, ovvero circa il 90% della popolazione mondiale, e le otto tipologie di tumori più diffuse (polmone, seno, colon-retto, prostata, stomaco, fegato, cervice uterina, esofago).

 

sviluppo economico e ambiente

 

“Secondo un’idea abbastanza diffusa – spiega Tommaso Luzzati - l’aumento dei casi di tumore nei paesi più ricchi sarebbe una “buona notizia” perché si legherebbe sia ad una migliore capacità di diagnosi e, quindi efficienza dei sistemi sanitari, sia all’allungamento della vita che “consentirebbe” alle persone di ammalarsi di cancro anziché morire prima per altre cause”.

Lo scopo principale della ricerca è stato quindi quello di valutare fino a che punto questa idea sia fondata.

“Gli esiti – afferma Luzzati - mostrano che l’incremento dei nuovi casi di cancro non può essere spiegato solo dalla maggiore aspettativa di vita, da statistiche migliori e da peculiarità regionali: piuttosto, un ruolo significativo deve essere attribuito al degrado ambientale e agli stili di vita, anche se purtroppo la nostra analisi empirica non è in grado di distinguere fra i due”.

Dunque stili di vita e qualità ambientale associati alla crescita economica hanno un ruolo fondamentale che si manifesta anche a livello molto aggregato, cioè, quando si va a studiare la relazione tra incidenza tumorale e Prodotto Interno Lordo pro capite, anche se non è facile stabilire il peso relativo di ciascuno dei due fattori. Ma che l’inquinamento ambientale giochi un ruolo non secondario secondo i ricercatori è visibile ad esempio nel caso dei tumori al polmone, in crescita anche se nei paesi più ricchi il numero dei fumatori è in diminuzione.

“Il messaggio politico che possiamo trarre dal nostro lavoro – conclude Luzzati - è che solo prendendo coscienza degli effetti negativi dello sviluppo economico saremo anche in grado di attuare politiche per affrontarli”.
La ricerca, per la sua originalità e per le sue implicazioni, ha suscitato interesse nella comunità scientifica, tra cui anche quello della rivista “Nature – Sustainability” che la riassume nel numero del 9 febbraio 2018.

Il corso di laurea in Ingegneria Nucleare, grazie al percorso di internazionalizzazione iniziato da un decennio con la partecipazione alla European Nuclear Education Network (ENEN) e, più recentemente, con l’affiliazione alla European Fusion Education Network (FuseNet), ha conseguito importanti vantaggi a beneficio dei suoi studenti.
Oltre alle certificazioni di European Master of Science in Nuclear Engineering (EMSNE), conseguite dai suoi laureati con un minimo di crediti fruiti all’estero, il corso offre attualmente possibilità di supporto finanziario per tesi nei settori della fissione e della fusione nucleari. Sono infatti in atto a livello Europeo azioni per favorire il mantenimento delle competenze nei settori tecnologici che mirano ad attrarre e trattenere in Europa i migliori talenti da identificarsi tra gli studenti cosiddetti “STEM” (Science Technology Engineering and Mathematics). Nel settore nucleare le due reti per gli studi universitari relativi alla fissione e alla fusione, ENEN e FuseNet, legate da accordi di collaborazione, hanno intrapreso il percorso virtuoso del finanziamento di stage per studi nei due settori, tramite il progetto ENEN+ e i contributi messi a disposizione da Fusenet.
E’ importante sottolineare che queste azioni di attrazione di studenti di buon livello rappresentano una precisa strategia della Comunità Europea. Dal lato della fissione, in particolare, il 27% di energia elettrica prodotta in Europa dai 134 impianti esistenti deve essere mantenuto negli anni futuri per evitare di ritardare la necessaria decarbonizzazione del settore energetico. Uno degli scenari energetici previsti coinvolge il rinnovo del parco delle centrali nucleari Europee per mantenere circa il 20% di energia elettronucleare nel 2050; ciò comporta lo smantellamento di circa 100 centrali a fissione e la costruzione di altrettante centrali di nuovo tipo. Dal lato della fusione, invece, è ormai da qualche anno in atto il processo denominato di “nuclearizzazione”, ovvero la trasformazione del settore da un ambito di studio e ricerca ad una realtà industriale, che richiede di affrontare ingegneristicamente le sfide tecnologiche poste da questa nuova forma di energia.
Il fermento presente in entrambi settori è un chiaro segno dell’interesse che l’energia nucleare riscuote a livello europeo e mondiale. La sostituzione dei combustibili fossili con fonti di energia a basse emissioni di CO2 e di altri gas nocivi o clima-alteranti richiede infatti uno sviluppo mano nella mano delle energie rinnovabili e dell’energia nucleare.


Per informazioni su queste opportunità di stage, si consiglia di contattare il Prof. Walter Ambrosini (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. ), già presidente dell’European Nuclear Education Network e attuale presidente del Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Nucleare, e il Prof. Nicola Forgione (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. ), responsabile per il Dipartimento di Ingegneria Civile ed Industriale delle relazioni con Fusenet.

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